«Grazie»

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Il mercoledì mia mamma mi chiese di aiutarla a risistemare tutta la cucina: persi quasi tutta la giornata a pulire mobili, bicchieri e a buttare via utensili rimasti a prendere polvere per anni ed ebbi ben poco spazio e tempo per i miei pensieri. 

Poco prima di cena, mentre ero sdraiata a letto intenta a leggere, fui distratta dal telefono appoggiato poco distante, che si illuminò all'improvviso. Tonno. Il mio cuore perse un battito e una strana ansia si impossessò di me: perché mi stava chiamando? Era successo qualcosa? Infilai il segnalibro tra le pagine e risposi alla chiamata, portandomi il cellulare all'orecchio, e mi misi seduta a gambe incrociate.

«Pronto?» chiesi con un filo di incertezza nella voce.

«Pronto! Ciao Alessia» mi rispose candidamente lui, nessuna traccia di fretta o preoccupazione nella voce. «Come stai?».

«Bene» risposi sull'attenti. «Come mai mi hai chiamato?»

«Così, volevo sentire come stavi, sentire la tua voce» mi ripose quasi imbarazzato e io feci un sospiro di sollievo, capendo che non era successo nulla di grave. Pensavo sempre male per nulla. Gli dissi che non ero abituata a parlare al telefono, la gente aveva perso quell'abitudine ma mi faceva piacere che mi avesse chiamato. Parlammo un po' di quello che avevamo fatto durante quei pochi giorni che erano passati dal nostro appuntamento; mi raccontò della sua giornata e accennò anche ad una strana situazione che si era venuta a creare in studio ma non volle approfondire e io non indagai oltre.

«Sabato sei libera?» mi domandò ad un tratto.

«Per ora non ho nessun impegno».

«Il sushi ti piace?» mi domandò speranzoso e io dissi subito di sì; c'erano davvero poche cose che non mangiavo – portare me fuori a mangiare era sempre un piacere. «Allora ti porto in un posto buonissimo» mi disse. 

«Non vedo l'ora» riposi e sperai che il largo sorriso che mi si era dipinto sul volto si percepisse anche attraverso la cornetta.

Ci salutammo e buttai giù la chiamata, contenta e con un sorriso a trentadue denti che mi morì addosso appena la voce di mia sorella mi arrivò alle orecchie.

«Con chi stavi parlando?» mi chiese Ilaria casualmente. Aveva una spalla appoggiata allo stipite della mia porta e mi guardava con un sorrisetto: chissà da quanto tempo era lì. Maledetta me che non chiudo mai la porta di camera mia.

«Con Gaia» risposi subito, scendendo dal letto, e lei mi fulminò con lo sguardo.

«Mi stai dicendo che hai quel sorriso lì solo per aver parlato con Gaia?» mi chiese asciutta.

«Può essere; mi ha dato una bella notizia» mentii e lei se ne accorse. Nonostante non parlassimo molto eravamo pur sempre sorelle, eravamo cresciute spalla a spalla, nessuno conosceva la mia mimica facciale meglio di lei.

«E che notizia?» chiese sarcastica, sapendo di mettermi in difficoltà; in quel momento nostra madre ci chiamò per cena, salvandomi dal trovare una scusa improvvisata, e io la superai sulla soglia della porta.

«Fatti gli affari tuoi» le risposi ridendo leggermente e lei scosse la testa divertita per poi seguirmi in cucina. 


*

Fino a sabato io e Tonno ci scambiammo qualche messaggio ma evidentemente nessuno dei due era molto amante delle conversazioni via messaggio, che sembravano un po' spoglie e artificiose; ci trovavamo molto meglio quando chiacchieravamo faccia a faccia. Quando arrivò sabato, perciò, era contentissima di poterlo rivedere.

Nel pomeriggio andai in cucina ad avvisare mia mamma che non avrei cenato a casa: la trovai intenta a preparare una torta assieme a mia sorella.

«Ma', va che oggi non ci sono a cena» le dissi mentre le guardavo intente a setacciare la farina.

Bravery [Francesco Toneatti]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora