quarto passo

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4. Esaltare le proprie sfumature caratteriali, non è un ignorante, farsi piacere per ciò che si è.

Probabilmente dovevo essere in uno dei miei giorni no quando scrissi quel punto, il ciò mi fece abozzare un sorriso dopo aver depennato alcuni passi, prima di uscire dalla stanza, dirigendomi poi nel salone di musica al terzo piano, con il mio fedele strumento sulla spalla.

Non incontrai nessuno, dato l'orario inoltrato, i prefetti erano a fare le ronde e gli alunni nelle proprie camere.
Io dal mio canto avevo un permesso scritto dalla preside McGranit di poter usufruire dell'aula nelle ore notturne.

Avevo preparato l'orario della festa che si sarebbe tenuta il mese successivo organizzandone i particolari, lasciando comunque le scelte di allestimento che sarebbero restate ai prefetti. I compiti erano tutti terminati e riposti in ordine di materia sulla scrivania.

La differenza dai dormitori nelle casate a quella dei prefetti consisteva nella parola d'ordine presente su ogni singola stanza, non vi erano limiti per far entrare o noi ragazzi  e o ragazze, pur essendo stanze singole.

La mia era una parola non verbale, efficace e  più sicura.

Una volta giunta mi posizionai davanti alla finestrona, nel centro della stanza, per vedere la luna, gli spartiti sul  leggio e una lucina flebile a illuminare le note.

Feci scorrere il mio ukulele dalla custodia in cui lo tenevo gelosamente, in pochi conoscevano questa mia piccola passione.

Mentre osservavo la luna accordavo lo strumento.

Dopo un paio di strumming di prova cominciai a intonare le melodie di "la vie en rose".
Era quasi divertente pensare che fosse la mia canzone preferita, mi aiutava sempre a rilassarmi, e quasi ironico soprattutto.

Feci un sospiro quando sbagliai corda, arpeggiando.

Chiusi gli occhi e mi feci guidare dall memoria, conoscevo la tablatura come se fosse stata la mia data di nascita.

Arrivai poco prima del finale quando smisi e tirai un sospiro, mi accorsi solo allora di aver smesso di respirare.

-Dovrei togliere punti a Grifondoro.

La voce di Scorpius echeggiò per la sala, che aveva un acustica perfetta.

Feci segno di aspettare e rispresi l'ultimo passaggio. Improvvisamente mi sentì più leggera.

Posai lo strumento sulle coscie voltandomi verso il lampione che illuminava la stanza, i suoi capelli, così chiari risplendevano lasciando qualche sfumatura lunare che si poggiava sul viso.

-Ho un permesso firmato dalla preside per stare qui ad ogni ora della notte.

Sfilai il foglio dal taschino della custodia in cui omservavo accordatore acustico e capotasto, porgendoglielo.

Non lo guardò nemmeno avvicinandosi e strisciando una sedia fino ad affiancarmi.

-Ero convinto che nascondessi qualcosa, ma non pensavo, questo genere di cosa.

Osservò bene il mio strumento, probabilmente non sapeva neanche cosa fosse.

-La musica rilassa, e cerco sempre di ritagliare in momento per stare sola con lui.

Accarezzai la sagoma dell'ukulele, il più piccolo della mia collezione personale.

-Ti facevo più da violino, o altri strumenti ad arco, se proprio vogliamo esagerare pianoforte... ma non credevo che si addicesse alla tua personalita, un ukulendo.

Alzai un sopracciglio divertita e gli sorrisi, ukulendo...

-Si chiama "ukulele", e francemente credo che un violino, per me, sarebbe troppo serioso, quasi triste.

Un sorriso prese posto sul suo viso e allungò l'occhio sugli spartiti.

-La vie en rose, clichè.

Alzai le spalle con un breve movimento.

-Non condivido il punto di vista di Dominique ma un po' di romanticismo non fa male.

Fissò il suo sguardo sul mio viso.
Passando la lingua sul labbro inferiore in un movimento estremamente naturale, tirò queste in un sorriso.

-Lo scorso anno sono stato in Francia durante le vacanze, la prima sera che sentì per le strade questa canzone, dal vivo, mi vennero i brividi.

Accarezzai le corde tirate del mio fedele compagno e osservai la mandibola rilassata del fiammiferaio.

-Provai a corrompere mio padre per portarmi in Provenza la scorsa estate, ma non acconsentì, tra lui e mia madre sono così pieni di impegni al Ministero che non potevano permettersi di staccare per una settimana, così lontano.

Scorpius si torturò le mani, voleva dire qualcosa ma non sapeva se farlo effettivamente.

Poi osservò l'orologio costoso che portava al polso, il quale rifletteva la luna sul vetro lucido.

-Avrei dovuto finire la ronda mezz'ora fa, ti va se ti riaccompagno?

Voltai la pagina degli spartiti osservando quale canzone fare.

-Sono arrivata da poco, non credo di andare via subito.

Lui sorrise e si stese meglio sulla sedia.

-Aspetterò.

20+1 passi per conquistare un MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora