Scusa.

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Martino quella notte non riusciva a dormire. Non riusciva a non pensare a nulla che non fosse Lui. Avrebbe tanto voluto ritornare alla sua vecchia vita, a quando Niccolò con le sue carezze riusciva a calmarlo e l'insonnia non lo tormentava più, di notte. Voleva tornare a dormire abbracciato a lui, nel loro letto caldo, immerso tra le sue braccia. Quelle braccia che ormai, erano diventate casa sua. Quella casa che ormai, da più di 1 mese, era lontana da lui. E la sua casa era tornata ad essere quelle 4 mura in cui ha vissuto fin dal primo giorno della sua vita. Quella casa che ha visto tutta la sua vita, in cui ha vissuto tutta la sua adolescenza. La sua stanza ormai era vuota. C'era solo il suo letto, con quel materasso morbido ormai consumato, la stessa coperta e quel suo profumo di pulito. Le mensole erano vuote e piene di polvere.
Quella notte era diventata un incubo, per Martino. La sua testa lo stava tormentando di domande, di pensieri. Di ricordi.
Dove sarà ora? Mi penserà? Perché è di nuovo con lei? Mi ama ancora?
A quelle domande però non sapeva dare risposta. Di certo lui lo amava, anche in quel momento, e lo stava pensando talmente tanto da fargli scoppiare la testa. E piangeva, sdraiato in posizione supina, a fissare quel soffitto bianco e così tanto vicino a lui da fargli credere che lo stesse per schiacciare da un momento all'altro. Si sentiva in trappola. Si sentiva solo. E per una volta, riusciva a capirlo. Riusciva a capire come si sentisse lui nella sua testa. Perché in quel momento, si sentiva esattamente così, senza il suo Niccolò. Si sentiva mancare l'aria. Si sentiva solo. Insignificante. Quasi inutile.
Aveva perfino smesso di andare a lavorare. Aveva smesso di vedere gli amici, i parenti, i colleghi. L'unica persona che vedeva era sua madre, che ogni giorno con amore si prendeva cura di lui, come lui in passato aveva fatto con lei , e gli preparava sempre qualcosa da mangiare, anche se a lui di mangiare non andava proprio.
Ore 05:46.
Aveva pensato tutta la notte, pianto fino a consumarsi gli occhi.
Poi si era alzato, ed era andato alla finestra a fissare l'alba.
Si era seduto sulla sedia, appoggiato con le braccia sul davanzale.
La luce del sole mattutino gli sfiorò gli occhi, che subito si chiusero e la sua mente, finalmente, si rilassò.
Anche attraverso la finestra chiusa riusciva a sentire il calore del sole sulla sua pelle.
Quella sensazione di libertà ed estremo silenzio venne ben presto spenta dal suono del campanello di casa. "Sarà il compagno di mamma che ogni mattina viene a prenderla per portarla al lavoro. " pensò Martino.
E così si alzò, annoiato, e si mise seduto per terra, attaccato alla porta, pronto ad ascoltare il vociare di quei due. Gli piaceva sentire la voce di quell'uomo. Era profonda, ma aveva un suono delicato e gentile. Avrebbe voluto un padre così, nella sua vita. Era un uomo gentile, dolce e premuroso. E amava sua madre come poche persone al mondo sapevano fare. La amava nello stesso modo in cui lui amava Niccolò. Ed era felice nel vedere sua madre finalmente serena con un uomo al suo fianco.
Pensò di andare a salutarlo. Sentì il portone aprirsi, ma la voce non era quella di Davide. (così si chiamava il compagno di sua madre)
Quella voce era familiare...
Niccolò.
Cazzo.
Rimase attaccato alla porta, in silenzio, cercando di ascoltare la conversazione. Quella voce gli era mancata, terribilmente.
Lo sentì salutare sua madre, e chiedere subito di lui.
"Martino dorme?"
" Non lo so. Non sono ancora andata a salutarlo stamani."
"Come sta?"
" Non sta bene. Dovreste parlare, ma lui è testardo, e non vuole vederti. Ho cercato di farlo ragionare ma ha le sue idee."
" Lo so.. È Martino. Posso vederlo?"
"Finché non mi autorizza, meglio di no, Ní. Mi dispiace..."
"Allora questa gliela lascio sotto la sua porta."
Martino sentì i suoi passi sul pavimento dirigersi verso di lui. Il suo cuore cominciò a battere forte. Il cuore gli si mozzó in gola. Riuscì a sentire il suo respiro. D'istinto, mise la mano attaccata alla porta, e sentì dall'altra parte la stessa cosa. Per un momento, gli sembrò che le loro mani si toccassero.
"Parlami, Marti, ti prego." sussurrò Niccolò, con la voce strozzata dalle lacrime che non esitarono a scendere sulle sue guance.
Martino rimase zitto e immobile.
Vide un foglio piegato passare sotto la fessura della porta, e successivamente sentì Niccolò andarsene, salutare sua madre, e chiudersi la porta dietro.
Martino tirò un sospiro, e raccolse il foglio.
Lo aprì.
Il suo cuore gli stava esplodendo nel petto.
Chiuse gli occhi, respirò, e cominciò a leggere quella lettera.

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