5. And every color illuminates

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In quei giorni ero più tranquilla, la polizia non era venuta a farci visita, si era convinta del fatto che noi non potessimo sapere niente di una persona che era rimasta una sconosciuta per praticamente diciassette anni della mia vita. Quando mia madre con paura di sapere la risposta mi chiese dove fossi stata quella notte stavo per dire "ero con Edoardo" proprio come lui mi aveva detto. Poi ragionai, nessuno doveva sapere che quella notte eravamo stati insieme, sarebbe stato strano e avrebbe destato sospetto dato che non avevo mai parlato a mia madre di lui. Dissi che feci una delle mie solite passeggiate notturne, dopo cena mi piace sempre mettere la musica alle cuffie e camminare per il quartiere immaginando la vita delle persone delle case che supero di volta in volta.
«Chi è allora quel ragazzo che è venuto a trovarti quel giorno?» mi chiese quella sera mia madre a tavola.
Un pugno allo stomaco mi impedì di rispondere subito.
«È un mio compagno di scuola, ho un progetto con lui per la settimana prossima» risposi d'istinto.
«Ma non è quello stesso ragazzo che piace a Silvia?» eh sì, perché in tutto questo casino Edoardo piaceva anche ad una delle mie migliori amiche. Io ero costretta a fingere di non conoscere l'amore della sua vita ma a mia madre dovevo mentire dicendo che studiavo con lui. Sapevo che non sarebbe finita bene.
«Sì, ma' e te ne sarei grata se non dicessi di questa cosa perché sappiamo entrambe quanto è pazza Silvia» rise un po' e mi diede ragione.
Dopo cena, sgattaiolai fuori casa con le mie cuffie e la mia musica che mi faceva compagnia. Avevo bisogno di tempo per rassettare i pensieri, era tutto troppo complicato ed era ovvio che ogni cosa si sarebbe rivoltata contro di me. Me lo meritavo.
Il fatto che la polizia non venisse più a farmi domande strane non era un grande sollievo, ero costretta a mentire su tutto: alle mie amiche non potevo dire di conoscere Edoardo, non potevo dire che avevo trovato mio padre e che l'uomo del famoso incendio di cui si parlava tanto era proprio lui. Che io ero lì, che Edoardo era lì. Ma non potevamo dire perché.
«Che fai tutta sola?» la sua voce. Era proprio dietro di me. Istintivamente mi sentii sollevata. Forse semplicemente perché era l'unico che sapeva la verità, con cui non avrei dovuto mentire. Ma allo stesso tempo facevamo entrambi parte della stessa bugia.
«Una passeggiata, ascolto della musica» mi tolsi una cuffietta.
«Vieni con me» mi prese per mano e mi trascinò con lui, mi lasciai portare via senza porre alcuna opposizione.
Dopo qualche passo a piedi accompagnato da un lungo e calmo silenzio, arrivammo di fronte a una villa abbandonata.
«Edoardo? Sei impazzito? È violazione di domicilio!»
Lui mi guardò e sorrise.
«Non lo è se è tua!» mi prese nuovamente per mano e mi aiutò a scavalcare il muretto che separava la villa dalla strada.
Non mi lasciò neanche per un secondo e mi fece sedere negli scalini di una piscina ormai vuota e trascurata. Era tutto così decadente ma era anche tutto così bello. Forse perché somigliava un po' alla mia vita.
«Allora? Che te ne pare della casa del tuo fidanzato?» mi chiese allargando le braccia.
«Bellissima casa, un po' meno il fidanzato».
«Ma come? Tua madre non è fiera di me?»
«Lei non sa di te. Non pensi sarebbe stato un po' strano che di punto in bianco io e te fossimo fidanzati e quella notte avessimo avuto un appuntamento?»
Lui ci pensò un po' e aggrottò la fronte.
«Io non voglio fingere di non conoscerti» disse poi interrompendo il silenzio.
«Scusa? Tu stesso avevi detto che dovevamo essere degli estranei a scuola. Mi sembra la cosa migliore» risposi con tono tranquillo.
«Ok, ma pensaci un attimo», si alzò in piedi e cominciò a camminare per il fondale della piscina, «non c'è niente che ricolleghi me e te a quella notte quindi imporci di essere degli estranei è un po' controproducente, non serve a niente. La cosa importante è semplicemente non dire che eravamo insieme quella notte. Per il resto, comunque tua madre mi ha visto e sa di me e secondo me non c'è nulla di male se un giorno poi...» e si interruppe. Come sempre quando comincia a parlare a raffica.
«Certo, possiamo essere amici» continuai io per lui la frase.
«Amici» ripetè.
«Così magari ti posso presentare a Silvia, sarebbe perfetto! Lei smetterebbe di parlare di te 24h su 24 e sareste la coppia più bella del mondo e...» mi fermai perché ormai neanche mi stava ascoltando più.
«Se io ho voglia di fare una cosa adesso, posso farla?» mi chiese dopo un po'.
«Dipende cosa. Cosa?»
«Rispondi, posso farla?»
«Non lo so, Edoardo» risposi fredda.
Mi fa paura quando si comporta così, come se si estraesse dal mondo reale e cercasse rifugio altrove.
«Quanto cazzo è bello quando dici il mio nome» disse toccandosi i capelli come se stesse impazzendo.
Non risposi nulla.
«Ridillo»
«Eh? Ma cosa dovrei ridire?» stava cominciando a perdere colpi.
«Ridici il mio nome» era così fragile il suo tono, non sembrava più lui.
«Edoardo» dissi nel modo più normale possibile.
Lui si avvicinò velocemente a me, mi tolse i capelli dal viso e mi baciò con tutta la forza che aveva in corpo, quasi aspettasse questo momento da una vita. La mia di vita, invece, sembrava trovare pace esattamente tra le sue labbra. Tutto improvvisamente ebbe un senso.
«Mai più, Eleonora, non dobbiamo avere mai più paura».

SAY MY NAMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora