Capitolo 5

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Scesi dal treno e il freddo pungente di Milano, come al solito, mi investì. Queste vacanze le avrei passate dai miei, nella mia cara vecchia casa, a Milano. Mi strinsi la sciarpa blu di lana al collo e attraversai il controllo biglietti.
Finalmente a casa, pensai tra me e me.

Ero stata via un bel po' di tempo, ma i quartieri, le persone, i negozi, tutto era rimasto immutato.

Niente era cambiato, nemmeno di una virgola.

Chiamai un taxi e mi feci portare davanti al mio bar preferito, dove facevano la cioccolata con panna migliore del mondo.

Il barista George, mi accolse con un caloroso abbraccio.

"George! Così mi schiacci!"

Lui mollò la presa e mi sorrise. "Come mi sei mancata! Sei piccina come sempre" disse scompigliandomi i capelli mori.

Feci una smorfia. "Grazie beh, lo prendo come un complimento".

Rise e mi portò la mia solita cioccolata ricoperta di panna montata. Nel tavolo più vicino alla vetrina si era ormai accomodata la mia coinquilina del college, nonchè mia migliore amica, Jennifer Black. Abitava anche lei in questo quartiere infatti, e come me avrebbe passato qui le vacanze natalizie. Siamo praticamente cresciute insieme, e già all'età di 6 anni ci recavamo in questo caldo posto, dove George ci preparava cioccolata calda e biscotti. E ormai ci siamo affezionate, dentro queste mura è racchiusa parte fondamentale della nostra esistenza.

Mi sedetti di fianco a Jenny e, dopo averla abbracciata, cominciammo a parlare, del più e del meno, come facevamo ogni sera al college prima di addormentarci.

***

"E poi, che cosa è successo?"

Jennifer Blake, era china su una tazza di caffè e parlava con voce roca. Aveva come me 21 anni, alta e snella dalla chioma bionda.

"Non è successo niente. Sono salita in macchina e me ne sono andata".

Arrotolandosi la prima delle numerose sigarette che avrebbe fumato nel corso della giornata, Jennifer mi fissò. Per anni il dottore le aveva detto che il fumo l'avrebbe uccisa, ma a lei, ragazza ostinata, inflessibile e tenace, questo, non importava.

"Un vero peccato eh?"

Rimasi sorpresa da tanta schiettezza. "Ma no, è stata una serata piacevole, con lui si chiacchera bene, e la sua compagnia mi è piaciuta".

"Ma non lo rivedrai"

Bevvi un sorso di caffè e scossi la testa. "Ne dubito. Come ho detta, lui è Mika".

"Dimmi un po', lui com'è?" Riflettei per qualche secondo. Mio malgrado, avevo continuato a pensare a lui per un pezzo, prima di addormentarmi. "Micheal? Beh, sfido chiunque a non sorridere guardandolo semplicemente negli occhi".

Jenny studiò con attenzione la mia espressione, quindi si chinò nuovamente sul tavolo. "Ehi ma... ti piace?" mi chiese in modo quasi premuroso. Non risposi, mi limitai a uno sbuffo e un sorrisino falso. Abbassai poi lo sguardo, sapevo che Jenny voleva una risposta, lei era così. Con un dito mi alzò il mento, fino a quando non incontrai i suoi occhi neri.

"Ok si. Mi piace. Punto. Il problema è che vorrei ci fosse una virgola. Ma come ti ho detto, probabilmente non lo rivedrò più".

Continuai a sorseggiare la mia calda bevanda guardando fuori dalla finestra, immersa nei miei pensieri. Ad un tratto una figura, qualcosa di meraviglioso videro i miei occhi.

Appoggiato ad una vetrina, poco più avanti, c'era un ragazzo sulla trentina, alto e magro, con i capelli ricci che andavano in tutti le direzioni. Il ragazzo aveva una faccia così familiare che mi sporsi un po' di più per guardarlo in viso. Aveva lineamenti spigolosi, labbra carnose ed enormi, splendidi occhi verdi.

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