Prologo

171 2 0
                                    

Prologo

Fiamme. Tante piccole lingue biforcute che dilaniano il soffitto e il pavimento di un'antica abitazione. C'era già stato lì, conosceva quel posto, aveva già vissuto quella scena, solo che stavolta la osservava in prima persona. Sì, perché quella prima, e unica volta, se n'era stato fuori, al riparo dalla fiamme, mentre adesso percepiva il calore del fuoco sulla sua pelle. Una sensazione sgradevole. Adesso sapeva cosa doveva aver provato lei, quella volta. 
Un lamento, dei singhiozzi, si udivano da lontano mentre il rombo incessante di quell'inferno andava avanti. Lei doveva essere lì. Se ne stava accucciata su sé stessa, le ginocchia alte, il viso nascosto tra le gambe, e piangeva. Lui si fece largo tra le fiamme, voleva andarle incontro; questa volta le cose sarebbero state diverse, avrebbe cambiato il corso degli avvenimenti. L'avrebbe salvata da quell'inferno. Stava per raggiungerla, ma più si avvicinava più lei sembrava allontanarsi, finché non si rese conto che lei era scomparsa e intorno a sé si era formato un cerchio di fuoco. Fu allora che si svegliò, madido di sudore, tra le lenzuola di un letto troppo grande per una persona sola. Si sedette nel bordo, e per la millesima volta si chiese la causa di quegli incubi. 

Tutto era cominciato una mattina soleggiata di qualche giorno addietro. Era arrivato con quella vecchia auto, che ormai era sua, in quel parco e lì vide per la prima volta ciò che gli avrebbe causato notti insonne. Parcheggiò la macchina, scese dal veicolo e si appoggiò alla portiera, le gambe incrociate. La cicatrice gli prudeva, creandogli un gran fastidio, ma ormai non ci pensava più. Osservò la scena: il solito quadretto. Bambini che saltellano accompagnati dai genitori, adolescenti seduti sulle panchine. No, non era questo che aveva catturato la sua attenzione. Poco lontano dal gruppetto di ragazzi, all'ombra di un albero, stava seduta una ragazza, la testa china sul libro che stava leggendo. Era concentrata nella lettura, nonostante il trambusto intorno a lei. Attirò subito l'attenzione dell'uomo; era lei. Era lei la ragazza che aveva cercato per tanto tempo, forse troppo. Ne era sicuro. 
Aprì la portiera posteriore dell'auto, raccolse dal sedile la sua fedele macchina fotografica e scattò qualche foto alla ragazza. I suoi capelli castani ondeggiarono al vento e lei scostò una ciocca dietro l'orecchio. L'uomo alzò lo sguardo dalla macchinetta proprio nel mentre in cui anche lei faceva lo stesso. E i loro occhi s'incontrarono. Il ghiaccio dei suoi contro l'azzurro limpido di un lago di lei. Durò solo un istante, finché lei non tornò alla lettura. L'uomo tornò a respirare normalmente; non si era accorto di aver trattenuto il respiro. Decise di tornare in macchina, e da quel giorno continuò a spiarla e fotografarla, senza però mai andarle a parlare. 

Ecco il motivo di quegli incubi. LEI. Quella ragazza. 
Si alzò dal letto e andò al bagno per guardarsi allo specchio. Le sue condizioni non facevano altro che peggiorare. Strinse i pugni e scatenò la sua ira contro lo specchio.  Questo si ruppe mentre le sue nocche diventavano rosse. Non si preoccupò del sangue, invece si diresse alla camera oscura. Osservò le foto appese ai fili dalle mollettine; tutte avevano lo stesso soggetto. LEI. Era giunto il momento d'incontrarla. Di conoscerla. Lui doveva conoscerla. 

Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora