27. Come un boia

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Maya era una ragazza coraggiosa, ma davanti a Ashton si sentiva come un granello di sabbia rispetto alla spiaggia rovente.
Lei era nulla.
Impotente, debole, in pericolo.
Lo odiava ma non poteva farci nulla.
"Ti sono mancato?"
Sentiva solo la sua voce, morbida, sensuale e persuasiva. Lei non voleva rispondere ma quel suono era troppo irresistibile, desiderava una risposta e Maya non poteva fare altro che accontentarlo.
"No...devi lasciarmi in pace..."
Lo disse con un filo di voce, era in bilico tra l'urlare ed il mettersi a piangere in modo disperato.
Però doveva essere forte, si doveva esserlo altrimenti non sarebbe stata più nulla.
"Ah, ti prego!"
Non vedeva nulla eppure immaginava il volto di Ashton, la sua espressione, persino la sua postura.
L'uomo la stava sicuramente guardando, la stava immaginando nei panni di una delle sue vittime.
Ashton era concentrato sulle gambe di Maya, snelle e bianche. Sembravano appartenere ad una bambola, la sua bambola.
"Maya, devi fare una cosa per me..."
Dopo quella frase ci fu una breve pausa, e fu così che la mente della ragazza attraverso gli scenari più strani e pericolosi.
Forse voleva ucciderla?
Forse voleva tenerla prigioniera?
Forse voleva divertirsi con lei?
Si sentiva carne da macello. Ignara del suo destino.
Il suo respiro si fece affannoso, le sembrava di soffocare. Voleva scappare via, magari anche in un altro paese tutto per non rivivere più quel momento.
Avrebbe fatto di tutto per fuggire da lì, ma Ashton non glielo avrebbe lasciato fare.
Lui era irresistibile.
"Ho bisogno di nuovo della tua bellissima voce..."
"No...ti prego...lasciami andare..."
Disse Maya piagnucolando. Mirava a colpire la sensibilità del suo rapitore, ma ovviamente la cosa non scandalizzò il giovane. Lui ne aveva viste tante di lacrime.
Oh quante urla strazianti,
Quante preghiere aveva sentito negli ultimi anni,
Ma il cuore di Ashton era come un labirinto senza uscita e pieno di trappole.
Quelle lacrime e quei lamenti entravano sì, ma non ne uscivano più ed Ashton finiva per ignorarle.
Quel ragazzo non aveva incubi o rimpianti.
Era una persona qualunque, con un obbiettivo fuori dal comune.
"Andiamo...non mi dire che devo convincerti?"
Cosa intendeva per "convincerti" Maya lo sapeva bene, ma sapeva anche che ormai John non c'era più.
L'avrebbe minacciata lui, e non si sarebbe riuscito a controllare.
Era una questione di vita o di morte, e Maya non voleva morire così.
"No no...lo farò..."
"Bene."
La ragazza sentì qualcosa avvicinarsi piano, poi vide finalmente una luce.
Ashton le aveva tolto la benda che le copriva gli occhi, adesso poteva finalmente guardare i suoi bellissimi occhi.
"Stai bene?" Chiese l'assassino
Ma Maya non rispose, era strano sentirselo dire proprio dalla causa del suo malessere.
Ashton era un bel ragazzo, ma con un lato oscuro.
Il mostro prese un telefono, un vecchio modello.
Maya iniziò a guardarsi intorno e dopo pochi minuti riconobbe il posto. Si trovavano nello scantinato in cui era stata rinchiusa per alcuni giorni, proprio lì su quella sedia era iniziato l'incubo.
Ashton compose un numero e poi avvicinò il telefono all'orecchio della ragazza.
"Che devo dire?.."
Chiese Maya perplessa tirando su con il naso.
"Chiedi di Dylan Jackson, che venga dove tutto è iniziato..."
"Non capisco..." Disse la ragazza piano
La chiamata suonava libera.
"Non serve capire, tu devi solo parlare. Ripeti ciò che ti dico e non ti farò del male."
Maya annuí, Ashton sembrava sincero.
Ma quanto può esserlo uno che ha passato un'intera vita a mentire?

Jefferson era appena arrivato alla Cantina, entrò come un terremoto nella stanza della squadra quattro. Tutti i suoi componenti erano riuniti lì in attesa di un qualche riscontro da parte della giovane rapita.
"Page! Jackson! Ho bisogno di voi!"
"Che succede?" Chiese Dylan alzandosi da quello scomodo divano in pelle.
"Ha preso Maya, e vuole te.." rispose Axel al suo giovane collega.
Page era stanco, non capiva perché quel mostro desiderava così ardentemente Dylan. Che cosa era successo? Cosa si scatenava nel suo animo? Che cosa gli suscitava il giovane detective?
Jackson non era sconvolto, nemmeno spaventato. Non aveva più paura dell'assassino.
Ashton Octavius Hall era umano, respirava, mangiava, sanguinava e poteva perfino morire se colpito a dovere.
Adesso quell'uomo non era più un fantasma.
"Come possiamo trovarli?" Chiese Dylan mentre si infilava la giacca.
"Non ha lasciato nessun messaggio, solo questa scritta.."
Detto questo Axel Jefferson mostrò la foto dello specchio al giovane che però sembrava disinteressato.
"Se vuole me perché ha rapito di nuovo quella ragazza?"
Non aveva bisogno di una risposta...
La sua voce.
"Forse ho capito..."
Il silenzio che si era creato venne rotto dalla suoneria di un telefono, quello del detective Jackson.
Tutti gli sguardi si spostarono su Jasper, che prese il cellulare in mano.
Non c'era alcun nome, nemmeno un numero.
"SCONOSCIUTO"
Rispondere o no?
Poteva essere Ashton come poteva anche essere un semplice scherzo.
Ma se Dylan aveva ben capito il suo gioco quello era proprio l'assassino.
Jackson guardò prima Page, poi Bennet e Morrison.
I suoi colleghi.
Poteva non rivederli più.
"..."
"Dylan..."
Una voce femminile.
"Maya! Stai bene?"
Jefferson sentì il nome della ragazza, alzò la testa e fissò Jackson. I loro sguardi si incastrarono.
Axel annuì.
"Dylan, vuoi salvare la ragazza..?"
La voce sembrava sicura e sincera, Maya aveva paura ma stava cercando di controllare alle sue emozioni.
"Sì"
Al telefono Jackson sentiva solo respiri.
Intorno a lui c'era solo silenzio, riusciva quasi a sentire il battito del suo cuore. Tutti erano sulle spine.
"Vieni dove tutto è iniziato...dove tu sai...so che tu lo sai giovane Dylan...solo tu puoi salvare Maya"
La mente di Dylan iniziò a viaggiare per tutti i luoghi che aveva visto ed in cui era stato durante le indagini.
Dove tutto era iniziato...
"Che cosa vuoi da me?" Chiese cercando di rimanere il più tempo possibile al telefono con la giovane ragazza, doveva sapere se stava bene.
"Addio Dylan...salutami tutti.."
"Addio Ashton."
La linea cadde, dall'altra parte solo silenzio.
Tutti fissavano Jasper.
Ashton voleva solo lui però, non poteva coinvolgere tutti gli altri.
Doveva fare qualcosa da solo dopo tanto tempo.
Doveva tornare a quando aveva quattordici anni, nella foresta con solo una pistola a portata di mano.
"Allora?" Chiesero Morrison e Page in coro.
"Vuole me"
"Non puoi andare da solo! Non te lo permetterò!" Urlò Page avvicinandosi al viso del giovane detective.
"Lo so che non me lo permetterai mai Page, ma non posso lasciare che altri finiscano nel baratro al mio posto. Ho smesso di essere un bambino tanto tempo fa, forse non lo sono mai stato. Mi dispiace per tutto quello che ho fatto passare a te e al resto della squadra, ma per una volta voglio fare una cosa da solo senza dover essere costretto. Mi sento pronto ad affrontare i miei demoni, mi sento pronto ad aiutare il prossimo. Tornerò con Maya ed Ashton, ve lo prometto."
Page si trattenne dall'afferrare il giovane Dylan. Per la prima volta si era aperto e sembrava davvero sincero, Rick era in bilico tra due decisioni: lasciarlo andare oppure rischiare la morte di una vittima innocente.
In entrambi i casi avrebbe perso.
Nel primo un figlio, nel secondo un assassino ed una ragazzina.
Suo figlio sì, quello era Dylan Jasper Jackson o almeno Page lo considerava come tale.
"Dylan, rispetto la tua decisione e non ho intenzione di fermarti; ma devo chiederti una cosa, posso venire con te?" Chiese con parole gentili avvicinandosi al ragazzo. Gli posò una mano sulla spalla come quando ridevano insieme del vecchio Morrison. Bei tempi quelli.
Dylan alzò lo sguardo ancora stravolto, sfiorò la mano di Page e poi lo abbracciò forte.
Un calore strano riempì il cuore di Jackson, era qualcosa che non aveva mai provato prima.
Qualcosa che per lui era indescrivibile.
"D'accordo.."
"Morrison, tu ci seguirai a distanza insieme a Jefferson. Bennet, rintraccia Holt digli di mandare dei rinforzi al..." Rick aveva iniziato a fare le direttive senza però sapere dove stavano andando.
"Si trovano nella vecchia casa di Doug McNulty, è da lì che tutto è cominciato con Maya." Disse Dylan rispondendo allo sguardo assetato del suo superiore.
Tutti si attivarono.
Jackson si mise la fondina della sua Glock intono alle spalle, sistemò la camicia e poi si infilò la giacca. Non indossò la cravatta per il semplice fatto che non voleva sentirsi più stretto di quanto lo era già. Dylan aveva l'impressione di avere un cappio intorno al collo, si sentiva come un condannato a morte che non aspetta altro che l'ultimo gesto del boia.
Fece un cenno a Page e corsero via per andare in macchina, seguiti da Morrison e Jefferson.
Bennet intanto chiamò Holt.
"Detective dove si trova?"
"La mia squadra ed io stiamo tornando al Bureau, che succede?"
"Deve prestare supporto ai detective Jackson, Jefferson, Page e Morrison."
"Dove si trovano?" Rispose Holt stringendo sempre di più il volante della sua auto tra le mani.
"Le invio l'indirizzo"
Bennet agganciò e poi si collegò con Morrison attraverso l'auricolare.
Tutto era pronto, Jackson e Page erano in dirittura d'arrivo mentre gli altri due li seguivano tenendosi a distanza.

Io avevo chiesto solo te, D.

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