Sono passati dieci giorni, e sono sicura che la strada per liberare mia madre sia questa, questa soltanto. Oggi ripartiremo, in direzione del mare. Non sono mai stata al mare in vita mia, volevo da sempre riservare questa magica esperienza quale è vedere l’orizzonte azzurro la prima volta a qualcosa di molto speciale, e credo sia giunto il momento. Sono felice, felice anche quando sono triste, perché riesco a rendermi conto di essere felice. Per la prima volta sento veramente, e sono felice, come un bambino quando vede la prima volta la neve, o un ragazzino che si innamora la prima volta: sono piena di entusiasmo di iniziare a scoprire questo nuovo mondo, questa nuova realtà. Ora se inciampo non ho paura di chiedere aiuto, agli amici e amiche, a chiunque abbia voglia. Perché non è un difetto essere tristi. Tutti noi soffriamo, infondo. Che mondo bello sarebbe se nessuno scappasse dai suoi sentimenti, ma si imparasse da essi, per poi insegnare agli altri. Certo, la fiducia non la si dà a tutti, ma spesso già solo parlare ad alta voce con qualcuno di quello che ti succede lo fa sembrare meno insuperabile, quasi sciocco. E senti che quel peso dallo stomaco si toglie e puoi riderci sopra. E sapere che qualcuno conosce quello che provi ti fa sentire meno solo, quasi come aver trovato un alleato in questa guerra alla conquista della felicità. Diventavo sempre più cosciente di me stessa, dei miei limiti e delle mie abilità, del mio potere, ma anche della mia responsabilità. È difficile essere il capo di tutti, del destino di tutti. È difficile avere nelle proprie mani la fiducia di un intero popolo, e doverlo guidare senza fare un torto a nessuno. È tanto difficile prendere sempre la decisione giusta, ma non mi tiro indietro. Devo imparare a cavarmela da sola, a uscire dall’angolino buio dove mi nascondevo da sempre, cercando di non dare troppo nell’occhio, cercando di evitare i problemi, cercando di morire. Dovrei essere meno ansiosa e fidarmi di me stessa, ma ci sono ancora troppe briciole del passato in me: non ho autostima e ho paura che ogni cosa faccia sia sbagliata; ma, almeno, ci provo, e già di questo sono fiera. Imparo a sorridere a un errore e a imparare da esso, ma una piccola parte di me è ancora delusa. Sono sempre stata così: voglio essere brava in tutto, forse perché non sono la migliore in niente; non voglio essere dimenticata dal mondo, ma infine che senso ha? Non è forse molto più bello continuare a vivere nel cuore della persona che ti ha amata, o nel sangue dei tuoi figli, o nei ricordi dei tuoi amici? Non tutti sono bravi a ricordare, ma io non mi scordo mai di nessuno. Ogni passante ha una storia dietro ai suoi occhi, ogni pendolare il suo personale e intimo viaggio nel libro che sta leggendo sulla metro, ogni anziano la sua vita dentro alle rughe scavate dalle lacrime, talvolta di gioia, talvolta di dolore. Anche io avevo il mio viaggio, ed era lungo e faticoso; si susseguivano giorni saturi di scoperte ad altri monotoni e noiosi. Giorni in cui tutto aveva un senso ad altri di scombussolazione. Giorni pieni di grinta e ispirazione ad altri completamente vuoti. Ma sentivo che questa forza non mi abbandonava; sentivo che l’angelo che prima mi proteggeva, ora ero io stessa. Ero cresciuta molto dall’inizio del viaggio, e sapevo ormai cosa fare contro i miei demoni, quando si ripresentavano. Sapevo, finalmente, chi ero. Sapevo anche decifrare i miei pensieri più profondi mentre la bianca schiuma fredda e pungente di un mare autunnale e agitato si infrangeva sulle mie gambe; quest’ultime, a differenza della mia mente, erano salde sulla sabbia bagnata, mentre l’altra vagava sull’orizzonte. Mi ero completamente innamorata del mare, anche insieme alla sabbia che si appiccica alle gambe e ai piedi, anche insieme al vento che ti scompiglia i capelli rendendoli un disastro. Perché mi sentivo libera, come gli aquiloni colorati che volteggiavano nel vento guidati dai bambini, o come i gabbiani nel cielo, con il vento che sfrecciava fra le piume delle mie ali che mi ero costruita da sola. Semplicemente avevo imparato a non prendere tutto troppo sul serio, a gustarmi l’attimo senza preoccuparmi di arrivare sempre in anticipo. Mi rimaneva però ancora un enigma da risolvere, mia madre. Venni scossa però da Margherita, che mi portava una grande conchiglia.
“Tieni, ascolta, si sente il mare da qui dentro”
La appoggiai allora all’orecchio, e all’inizio sentii il fruscio delle onde, ma poi percepii anche un altro rumore, all’inizio ovattato, poi sempre più nitido, fino a farmi ascoltare le seguenti parole.
“C’è solo un modo per liberare tua madre, Ermione, devi staccarti da lei, devi diventare adulta, senza scappare più dai pericoli, o usare la via più semplice. Sei ormai vicina, ti manca l’ultimo passo”.
Allora compresi tutto.
spazio autrice
prima di tutto, grazie mille a tutti! non mi sarei mai aspettata così tante visualizzazioni! la storia è quasi finita, quindi oggi il capitolo è corto. mamma mia, sembra tutto un sogno; adesso che ci sono le vacanze proverò a iniziare un'altra storia, ma non vi prometto niente perchè con la scuola sono occupatissima. grazie di nuovo e buon natale, siete il mio regalo più bello.
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Persa in me stessa
General Fictionquesta è una storia dedicata a chi si sente solo. A chi ha paura di non essere abbastanza. A chi ha così tanti problemi, anche abbastanza seri, da perdersi in essi, da perdersi in se stessi. Una storia scritta da una adolescente per altri adolescent...