Capitolo 1

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P.O.V Chloe

<Chloe, Chloe>

Il mio nome, ripetuto più volte da una vocina lontana, disturba il mio sonno. Borbotto qualcosa, ma invano perché la voce non smette di richiamarmi, così mi arrendo e sbadigliando mi costringo ad alzare la testa dal cuscino. Mi stropiccio gli occhi, ancora assonnata, per poi notare il fascino dolce e preoccupato di Ginevra.

<Che succede?> domando alzando un sopracciglio, confusa. La piccola abbassa lo sguardo e sussurra un <Non riesco a dormire> appena udibile alle mie orecchie. Sorrido dolcemente accarezzandole i lunghi capelli mori.

<E non potevi disturbare Vincenzo o la mamma?> chiedo facendo spazio nel mio letto per farla dormire con me.

<No, mamma non è ancora tornata dal lavoro e Vincenzo non lo so> confessa un po' preoccupata, per il fratello soprattutto.

Con lo sguardo cerco il ragazzo nel letto affianco al mio, ma lo trovo vuoto. Sospiro pesantemente prendendo il cellulare sul comodino per guardare l'ora.

Sono le quattro del mattino, dove cazzo è finito?

<Chloe, tu sai dov'è?> Ginevra si stringe a me puntando i suoi occhioni sui miei. Scuoto la testa per dirle di no, ma tento di rassicurarla lo stesso <No, ma so che torna, ci fa solo preoccupare, sicuramente è in giro a parlare con qualche suo amico>.

<Ma l'ultima volta...> lascia la frase in sospeso indecisa se proseguirla o meno, ma io ho già capito. Sappiamo entrambe cosa vuole dire, ma non posso farle credere che sia così, quindi le mento sperando di essere abbastanza credibile.

<Piccola, sta bene, cerca di dormire ora> la vedo annuire prima di stringere il suo pupazzo tra le braccia. La copro meglio con la coperta mentre ripenso a quella sera, un po' più particolare rispetto alle altre, in cui Vincenzo ha combinato uno dei suoi soliti casini.

Era finito in ospedale per colpa di una delle tante risse che lui e i suoi amici non riescono ad evitare. Per lo più si prendo a pugni per cose futili come una parola detta male oppure per marcare il territorio, come se fossero dei cani.

La chiamata alle cinque del mattino mi aveva spaventata, soprattutto perchè Maria era al lavoro e io sola a casa con Ginevra. I carabinieri non potevano dirmi nulla se non che Vincenzo era finito in mezzo ad una rissa e si era ferito finendo in ospedale. Non ero ovviamente riuscita a nascondere la cosa a Ginevra che, per avere solo otto anni, capisce perfettamente quasi tutto. La piccola si era svegliata e vedendomi agitata non aveva creduto a mezza parola. Alla fine sono dovuta correre io in ospedale, lasciando Ginevra alla zia che abita nel palazzo di fronte, per poi scoprire che stava bene salvo un occhio nero e un colpo alla testa del tutto innocuo.

Se si è cacciato nei guai questa volta all'ospedale ci finisce per colpa mia.

Guardo Ginevra addormentarsi lentamente, forse più tranquilla dopo le mie parole. Io, invece, cerco di nascondere l'agitazione, ma quando guardo di nuovo l'ora mi accorgo che sono le quattro e mezza del mattino. Inevitabilmente inizio a preoccuparmi.

Quel ragazzo mi farà impazzire prima o poi.

Sbuffo sonoramente mentre mi alzo dal letto cercando di non svegliare la piccola e, con il cellulare in mano, vado in cucina. Cerco il suo nome in rubrica e provo a chiamarlo. Una volta, due volte, tre volte, quattro volte. Non risponde. Lo lascia squillare, ma non risponde. Inizio ad innervosirmi, cammino avanti e indietro per la cucina e provo a chiamarlo altre tre volte invano. Alla decima chiamata si degna di rispondere.

<Che cosa l'hai comprato a fare un cellulare se poi non lo usi?> il tono della mia voce, nonostante sia basso, è palesemente alterato.

Non solo sta in giro tutta la notte, ma non è nemmeno reperibile. A casa ci siamo io e sua sorella da sole, potrebbe succedere qualcosa, ma a lui non sembra importare.

Profumo di asfalto || PakyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora