Cuore in disordine

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Era successo di nuovo.
Lui, Niccolò, e Maddalena. Come quando si erano conosciuti.
E lui era di nuovo a casa sua, con sua madre. Proprio come quando aveva 17 anni.
Quella vecchia casa, in cui era cresciuto, dove le urla del padre gli erano entrate nei timpani, rimbombandogli nel cervello, quasi a farlo scoppiare. Dove aveva sentito sua madre piangere, da sola.
Dove aveva sentito la porta sbattere, e suo padre lasciare per sempre quel posto.
Quelle mura fredde, senza colore, o almeno così sembrava a lui.
Perché in quel momento, senza Niccolò, ogni cosa sembrava non avere colore.
Era tutto grigio. Senza senso.
Anche la sua vita, adesso, gli sembrava senza senso.
Si era abbandonato alla depressione.
Non mangiava più,il suo stomaco ormai era stretto come le stringhe delle sue scarpe vecchie e rovinate.
Non dormiva più, e i suoi occhi erano rossi, le occhiaie scavate, gli occhi stanchi di versare lacrime.
Non sentiva più nessuno. Il suo telefono era spento lontano da lui, pieno di graffi e colpi sullo schermo. Accenderlo, sarebbe stato un colpo al cuore.
Si, perché in un giorno di pioggia, Niccolò aveva preso il suo telefono, e aveva impostato una loro foto come sfondo del cellulare.
E in quel momento, quella foto Martino non voleva proprio vederla.
Era arrabbiato, confuso, ferito.
Pensava di essersi liberato di lei, da quando era tornata a Novara, con i suoi genitori. Pensava che non sarebbe mai ritornata. Che non si sarebbe mai più messa in mezzo, tra lui e il suo Niccolò.
Non ora, almeno, da quanto sapeva si stava per sposare con un nuovo ragazzo, suo compaesano.
E invece, era tornata. Si erano baciati, di nuovo, ad una festa. Niccolò si era dimenticato le sue pillole a casa, aveva bevuto un po' e da lì era iniziato il panico.
I dottori si erano raccomandati con Martino di non farlo più bere alcolici e fumare erba; e lui era stato attentissimo, fino a quel momento. Ma la stanchezza di quel giorno, rovinò ogni cosa.
Martino non sapeva che Maddalena fosse a quella festa, nonostante ormai fosse a conoscenza di tutto da quando vivevano insieme, sotto lo stesso tetto. Perché avrebbe dovuto mentirgli? Forse perché non lo sapeva? O forse lo sapeva, e voleva vederla senza che lui sapesse niente, per non farlo soffrire. O forse, semplicemente, perché Niccolò non aveva mai smesso di amarla.
Niccolò quella sera gli aveva chiesto di accompagnarlo, ma Martino, stanco e stressato dal lavoro, declinò l'invito, decidendo di aspettarlo a casa. Dopo una giornata intensa e piena di cose da fare, andare ad una festa piena di ragazzi e di musica rimbombante, non era tra i suoi piani. Avrebbe voluto indossare quella tuta calda e comoda, sul divano, ad aspettare il suo ritorno. E così lo aveva lasciato andare, inconsapevole di cosa avrebbe portato quella sua decisione.
E Niccolò, proprio quella sera, preso da quei dolci baci di Martino sull'uscio, prima di lasciare quella casa e raggiungere la festa, si era dimenticato le sue pillole.
Quelle pillole, dimenticate su quel tavolo di cristallo, determinarono un'altra delle sue crisi.
E Martino, dall'altra parte, era distrutto.
Da ormai 2 settimane aveva smesso di vivere.
Questa volta, per lui, era davvero finita.
Faceva male, si. Il suo cuore si era completamente spezzato in mille pezzi. Ma non poteva continuare ad amare un ragazzo che fosse legato ad un'altra ragazza.
Doveva strapparselo dal cuore. Non voleva più vederlo. Niccolò aveva provato varie volte ad andare sotto casa sua, per spiegargli, ma lui di vedere quel viso così angelico e bello, proprio non gli andava.
"Niccolò ha sempre avuto un rapporto con la verità che a lungo andare fa impazzire pure te." aveva detto. E in quel momento, per lui, non c'era frase più vera.
E così, passava i pomeriggi a piangere, a sfogarsi con sua madre, raccontandole tutto. Non fu facile convincerlo ad aprirsi, ma la dolcezza di quella donna e la voglia di parlare con qualcuno, gli fece buttare fuori tutto l'odio che si portava dentro.
Per Maddalena, per Niccolò. Pure per i suoi amici, che non avevano fatto nulla per lasciarli distanti.
Tra ex, serve sempre una distanza di sicurezza. Non ci si può mai fidare dei sentimenti. Soprattutto con Maddalena, che già aveva provato a strapparglielo via.
Mentre la sua testa rimbombava di pensieri, sentì il citofono suonare. Gli prese il panico. Era pronto ad urlare a sua madre di farlo andare via.
Non sarebbe mai stato abbastanza pronto a vederlo.
Invece, sua madre aprì delicatamente la porta della sua camera.
" Marti, c'è Gio."
Giovanni. Il suo migliore amico. Non lo vedeva da tempo, e nemmeno lo sentiva, da quando aveva staccato il telefono per non sentire più nessuno. Voleva stare solo, non voleva sentire nessuno.
E ora, come poteva farsi vedere dal suo migliore amico in quelle condizioni? Aveva un aspetto orribile. I capelli disordinati, gli occhi gonfi e rossi, le occhiaie scavate, il viso distrutto. La mano fasciata da una garza, per i troppi pugni contro al muro si era rotto le nocche delle mani.
" dai Marti, è Gio. Vuole solo sapere come stai. Lo faccio salire?"
Martino annuì, nascondendosi sotto alle coperte fino alla punta dell'ultimo capello.
Sentì la sua voce, e una sensazione di vuoto gli prese lo stomaco.
" Marti, hey. Abbiamo provato tutti a chiamarti, ma hai il cellulare staccato.." entrò e si sedette piano all'angolo del letto. Sapeva quanto Martino fosse delicato, in quei momenti. Lo distruggeva vederlo così, ma ancora di più non poter fare nulla.
" volevo starmene da solo. Avevo bisogno di riflettere Gio." si mise a sedere, levandosi la coperta dal viso, e mostrando le sue condizioni. La voce gli tremava, era rotta dalle lacrime.
" Lo abbiamo immaginato tutti. Mi ha detto che ti ha citofonato 100 volte, ma tu non vuoi vederlo."
" Gio, lo capisci che ha baciato Maddalena? Cazzo, viviamo insieme da 1 anno, pensavo che le cose andassero a gonfie vele, e invece è tornato tutto a quando avevo 17 anni!! Il mio incubo non finirà mai, lo capisci? Dovrò sempre starmene in disparte, a guardarlo sorridere con quella ragazza, che non sarò mai io! L'amore della sua vita non sarò mai io!Cazzo!"
La rabbia prese il controllo di Martino, che davanti all'amico, scoppiò a piangere.
Dentro di se sapeva di doversi mettere in disparte. Erano cresciuti insieme, lei sicuramente lo conosceva meglio di chiunque altro. Come poteva pretendere di conoscerlo meglio di lei, se si conoscevano soltanto da pochi anni? Come poteva essere sostituito da colei che lo conosceva da una vita intera e conosceva i suoi problemi? Sapeva benissimo che doveva lasciarlo andare, ma non ci riusciva. Lo amava, nonostante tutto. Lo amava da impazzire. Ma era sbagliato.
" Almeno fallo spiegare... Non so come siano andate veramente le cose, zì. Io ho visto solo che si baciavano, ma non so nemmeno se Niccolò ha ricambiato, o se si è staccato. Ero in mezzo ad un casino di gente e non ho più visto nulla. Devi parlargli."
" No. È come quella sera, alla festa di Covitti. Non è una coincidenza se questa sia la seconda volta."
Gio gli accarezzò la mano, quella non ferita dai mille pugni contro il muro. Aveva notato le fasciature, ma non ne aveva fatto parola.
" Ti ho portato questo, magari ti tira su il morale."
tirò fuori da una borsa una piccola torta, confezionata in una scatola rosa.
" L'ha preparata Eva per te. È preoccupata. Non è venuta con me perché ora è al lavoro, ma se vuoi vederla, viene. Le manchi, Marti. Manchi a tutti."
Martino abbassò lo sguardo. Aveva abbandonato tutti i suoi amici, per amore. Si era abbandonato alla sua sofferenza, e non aveva pensato alla loro.
" se vuoi, noi per la vigilia di Natale andiamo a Bracciano, se vuoi venire per distrarti un po' c'è sempre posto, lo sai. Ci farebbe piacere, magari stiamo lì a giocare a fifa con un po' di pizza, e parli un po' con noi, mh?"
"Ci penso, grazie. Quest'anno festeggiare il Natale non è proprio nei miei piani."
Gio non rispose, stette solo in silenzio a riflettere per un paio di minuti, e poi lo abbracciò. Un abbraccio vero, sincero. Diceva "io ci sono, sempre".
Poi si staccò, schiarendosi la voce, si asciugò quelle lacrime che piano piano erano uscite, e si alzò dal letto.
"Marti io vado, devo preparare la cena ad Eva che torna tardi dal lavoro. Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiama, sono stato chiaro?"
e lo guardò con quello sguardo comprensivo e amorevole, prima di lasciare quella stanza vuota e tornare alla sua vita.
E Martino si mise sotto alle coperte, sfogando tutta la sua rabbia sul cuscino, finché, preso dalla stanchezza, si lasciò andare in un sonno profondo.

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