Il male

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Sei sott'acqua, non riesci a respirare. Due grandi braccia ti trasportano là sotto; ti dimeni, reagisci, ma per quanta forza tu ci metta quelle braccia ti sprofonderanno sempre più sotto. Non riesci a capire di chi siano quelle braccia e cosa vogliano da te. Il male. Senti che stai perdendo i sensi e ti lasci andare incontro alla morte, quando due labbra, due semplici labbra, sfiorano le tue. Ed è come una scarica elettrica, l'adrenalina ti trapassa il corpo e quando quelle labbra si sono staccate, tu venderesti la tua anima al diavolo per un altro, ultimo bacio. 

Quando aprì gli occhi, la prima cosa che Azzurra si chiese fu dove fosse. Si trovava sdraiata su qualcosa di morbido, questo era certo, e sentiva una coperta leggera a contatto con la sua pelle, ma per il resto non aveva la minima idea di cosa fosse il posto in cui si trovava. Tutto intorno era di legno scuro: le pareti, i mobili, il soffitto e persino il tavolo di fronte. Sbatté le palpebre, chiedendosi se tutto questo facesse parte ancora del suo sogno, poi si ricordò ciò che era successo quella notte. Era stata rapita. Rapita da uno sconosciuto. Un bellissimo sconosciuto, ma il suo aspetto adesso non faceva differenza. Era stata rapita! Quel figlio di puttana l'aveva sicuramente presa con sé e portata nella sua tana. Rabbrividì al pensiero che magari lui fosse lì, in quella stanza, ad osservarla. Alzò il busto con gli occhi ancora socchiusi; in un primo momento non si riuscì ad identificare nulla di sospetto. Solo quando i suoi occhi si abituarono alla luce soffusa della stanza vide l'uomo che stava appoggiato alla parete, a pochi passi dal divano su cui lei sedeva. O mio Dio, è lui...ed è senza maglietta! L'uomo aveva la stessa espressione che Azzurra ricordava, quando le era sopra a quattro zampe. I capelli alla rinfusa e quegli occhi di ghiaccio da far venire i brividi. I jeans a vita bassa mostravano l'elastico dei suoi boxer e il petto nudo mostrava i muscoli scolpiti con qualche cicatrice ben visibile sull'addome. Wow... « Finalmente ti sei svegliata.»
La sua voce era tranquilla e gutturale, stranamente... sexy. In mano teneva un bicchiere di vetro e sulle sue pareti faceva volteggiare dello scotch. Ne bevve un sorso, senza smettere di fissarla. Quegli occhi... Erano capaci di stregarla, ipnotizzarla. Azzurra rimase a bocca aperta, incapace di batter ciglio, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Datti un contegno, Azzurra, per favore... Se lei era del tutto a disagio in sua presenza, lui al contrario sembrava quasi che gli fosse indifferente. Continuava a fissarla come se volesse studiare ogni suo minimo particolare, ogni sua mossa. Lei non era mai stata ''studiata'' così da nessuno, figuriamoci da un Adone con quel fisico. Ormai erano passati dei minuti così, in silenzio, senza muovere un braccio; lui poteva essere capace a rimanere immobile per sempre ma lei se non si affrettava a fare la prima mossa sarebbe diventata pazza. Fu solo allora che si accorse di indossare solo una camicia bianca- tra l'altro non sua di certo- e sotto non aveva...niente! Quando controllò vide le gambe nude, la camicia le arrivava alle natiche, ma per fortuna gli slip non erano stati rimossi.
« Dove sono i miei vestiti?!»gli urlò contro, e si maledisse per la vocina stridula che le era uscita di bocca. Lui anche questa volta non diede segno d'imbarazzo.
« Erano sporchi di terra. Rischiavi di ammalarti. Quando ti ho portata qui ti ho spogliata; quella è mia.» Indicò la camicia che Azzurra adesso indossava. Il povero cervello di lei si fermò a ''ti ho spogliata'', dimenticandosi tutto il resto. 
« T-tu c-cosa?» Accidenti...
Lui alzò un sopracciglio; bastò quel gesto per fargli cambiare argomento. 
« Hai sete? » le chiese con freddezza, come se avere una ragazza- per giunta minorenne- sul suo divano, mezza nuda fosse la cosa più naturale al mondo. La mente di Azzurra elaborò una risposta veloce e secca e riuscì solo a dire un « Sì» un po' tremolante. Lui fece un cenno del capo, entrò nella piccola cucina proprio lì davanti, aprì il frigo e estrasse una bottiglia d'acqua. In quel breve tempo in cui lui le diede le spalle, Azzurra poté notare lo strano tatuaggio proprio lungo le sue enormi spalle muscolose: due grandi ali nere. Probabilmente dovevano avere un valore simbolico, ma Azzurra non ci rifletté su. Non era mai stata un'impicciona e sapere il motivo per cui il suo rapitore si era tatuato quelle ali sulle spalle non le interessava più di tanto. Doveva trovare un modo per fuggire, e alla svelta prima che il maniaco afferri il suo piccolo corpo un'altra volta con le sue luride zampacce. La porta d'uscita si trovava a qualche passo dietro lei e calcolò che per scappare da lì le sarebbero voluti circa nove-dieci secondi, sempre che nella caduta di quell'orribile notte non si sia fratturata la caviglia- cosa che non escludeva. L'idea di uscire mezza nuda con quel freddo non la entusiasmava, ma di certo avrebbe trovato qualcuno disposto ad aiutarla. Sì, sarebbe stato sicuramente così. Ma non sapeva nemmeno in che posto si trovasse; per quanto la riguardava poteva essere dall'altra parte del mondo come a pochi chilometri da casa sua. Però non doveva darsi per vinta! 
Appoggiò un piede sul pavimento, facendo attenzione a non fare troppo rumore, poi fece lo stesso con l'altro. Quando vide che l'uomo aveva trovato la bottiglietta d'acqua, si alzò e corse verso la porta. In realtà alla porta non ci arrivò perché il corpo dell'uomo le si scaraventò addosso proprio a metà percorso. Azzurra non seppe come spiegarselo: tutto era successo in un secondo, tanto che non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsi della sua caviglia che, come aveva previsto, era slogata. La scena si ripeteva: lei a pancia in giù, e l'uomo sopra di lei, ma questa volta le stringeva i pugni. La voltò con un ghigno furioso e con una mano le afferrò il mento, impedendole di voltarsi.
« Non scappare mai da uno come me, intesi? » le disse, con una nota nella voce di cattiveria e rabbia insieme.
Le strinse il collo con l'altra mano; era un ordine, voleva che rispondesse. Quando lasciò la presa la voce di Azzurra era fievole come quella di un usignolo.
« Sì.»
« Cosa non devi mai fare? »
Azzurra deglutì un po' di saliva. « Scappare da uno come te. »
Lui sorrise, mentre con la mano le spingeva il mento verso l'alto, impedendolo di guardarlo negli occhi. Con l'altra mano adesso le stringeva di nuovo il polso. 
Gli occhi di Azzurra intanto si colmavano di lacrime. L'uomo si accovacciò su lei, e fece qualcosa che Azzurra proprio non si aspettava: cominciò a leccarle il collo e a darle qualche piccolo bacio in qua e là. Poi alzò un braccio; per toccarla, picchiarla...? Scostò la camicia dal seno della ragazza, nudo. O mio dio, cosa vuole farmi?
Azzurra cominciò a dimenarsi ma fu tutto inutile; non poteva competere con la forza di quell'uomo.
« Se continui a muoverti così ti ritroverai me dentro te in meno di un secondo» la avvertì.
Le strinse più forte il polso, facendola sussultare, poi lo lasciò e le afferrò un seno con forza. Azzurra gridò di dolore e se ne pentì subito quando percepì di nuovo quel suo ghigno, divertito. La afferrò per i fianchi, la fece alzare e la trascinò con sé sopra al tavolo che lei aveva notato prima, appena sveglia. La stese lì sopra, la testa a penzoloni per aria che le faceva venire il sangue al cervello. Odiava quella sensazione, odiava l'uomo che le stava sopra e adesso le palpava di nuovo il seno. Non lo conosceva, non sapeva nemmeno il suo nome, ma odiava tutto di lui e odiava se stessa per aver pensato più di una volta a quanto fosse attraente. E adesso voleva violentarla e lei avrebbe potuto urlare quanto voleva: era più che sicura che nessuno l'avrebbe sentita. Le lasciò i seni e si occupò di sbottonare del tutto la camicia.
« No... » sussurrò lei.
Lui si fermò.« No cosa?» disse, la voce priva di emozioni.
« Non farmi del male. »< L'aveva detto sul serio? Percepì un suo sorriso. Ah bene, ti diverto, ma ora lasciami andare.
« Non ti farò del male; ti piacerà vedrai.» Le sbottonò la camicia, bottone per bottone. Ti prego... L'uomo si alzò e con grande sorpresa di Azzurra andò in cucina a recuperare qualcosa. Lei non aveva il coraggio di alzare la testa e vedere cosa stesse facendo quel bastardo. Quando l'uomo tornò le diede un altro ordine. 
« Alza la testa; non ci riesco se stai così. » Non riesci a fare cosa?
Ubbidì, e vide che in una mano teneva un bicchiere con del ghiaccio e una striscia di stoffa nera: una bandana? Le coprì gli occhi e legò la bandana dietro la testa. Poi l'adagiò di nuovo come prima; lei non diede segno di ribellarsi. Tutto quel movimento le aveva mandato la testa in fiamme, ed ora era quasi curiosa di sapere come sarebbe andata a finire. Un uomo la stava toccando; stava toccando lei, che non aveva mai nemmeno baciato un ragazzo! Tutto questo aveva un sapore... proibito. Sentì il ghiaccio tintinnare nel bicchiere e subito dopo avvertì qualcosa di freddo proprio sopra l'ombelico. Saliva su lentamente. Uno strazio. Non poteva vedere nulla, solo il nero della bandana che le copriva gli occhi, e questo la infastidiva. Teneva la bocca socchiusa e la gola era secca. Ora il sangue alla testa non era più un problema; aveva ceduto il posto allo strano piacere che vibrava nel suo corpo quando il cubetto di ghiaccio arrivò all'altezza del capezzolo e lei non riusciva a vedere la mano che lo conduceva fin lì. L'uomo fece roteare il cubo prima su quello sinistro, poi passò al capezzolo destro, sempre con molta calma e lentezza. Il respiro di Azzurra si fece sempre più affannoso, e la sua mente percepì uno strano suono. Un gemito. Il suo? Quando ebbe finito di stuzzicare il seno della ragazza, la mano di lui tornò giù, più veloce di prima, seguendo lo stesso percorso, finché non arrivò sopra il pube. Prese un altro cubetto e questo fece su e giù dall'ombelico al pube per un paio di minuti. Tutti i muscoli del corpo di lei erano in attesa di una nuova mossa che tardava sempre più a venire. Fino a che lui lasciò il secondo cubetto di ghiaccio e afferrò i suoi fianchi, trascinando le mani sempre più giù fin quando non arrivarono a contatto con gli slip. A quel punto Azzurra tornò in sé, tese tutti i muscoli del suo corpo, e con un calcio allontanò quello dell'uomo da sopra di sé. Si liberò della bandana e non si preoccupò nemmeno di vedere la faccia del suo aggressore perché si diresse verso un piccolo corridoio che dava a tre porte, tutte chiuse. Aprì quella sul lato sinistro e quando vide che era il bagno ci si buttò a capofitto.
Chiuse la porta a chiave e si abbandonò contro la parete mentre le lacrime scendevano. L'uomo non tardò ad arrivare; provò ad aprire la porta ma quando vide che era chiusa disse:« Apri.» Nessuna risposta. Due enormi tonfi contro la porta la fecero trasalire.
« E va bene. Prima o poi dovrai uscire.» Sentii l'uomo allontanarsi e sospirò di sollievo. 
Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?

 

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