Capitolo 10

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Non m'importa ora di fingere

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Non m'importa ora di fingere

Il mio sguardo lo sai leggere

Ci sono cose che non sai nascondere

Ci sono cose tue che non so piangere

Magari io sapessi perdere

Senza mai dovermi arrendere

- Tiziano Ferro


Trascorse due giorni nel silenzio e nel buio assoluto della propria camera, a riflettere. Irina gli aveva portato cibo e acqua, che se ne stavano sul comodino come una minaccia. Sembravano voler testimoniare che ciò che aveva osservato Adam era vero, eppure lui si rifiutava ancora di crederci.

Non aveva mai conosciuto bene persone che soffrivano di anoressia, ma ricordava che una delle ragazze con cui era stato si obbligava a vomitare per non ingrassare. Ai tempi l'aveva trovato disgustoso e infinitamente stupido, una stranezza da cui stare lontano, da guardare dall'alto verso il basso. Adesso vedeva la cosa in maniera diversa.

Il timore di ingrassare era la causa più diffusa dell'anoressia, ma di certo non era il suo caso, dal momento che lui desiderava l'opposto. Com'era diventato così, quindi? Era un effetto della depressione – o, come l'aveva chiamata Adam, principio di depressione – oppure era il contrario?

Accidenti. Ne sapeva meno di niente. E Adam sapeva troppo. Ma non poteva chiedergli delucidazioni o avrebbe incoraggiato ciò che stava facendo. E non era ciò che voleva.

Si era sentito esposto, come fosse stato immobilizzato ed esaminato in ogni centimetro del proprio corpo, senza più segreti. Ne era la prova il fatto che quel ragazzo aveva scoperto cose di cui nemmeno lui era a conoscenza.

Contemplò il vassoio che aveva portato Irina, da cui aveva già preso dell'acqua un paio di volte. Non aveva idea di quanto fosse passato, non riusciva a scandire le fasi del giorno perché le persiane erano chiuse, e la fame e il sonno che non funzionavano a dovere non lo aiutavano a stabilire il trascorrere delle ore.

Le pesanti definizioni che aveva letto tornarono ancora una volta a pesare sul suo animo tormentato, perciò cercò di mandare giù qualcosa per dimostrare a sé stesso che non aveva alcun problema. Inutile: fu costretto a strisciare fino al bagno.

Nel water fu rigettato tutto il suo dolore fisico e mentale, impreziosito di qualche lacrima salata. Per un lasso di tempo indefinito rimase lì, rannicchiato con la testa tra le ginocchia e il pavimento freddo che gli mordeva la pelle nuda, finché gli occhi non gli si chiusero e nuovi incubi fecero la loro apparizione nel suo tremulo riposo.

*

Era tornato a scuola la mattina del terzo giorno, dopo essersi reso conto che non avrebbe potuto continuare così. Doveva fare qualcosa, altrimenti sarebbe finito davvero a esplorare i disagi di cui quei maledetti libri parlavano.

Alba nell'AbissoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora