Era una mattinata nuvolosa sulle colline fiorentine, l'umidità dava a quel clima di fine estate, un che di misterioso; il silenzio regnava sovrano, quando tre SUV neri lo fendettero con il rumore dei motori e delle gomme sull'asfalto.
Si diressero verso l'entrata di un vecchio monastero, che postasi in cima ad una rupe, trasmetteva riservatezza e tranquillità; una volta fermati i veicoli, da essi scesero dieci persone, sei maschi e quattro femmine per l'esattezza, che con passo sicuro, entrarono nell'edificio.
Si diressero tutti verso la cappella, all'interno della quale erano state disposte due file di banchi, davanti ad una lavagna e un tavolo di legno; su di esso, a sua volta, era posto un oggetto coperto da un telo bianco. Intorno a loro c'erano pezzi d'antiquariato di vario tipo, da quadri a candele, da argenteria fino ad un'armatura in buone condizioni; l'odore di vecchio era presente, ma non tanto forte da rendere l'aria irrespirabile.
"Bene ognuno di voi scelga un banco" disse un uomo sulla quarantina, con i capelli ondulati marroni scuro, occhi color carbone, occhiali con montatura nera (da studioso quale era), e una barba incolta ma curata; indossava un completo scuro su una camicia bianca.
Dopo che tutti si furono seduti, scrisse una parola sulla lavagna, "Benvenuti", e fece per rigirarsi, ma come un fulmine a ciel sereno, tornò su suoi passi ed aggiunse "Di nuovo"; da parte di un paio di persone partì una lieve, quasi impercettibile, risata.
"Allora benvenuti, molti di voi si conoscono già tra di loro, e sanno le regole, ma visto che ci sono dei nuovi arrivati, le ripasseremo insieme", visto che nessuno dei presenti obbiettò, l'uomo continuò, "Potete chiamarmi Professore, tutti mi chiamano così, voi invece dovete scegliervi ognuno il nome di una città, stando bene attenti a farvi chiamare e a chiamare gli altri con il nome giusto; alcuni di voi ce lo hanno già, ma sarà bene fare un breve giro per conoscere tutti, perciò prego" concluse il Professore indicando il ragazzo, alla sua destra.
Egli indossava un giubbotto in pelle marrone, con cappuccio in pile bianco, e jeans scuri; avevi i capelli neri leggermente ricci sopra la testa, occhi verdi grigi, e un sorriso ampio. Il giovane faceva roteare una penna nella mano destra "Io sono Denver", disse con tono sicuro; dopo di lui, la donna bionda seduta dietro aggiunse "Io sono Stoccolma", nei suoi occhi marroni si poteva scorgere timidezza mista a sicurezza.
Dopo si presentarono: Bogotà, un uomo robusto, con barba corta e occhi diffidenti, e Marsiglia, uomo dai capelli lunghi marroni fino alle spalle, e baffi corti e curati; ciò che saltò all'occhio di tutti era il fatto che teneva in mano un furetto, accarezzandolo di tanto in tanto.
Con lui la fila di destra era finita.
Si passò così a quella di sinistra, e a presentarsi fu per primo l'uomo seduto in fondo: aveva i capelli marroni pettinati verso sinistra, occhi azzurri come il mare, e un sorriso arrogante sul volto; indossava un impermeabile nero, con sopra una sciarpa viola scuro, "Dame e cavalieri, io sono Palermo" disse con teatralità, aprendo le braccia.
Dopo di lui fu il turno di Helsinki, uomo calvo e con folta barba scura, ma dagli occhi azzurro chiaro. Di Nairobi, donna dalla lunga chioma mora, occhi color nocciola, e un sorriso sicuro sul volto, ed infine Tokyo, ragazza giovane dai capelli corti, sguardo freddo e sicuro di sé, e un sottile giracollo nero.
Dopo che anche lei si fu presentata, il Professore continuò a spiegare:
"Lei invece è la mia compagna, Lisbona" disse presentando la donna che fino ad allora era stata in piedi alla sua sinistra. Aveva i capelli color nocciola, e gli occhi marroni scuro.
"Ed infine c'è un'altra persona che dovrei presentarvi...", i membri della banda si guardarono tra di loro straniti, in fondo coloro che erano scesi dai SUV erano tutti lì.
Il Professore uscì un attimo dall' "aula" e tornò, affiancato da una ragazza: era giovane, (ma non troppo), lunghi capelli scuri lisci, raccolti in una coda alta, occhi marroni tendenti al nero, contornati da un leggero filo d'eyeliner, labbra (evidentemente truccate con un rossetto scuro) che risaltavano sulla pelle chiara; sull'orecchio sinistro due brillanti mandavano bagliori ogni volta che la luce ci batteva contro. Indossava una giacca in pelle nera con rifiniture verde smeraldo, una t-shirt bianca sotto, e un paio di pantaloni sportivi neri; il tutto era chiuso con delle semplici scarpe da ginnastica.
La ragazza venne condotta davanti al resto della classe, dove poté osservare i presenti; la cosa che notò subito fu che c'erano un paio di occhi azzurri che la fissavano con una certa insistenza.
Non ebbe però il tempo di preoccuparsene, in quanto:
"Ecco a voi l'ultimo membro della banda" disse il Professore,"Piacere di conoscervi, mi presento... io sono Firenze".
Quello fu l'inizio, l'inizio della fine.
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Lacrime di Fuoco (In revisione)
Fanfiction"Ecco a voi l'ultimo membro della banda" disse il Professore, "Piacere di conoscervi, mi presento... io sono Firenze". Cosa accadrebbe se nella banda del Professore ci fosse un altro membro? Il piano perfetto per rubare l'oro rimarrebbe tale? Ami...