10 Febbraio

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Il ticchettio dell'orologio, unico suono udibile in quella camera, assieme al fin troppo frequente graffio della matita che scavava nella carta ruvida, sembrava capace di dettare il ritmo del suo cuore che, ad ogni battito, raccoglieva i muscoli dell'addome, contorcendoglieli dolorosamente. E la grafite appuntita che colpiva il suo lavoro, pareva capace di recidere, con due lunghe diagonali, finanche l'anima. Le mani stavano urlando pietà, le pellicine ai lati delle unghie mangiucchiate dai canini fino alla carne viva, tirate via senza accortezza fino ad arrivare a quel fastidioso punto di non ritorno da cui sarebbe poi partita la sofferenza, stupidamente auto inflitta.

Ma, per quanto si sforzasse ad abbassarle in grembo e a tenerle immobili, con le unghie conficcate nei palmi inumiditi dalla tensione, eccolo che senza nemmeno accorgersene, ricominciava a darsi il tormento in quella masochistica tortura, messa in atto per attenuare l'ansia corrosiva che pareva annodargli l'intestino e ridurgli le gambe alla consistenza del budino che sua madre era solita preparargli la domenica, quando non era di turno in ospedale ad ora di pranzo.

Lui, che era cresciuto allenando il suo orgoglio affinché questo non venisse scalfito dal giudizio altrui, se ne stava riverso su quella maledetta sedia, con le dita in prossimità della bocca, le spalle ricurve in avanti e un ginocchio tremolante che pareva muoversi per propria autonomia.

Tutto perché Levi Ackerman era lì. Tutto perché Levi Ackerman era lì, con il suo nuovo lavoro stampato davanti agli occhi schermati da un paio di lenti sottili e quella dannatissima matita stretta tra le dita che non si risparmiava di tagliare o aggiungere scene e dialoghi dalla bozza che, fino a quella mattina, aveva considerato come il suo lavoro meglio riuscito. Ovviamente aveva dovuto ricredersi quando quel pallone gonfiato, arrivato a casa sua, aveva afferrato le pagine con un sopracciglio inarcato e, senza un cenno di apprezzamento, aveva cominciato ad elencare tutto ciò che a parer suo era da cambiare o da eliminare.

Eren era rimasto in silenzio, permettendogli di lavorare indisturbato, stando ben attento a tutte le critiche che gli rivolgeva e appuntando sul proprio quaderno, le scene extra che lui gli suggeriva di disegnare per introdurle tra una strip e l'altra. Eppure gli bruciava. Tanto. E si premurava di starsene zitto solo perché il corvino l'aveva precedentemente redarguito sull'atteggiamento spietato che avrebbe assunto.

«Sei rumoroso anche quando degni il mondo del tuo silenzio.» gli sussurrò ad un tratto Levi, tenendo gli occhi fissi sulla pagina corrente e le dita intrecciate ai capelli appena sopra la tempia per sorreggersi il capo.

Sono rumoroso solo per te, dovresti sentirti onorato. E quando vide la matita formare un grosso "No!" di fianco ad una vignetta con una gag che lui aveva reputato esilarante e geniale, sentì la testa girargli e, prima che se ne rendesse conto, eccolo di nuovo a rosicarsi le unghie. E comunque non è facile tenere a freno i pensieri quando qualcuno elimina gran parte del tuo lavoro. Levi lo degnò di un'occhiata indecifrabile ed Eren proprio non riuscì a capire se fosse compassione o comprensione quella scintilla nelle sue iridi che ben presto si tramutò in irritazione, accompagnata da uno strattone al suo polso che gli allontanò le mani dalle labbra.

«Giuro che se lo fai di nuovo te le lego.» e di tutta risposta, Eren fece intercorrere lo sguardo dalle sue dita, affondate nella propria carne, ai suoi occhi argentei che lo scrutavano colmi di rimprovero; dunque sorrise appena, un angolo delle labbra sollevato e un sopracciglio arcuato.

«Che pervertito!» lo sbeffeggiò, mantenendo la voce ridotta ad un sussurro e godendosi la vista delle sue labbra che si schiusero come a voler protestare, per serrarsi immediatamente dopo come se non fosse riuscito a formulare una risposta sufficientemente arguta da propinargli nella speranza di zittirlo. E quando distolse lo sguardo, per ricominciare a ricontrollare le pagine, Eren si abbandonò contro lo schienale della sedia, lasciandosi andare ad una risatina vittoriosa.

Connected [Ereri/Riren]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora