Da quattrocentoventicinque minuti Victor Christen fissava il cilindro di cristallo temperato dal quale usciva la luce color indaco.
Ginevra si era autoindotta lo stato vegetativo, e suo marito non aveva mai distolto lo sguardo dai cavi che la avvolgevano in una ragnatela, perseverando nel tormentarsi l'anulare della mano sinistra quasi desiderasse di potersene sbarazzare.
Per un attimo, uno soltanto, se lo era concesso, si era fatto trasportare dall'intensità di quel ricordo che ancora gli provocava la tachicardia. Aveva sentito il cuore scalpitare nel petto, nel rimembrare l'istante in cui i suoi occhi si erano posati per la prima volta su quelli della creatura che amava e che, in quel momento, rispondeva agli stimoli aggrottando le sopracciglia o sbuffando con fatica il riciclo dell'aria.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli, per poi nasconderla nella tasca del camice.
«Dottor Christen, Ginevra sta entrando in sofferenza.»
La voce metallica prodotta dall'altoparlante lo riscosse. Controllò in fretta i parametri vitali sul display, in fine riportò gli occhi su di lei.
Riprese a far girare la fede nuziale attorno al dito. Mancavano pochi minuti, non avrebbe sospeso l'aggiornamento di sistema proprio in quel momento.
"Avanti, tesoro, resisti. Saremo felici, te lo promet-"
«Victor! Che diavolo stai facendo? Ferma immediatamente l'aggiornamento!»
La voce di Lloyd lo fece trasalire, non aveva sentito il ronzio delle porte automatiche all'ingresso al laboratorio, e tantomeno i passi del collega alle sue spalle.
Christen voltò appena il capo, squadrandolo da sopra la spalla. «Non sono affari tuoi.»
«Non ti permetterò di continuare a infliggerle questo strazio! Se non arresti il processo lo farò io» intimò Jason avvicinadosi al pannello di controllo del cilindro sterile.
Victor gli afferrò il polso con forza. «Non lo farai, mancano pochi secondi.»
«Ti ostini a trattarla come una tua proprietà, non è cosi?» lo apostrofò Lloyd strattonando il braccio per liberarsi dalla presa. «Hai perso totalmente la ragione! Sapevi che sarebbe arrivato questo momento, sapevi che non avresti potuto limitare la sua intelligenza! Stai giocando col fuoco, Victor, e io non permetterò che...»
Il suono del timer li interruppe. Si fissarono in cagnesco per qualche istante, prima che Victor si precipitasse a liberare sua moglie dal groviglio di cavi che ancora la imprigionava.
«Come ti senti?» chiese sforzandosi di non farle percepire il tremore nella sua voce.
«Bene... sono solo... sono un po' stanca» mormorò lei afferrando le mani del marito per uscire dal cilindro di vetro.
Victor lanciò un'occhiataccia a Jason, le coprì le spalle con una coperta, e le stampò un bacio sulla fronte. «Credo che la tua temperatura interna sia salita un po' troppo...» borbottò sentendosi vagamente in colpa per averla sottoposta a quell'ulteriore trattamento per nulla necessario.
Lloyd si avvicinò senza badare troppo a lui, cinse Ginevra con un braccio e lanciò un'ultima occhiata di sfida all'amico, prima di portarla con sé per sottoporla a una visita di controllo. E Christen, lui restò a fissarli mentre si allontavano, l'anulare sinistro che iniziava a fargli male.
Sentì crescere la gelosia, tanto profonda quanto straziante, tanto intensa da fargli serrare le palpebre al pensiero che sua moglie l'aveva vista nuda almeno la metà del personale che frequentava i laboratori della sede centrale del CLAIRE.
Avevano assistito alla sua nascita, all'assemblaggio di quello che era un vero e proprio sistema muscolare artificiale, all'applicazione di quel nuovo prototipo di epidermide tanto simile a quella umana, alla prima scarica elettrica, quella che suscitò il primo battito del suo cuore bionico, e poi alla sua crescita neurologica, allo sviluppo delle capacità sensoriali, delle affinità interpersonali, dei suoi gusti, delle passioni, e infine alla nascita delle emozioni, tra cui quel sentimento tanto simile all'amore che provavano gli umani. Ma c'era una cosa, una su tutte, che loro non avevano potuto vedere, che non avevano avuto la fortuna di apprendere, come se Ginevra fosse una cavia da laboratorio.
Uscì dalla stanza fissandosi le punte delle scarpe.
Ginevra era speciale, lo sapeva bene. Era ciò che con fatica avevano ricostruito dopo lo Zero Tecnologico, era la sola opportunità che l'umanità aveva per ricominciare a sperare nel progresso.
Si fermò dinnanzi alla porta a vetri dello studio di Jason, focalizzando la sua attenzione su sua moglie, sulla sua semi-nudità, e sul fatto che Lloyd le stesse accarezzando il volto. E i sensi persero ogni controllo: batté la mano sul lettore d'impronte con tanta forza da crepare il display, la porta automatica si spalancò all'istante, mentre l'allarme di sorveglianza gli assordava i timpani.
Incurante della confusione si avvicinò al lettino sul quale era seduta Ginevra, afferrò il polso destro del collega rendendogli impossibile reagire nell'immediato, quindi lo colpì. Una, due, tre volte, accanendosi su Jason che oramai si era accasciato al pavimento, fino a quando le urla di di sua moglie non arrivarono al suo cuore.
«Victor, smettila!»
Si voltò lentamente.
"Non sono più io" pensò accorgendosi solamente in quel momento che la propria moralità aveva varcato una soglia oltre la quale non vi poteva essere ritorno.
"E tu... tu sei più te stessa di quanto lo sia mai stata" disse tra sé, prima di allontanarsi.
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TRANSCENDENCE
Science Fiction"...tutto, nel corpo umano, è legato a ciò che proviamo nel profondo. È un qualcosa che ti prende dentro, proprio qui, all'altezza dello stomaco. È come un palloncino, che se sei felice allora pensi di poter volare tanto ti senti leggero, ma se qual...