Capitolo 42

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Sì intralciano gli sguardi e nodi in gola,
anche quando è troppo tardi un modo si trova.

Tedua; Semafori verdi

P.O.V. Chloe

Ritrovarmi sul piccolo balcone vista Duomo, questa volta, è diverso. Al mio fianco non c'è più Vincenzo e, l'assenza del cappotto, rende l'aria di Milano più fredda.
Rabbrividisco appena voltandomi verso il moro alla mia sinistra. I suoi occhi cercano i miei e ci leggo un qualcosa di malinconico o forse è solo preoccupazione. La felicità di prima sembra essere svanita, ma il motivo è ancora un segreto per me.

Luigi, però, non sembra voler dire una parola. Sospira, appoggia le mani alla ringhiera e guarda il panorama cercando forse una risposta tra le guglie in lontananza. Ciò che io voglio sapere è la domanda.

Con la mano sfioro leggermente il suo braccio, coperto solo dalla giacca del vestito. Lui sospira nuovamente e posa il suo sguardo su Vincenzo. Io faccio lo stesso non capendo.

Il moro è seduto al tavolo dove, poco prima, stavamo allegramente parlando. Ci sta guardando o meglio, mi sta guardando. Non riesco a capire se sta cercando di comprendere cosa il cugino vuole dirmi o se invece è solo impaziente che questa chiacchierata finisca così da potermi avere per sè nuovamente.

L'ipotesi che anche lui, come me, non riesca semplicemente a smettere di guardarmi mi sfiora il cuore, ma la lascio correre via concentrandomi sul ragazzo di fronte a me.

Con fatica sposto lo sguardo su Luigi. Afferro il suo viso tra le mani per poterlo guardare finalmente dritto negli occhi. Lui sussurra a quel gesto, ma non dice nulla, anzi aspetta che sia io a prendere in mano la situazione.

<Luigi, che c'è?> domando, più esasperata che curiosa. Lui sospira, ancora, facendomi innervosire.

Stringo leggermente la presa attorno alle sue guance prima di esclamare <Sto morendo di freddo, muoviti>.

<Mauretto ha scoperto cosa sta combinando Vincenzo>

Un brivido mi attraversa la schiena e non sono nemmeno così sicura che sia colpa del freddo.

<Cosa sta combinando?> domando; la mia mano si allontana dal suo viso e si aggrappa, quasi involontariamente, al colletto della giacca.

<Fuma oppio> risponde il ragazzo in un sussurro.

E ora si che il mondo mi crolla addosso, ma prima che qualcosa possa colpirmi Luigi mette un braccio sulle mie spalle obbligandomi a guardare il panorama.

Poi si sporge verso il mio orecchio <Non reagire, non adesso> sussurra accarezzandomi la spalla con la mano.

Come posso non reagire?

Come posso restare ferma a fissare un punto vuoto ed indefinito all'orizzonte?

Come posso cercare la congiunzione delle luci di Milano facendo finta che sia più importante?

Come faccio ad ignorare una cosa simile?

Come posso comportarmi normalmente?

<Voglio picchiarlo> esclamo appoggiando le mani alla ringhiera. Luigi annuisce portando la sua mano sulla mia schiena. Non dice nulla, però mi accarezza dolcemente facendola scivolare fino quasi al mio sedere.

<Rientriamo, stai congelando> constata facendomi improvvisamente ricordare del freddo pungente di Dicembre. Me l'ero scordato, presa da qualcosa di più importante. Dalla vita di una persona che è appesa ad un filo.

Profumo di asfalto || PakyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora