Testa o cuore?

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Quella notte Martino si ritrovò per l'ennesima volta dentro quel terribile vortice dei sogni. Si era svegliato nel cuore della notte, sudato, emettendo involontariamente un sospiro che fu subito smorzato dalla sua mano che di scatto si era mossa per tappargli la bocca. Lo aveva sognato. Aveva sognato ancora Niccolò. Quella testa non smetteva un secondo di pensarlo. Non gli dava pace, nemmeno durante una di quelle rare notti in cui riusciva a prendere sonno, con gli occhi consumati dalle lacrime e la testa piena di pensieri, dolorante e pronta a scoppiargli da un momento all'altro. Ma lui non voleva sognarlo. Lui voleva dimenticarlo, voleva andare avanti. Sapeva che il suo destino era quello di stare con Maddalena, che curasse la sua malattia molto meglio di quanto avesse fatto Martino in quegli anni. Di certo la laurea in Medicina non la danno ai principianti come lui, che sapeva poco e nulla sul suo disturbo, se non quelle poche informazioni che aveva raggruppato negli anni accompagnandolo periodicamente dal dottore. Si era caricato sulle spalle il suo disturbo, le sue visite dal dottore, gli appuntamenti periodici in ospedale per i controlli, le spese delle medicine, tutto senza esitare. Perché lo amava.
In quelle settimane aveva provato a dimenticare tutto, a strapparselo dal cuore. Ogni giorno ci provava, ma falliva. E anche quella notte, arrivò l'ennesimo fallimento.
Vedere un futuro pieno di amore senza nessun ostacolo non può che essere un sogno. Ma perché continuava a sognarlo? Forse perché la sua testa era ancora colma di lui. O perché il suo cuore batteva ancora per quel nome. Forse perché la pelle ancora rabbrividiva al suo tocco.
Perché le loro anime erano ancora indistruttibilmente incatenate. Forse perché ancora la sua testa lo bramava, lo desiderava. E il suo cuore lo amava. Perché senza di lui la vita era diversa. Non era la sua vita.
E ancora una volta il cuore e la testa facevano lotta tra loro.
Ma chi ascoltare, la testa o il cuore?
La testa, così testarda ma ragionevole, suggeriva di lasciarlo andare.
Dopo un tradimento, non si può rimanere lì, immobili, ad aspettare che l'altro scelga te. Non si può fare finta di nulla, fingendo di stare bene e andare avanti, e magari ricevere l'ennesimo tradimento, un'altra volta.
Il cuore, invece, era innamorato. Innamorato di quegli occhi, che ogni sera lo guardavano intensamente prima di andare a dormire; innamorato di quel corpo, che si univa perfettamente al suo mentre facevano l'amore; innamorato di quelle labbra, soffici e calde, che a contatto con le sue, in ogni singolo bacio, facevano scintille; innamorato di quelle mani, calde e morbide, che si incastravano benissimo tra le sue, sempre fredde; innamorato di Niccolò, di ogni sua sfumatura, di ogni suo strato.
Il suo cuore non voleva arrendersi alla depressione. Voleva lottare. Doveva lottare. Voleva sapere. Voleva, anzi doveva scoprire perché Maddalena lo avesse di nuovo portato via. Voleva sapere perché lo avesse di nuovo baciato. Sapere se lui avesse ricambiato quel bacio, con atteggiamento passivo e rassegnato. Se l'alcol gli avesse fatto perdere la concezione della realtà, e lo avesse fatto tornare ai vecchi tempi. Oppure se si fosse opposto, pensando al suo fidanzato e alla sua vita con lui.
Ma tutte queste cose, che da settimane gli riempivano la testa ogni giorno, che non lo facevano dormire, erano contrastanti alla sua sofferenza. Lui soffriva. Il suo cuore in quel momento era un ammasso di coriandoli.
Ogni sera si addormentava piangendo, su quel cuscino consumato. Ogni giorno se ne stava lì, rinchiuso dentro quelle quattro mura, sdraiato su quel letto usurato dagli anni. Non usciva, non mangiava, non parlava con nessuno. Nemmeno con i suoi amici.
Non voleva vivere senza di lui, ma allo stesso tempo non voleva soffrire.
Non voleva più vivere con la paura che in una serata qualunque, tutto fosse rovinato. Quella notizia era arrivata come un tornado, come un terremoto, e aveva rotto tutto. Aveva rotto il suo cuore, i loro progetti, il loro amore, il loro futuro.
E così, schiacciato da quei pensieri, cominciò a piangere. Un pianto liberatorio. Coprì le sue urla rotte e disperate contro il cuscino. Lo prese a pugni, lo lanciò per terra. Ma poi lo abbracciò. Lo abbracciò forte, chiuse gli occhi, e per un attimo smise di piangere. Pensò che quel cuscino morbido e pulito fosse il corpo di Niccolò. Il suo Niccolò. Il suo fidanzato.
Pensò a tutte quelle sere passate abbracciati sul divano guardando film, a quelle vaschette di gelato in piena notte rubate all' ultimo minuto nell'alimentari che faceva orario continuato sotto casa loro, che sembrava fosse aperto solo per loro. Pensò ai giorni del trasloco, insieme a Filippo. Quante risate che si erano fatti, insieme. Pensò alle dita di Niccolò sul pianoforte che suonavano una canzone per lui. Aveva deciso di comporre canzoni solo per Martino. Perché lo considerava la sua musa ispiratrice. Quel quaderno, pieno di canzoni... Quella casa, piena di loro due. Piena del loro amore.
E piano piano, quei pensieri dolci e tranquilli lo guidarono verso un sonno profondo, con il viso rigato dalle lacrime, il petto sudato, e la sua testa terribilmente incasinata.
Quella testa che, da anni, urlava un solo nome: Niccolò.

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