Se qualcuno gli avesse preannunciato che il Juìss, quel sabato sera, sarebbe stato così affollato, probabilmente avrebbe dato forfait e cambiato i suoi piani, magari optando di andare all'izakaya vicino casa per farsi di nascosto una pinta o due assieme ad Hanji. Lui e la ragazza, nonostante i tre anni di differenza, erano cresciuti praticamente insieme, complici la vicinanza delle loro abitazioni e le manie di persecuzione di lei. Letteralmente: una palla al piede che si era trasformata, con lo scorrere del tempo, in una figura indispensabile per Levi, nonché anima della loro comitiva.
Quello che era il locale di fiducia del suo gruppo, in inverno non aveva mai vantato di essere così frequentato, in parte per le dimensioni modeste dell'ambiente interno, in parte per l'assenza di serate e musica dal vivo, attrattiva principale per la maggior parte dei suoi coetanei. In quel momento, invece, l'aria tra quelle quattro mura, ricoperte da assi in legno verticali e abbellite da poster dei gruppi che andavano di moda negli anni ottanta, era letteralmente irrespirabile. Mettere piede lì dentro, quasi faceva dimenticare di essere in pieno inverno.
«Levi, brutte notizie. – Hanji sgomitò tra la gente accalcata fra l'ingresso e il bancone per avvicinarglisi e le ciocche ribelli che sfuggivano dall'elastico, ricadendole davanti alla montatura degli occhiali, rendevano goffi i suoi movimenti. – Farlan e Isabel non sono ancora arrivati e il nostro tavolo è occupato.» annunciò con leggerezza, dandosi un'allegra spazzolata ai jeans a zampa di elefante che la facevano sembrare uscita direttamente una vecchia serie tv.
«Scherzi? – sollevò entrambe le sopracciglia per lo stupore, guadagnandosi una scrollata di spalle in risposta. – Mike ha veramente fatto sedere altre persone al nostro tavolo? Ha dimenticato chi è la clientela di fiducia?» fece scoccare la lingua contro il palato per puntualizzare quanto si sentisse irritato per quell'inconveniente. Ad incrementare il disagio di essersi ritrovato in quella calca, vi fu la consapevolezza di non poter toccare nemmeno un goccio di alcol: Hanji a parte, nessuno di loro era maggiorenne e, con così tanti testimoni, il barista non avrebbe rischiato di vendere loro una qualunque cosa che avrebbe poi innalzato il loro tasso alcolemico.
«Levi, questa gente è in attesa dalle sette! Mike non poteva lasciare uno dei pochi tavoli presenti libero fino al nostro arrivo. – la ragazza ammiccò accondiscendente, gli occhiali poggiati sul ponte del naso ora completamente appannati per via dello sbalzo di temperatura e le gote leggermente arrossate per il caldo. – Cerca di capire.»
«In attesa di cosa? Mike ha deciso di fare la lap-dance sul bancone?» Hanji non ebbe il tempo di rispondergli, le sue labbra si aprirono in un sorriso radioso e immediatamente dopo il collo di Levi fu circondato da un braccio, mentre un paio di labbra gli si posavano sulla tempia in un bacio giocoso che non riuscì ad evitare. Si voltò, per ritrovarsi davanti il ghigno smaliziato di Farlan e la radiosa espressione di Isabel, dolcemente ancorata al braccio del suo ragazzo. E Levi lo sapeva che il suo migliore amico gli stesse per dire qualcosa di non troppo piacevole, riconobbe l'eloquenza con cui lo stava guardando.
«Non mi avevi detto che sarebbe venuto anche il tuo ragazzo, Levi!» le labbra di Isabel formarono immediatamente una "o" mentre i suoi occhi verdi persero a passare in rassegna il locale, alla furiosa ricerca della persona in questione, mentre Hanji lo afferrava per la manica della giacca di pelle, scuotendolo e fissandolo come un'indemoniata bisognosa di una spiegazione.
«Che cazzo dici, Lan?» e di tutta risposta, il ragazzo, si spostò per concedergli una migliore visuale, alzando un braccio per indicargli il tavolo dall'altra parte della sala, in prossimità di quello che sembrava una sorta di palco improvvisato. E non riuscì a trattenersi dallo sgranare le palpebre, quando lo vide seduto proprio lì. Il gomito -come al solito- poggiato sulla superficie dinnanzi a lui, proprio di fianco ad una lattina di Coca-Cola con la cannuccia dall'estremità superiore rosicchiata. Era strano, Eren, con le dita circondate da innumerevoli anelli che si muovevano velocemente sul display del cellulare, un cappello bianco a falde strette dal quale sfuggiva qualche ciocca ribelle e una choker di velluto a stringergli perfettamente la gola. Era strano, eppure sorprendentemente piacevole da guardare, con quel cerchietto nero che gli pendeva dal lobo (nemmeno sapeva portasse gli orecchini) e quella felpa scura, di qualche taglia di troppo, ad avvolgergli morbidamente il busto. E, nonostante la lontananza, riuscì comunque ad individuare le sue labbra strette in una linea dura, i muscoli irrigiditi e l'ostinazione nel non voler alzare gli occhi dallo schermo. Proprio quella stonatura lo spronò a scostare lo sguardo dalla sua figura, per posarlo su quella seduta proprio dall'altro capo del tavolo, individuando immediatamente Armin Arlert, altrettanto a disagio.
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Connected [Ereri/Riren]
FanfictionL'omamori che aveva comprato al tempio e che ora pendeva dal suo zaino, avrebbe dovuto avere un singolo scopo: condurlo alla felicità, evitandogli di inciampare nelle sfortune. Tutto ciò in cui era inciampato negli ultimi dieci giorni era stato inve...