La donna osservò a lungo quella ragazza, quasi ipnotizzata dal suo fascino, dalle movenze, dal colore dei suoi occhi.
Anna, assistente capo di cabina sulla tratta internazionale Genève-Roma, faticava a capacitarsi della presenza di una ginoide non accompagnata a bordo. Per un istante si perse a fissare Joe, lo steward che la affiancava durante quel turno, mentre questo si apprestava a informarsi con tono piatto e distaccato riguardo lo stato in cui vergeva lo stomaco di uno dei passeggeri della prima classe. Si chiese come potesse essere plausibile una tale diversità tra le due macchine, e, ancor peggio, fu vittima di un dubbio: si domandò se magari non avesse mal interpretato il codice di imbarco speciale attribuito a Mrs Christen.
La hostess si avvicinò con passo deciso, rivolgendole un sorriso tanto cauto quanto rassicurante, per poi esordire in perfetto francese: «Il vous faut quelque chose, Madame Christen?»
Ginevra alzò lo sguardo, fino a quel momento rivolto allo schermo installato nella parete della carlinga a sostituire il finestrino e riportante le immagini riprese dalle telecamere esterne del velivolo, per incontrare gli occhi scuri della donna in piedi accanto a sé.
Era molto bella, pensò, fasciata in quella divisa blu notte che ne esaltava le forme femminili, sebbene sul suo volto alegiasse un vago senso di inquietudine.
Lo sapeva a cosa stava pensando, aveva percepito l'incertezza che l'assistente di cabina tentava di celare, e, ne era sicura quanto il fatto di chiamarsi Ginevra, quella povera donna doveva essere confusa quanto le note suonate a caso da un neofita autodidatta del pianoforte.
Una di quelle che Anna immaginò essere le guardie del corpo di Mrs Christen si avvicinò con disinvoltura, per poi esordire dicendo: «La ringrazio, ma credo che la signora sia un po' stanca, potrebbe portare un guanciale, una coperta e maga-»
«Credo di poter parlare da sola» lo apostrofò Ginevra fulminandolo con lo sguardo. Poi, rivolgendo un sorriso sincero ad Anna, mormorò: «La ringrazio, un bicchiere d'acqua andrà benissimo, fredda possibilmente».
Continuava a chiedersi perché Nick avesse inviato quei mastini a prelevarla, perché non fosse andato lui stesso a prenderla, che cosa ne sarebbe stato della sua vita da quel giorno in avanti.
Era spaventata, Ginevra, terrorizzata dalla decisione che aveva preso, quella di lasciarsi alle spalle una vita che la teneva prigioniera, un marito che, lo sapeva, a modo suo la amava. Le aveva dato la vita, le aveva insegnato ad amare, e, cosa più importante, conosceva ogni singolo centimetro del suo corpo più di quanto lei stessa potesse.
Rabbrividì per un istante, portandosi la mano alla fronte per saggiare la sua temperatura corporea, e non si sorprese nel constatare che fosse salita notevolmente. Si disse che l'acqua ghiacchiata che la hostess le aveva allungato con un sorriso avrebbe senza dubbio riportato entro i limiti i livelli massimi di temperatura del liquido di raffreddamento che le scorreva sotto la pelle, perciò, anche se ultimamente le risultava difficile ingerire qualsiasi genere di alimento o bevanda, si sforzò di reidratarsi. Poi, stringendosi nel piumone che Anna le aveva posato sulle gambe, era tornata a fissare le immagini sullo schermo, riconoscendo a stento le cime innevate delle Alpi sotto di loro, mentre i suoi pensieri vagavano alla deriva, ricordando i dettagli di quella giornata.
Quando aveva aperto la porta di casa, quella mattina, aveva creduto che il momento in cui la fine avrebbe avuto inizio fosse arrivato. Era rimasta a fissare i due uomini vestiti di nero per qualche secondo, prima di farsi da parte senza proferire parola e lasciarli accomodare. Aveva preso posto in silenzio sul bordo del sofà, le mani appoggiate sulle gambe a dimostrare un atteggiamento positivo, il suo solito sorriso di circostanza ad illuminarle il volto. Poi, in un batter d'occhio, si era ritrovata a stipare in una valigia tutti i suoi vestiti, e senza lasciare a Victor messaggio alcuno, si era lasciata rapire dai due bravi.
Per un istante si chiese se non fosse il caso di riattivare il suo sensore di posizionamento, tanto da permettere a suo marito di sapere che stava bene e che non le era successo nulla di male, ma poi, con lo sguardo idealmente perso tra le nuvole che stavano attraversando il cielo sotto di loro, aveva capito che tutto ciò di cui necessitava in quel momento era semplicemente perdersi negli occhi di Nicholas. Così, con l'immagine dell'uomo che la stava attirando a sé per non lasciarla annegare, scivolò in un sonno profondo.
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TRANSCENDENCE
Science Fiction"...tutto, nel corpo umano, è legato a ciò che proviamo nel profondo. È un qualcosa che ti prende dentro, proprio qui, all'altezza dello stomaco. È come un palloncino, che se sei felice allora pensi di poter volare tanto ti senti leggero, ma se qual...