Verde, come il pavimento del corridoio

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La prima cosa che ricordo del risveglio è l'orribile gusto in bocca: qualcosa di amaro, ma acido al tempo stesso.
Qualcosa di piccante. Molto piccante. Talmente piccante che la mia lingua sembrava esplodere.

Ricordo anche il buio, il buio più totale.
Ne avevo paura, anche se odio ammetterlo.
Mi ricordo che la cosa peggiore era che per quanto ci provassi non riuscissi ad aprire gli occhi. Le tenebre continuavano ad avvolgermi.
Una sensazione orribile.

Mi dispiace per quel ragazzo disteso sul pavimento, ora si sta svegliando da quel che gli sembrerà il suo peggior incubo: sta vivendo la mia stessa sensazione di due anni fa.
È dura non poterlo aiutare ad alzarsi e rasserenarlo per un poco. Vorrei potergli spiegare che al suono della campanella deve correre se tiene alla sua esistenza.

Invece me ne resto qui, sdraiata in un condotto aerostatico, senza poter fare nulla.
Cercando di dimenticare la mia stessa esistenza.
Qui non posso essere la protagonista della mia vita. Posso solo osservarne altre.
Mi sento come un narratore onnisciente delle vecchie fiabe.

Un ragazzo castano riccioluto gli si avvicina dicendo semplicemente: «Tutto bene?»
Quello sdraiato sul pavimento apre gli occhi di scatto, ma la sua vista è appannata. Ansima cercando di respirare il più ossigeno possibile, poi gradualmente inizia a calmarsi, il suo respiro si fa più regolare e riprende possesso della sua vista.

Osserva la sua posizione, confuso.
Si trova in un lungo corridoio su un freddo pavimento lucido di colore verde in mezzo ad anonime pareti scure, interrotte di tanto in tanto da porte in legno.

Chiede: «Dove mi trovo?»
L'altro risponde semplicemente: «In un posto orribile.»
Il ragazzo a terra apre la bocca, come per chiedere al suo interlocutore spiegazioni, ma non gli viene in mente niente perció si limita ad alzarsi esclamando semplicemente: «Mi chiamo Mattia. Tu?»

«Luca. Avrei dovuto dirlo prima, scusami. Ti porto subito a fare un giro turistico della pseudo-scuola.»

Mattia lo osserva confuso, non può immaginare neanche lontanamente in che situazione si trova.
Dice incerto: «Non capisco perché mi trovo qui. Sono già iscritto a una scuola e non mi ricordo di essere venuto in questo posto... Stavo tornando dagli allenamenti di atletica e mi sono ritrovato qua. Supponevo di essere caduto e di trovarmi in ospedale... Invece no...Perché mi trovo in una scuola?»

L'altro gli risponde: «É difficile da spiegare... Hai detto che fai atletica, giusto?»
«Sì»
«E sei abbastanza bravo?»
«Beh sì»
«Allora sarai facilitato.»
«Per cosa?»

Luca emette un grande sospiro prima di rispondere: «È difficile da spiegare, probabilmente non mi crederesti. L'unica cosa che devi sapere è che al suono della campana devi correre il più velocemente possibile. Fai di tutto per non arrivare ultimo.»

Mattia guarda il compagno ancora più confuso, limitandosi a fare cenno con la testa aggiungendo poi scherzosamente: «Ho un po' fame, c'è una mensa in questa pseudo-scuola?»

In effetti ho fame anch'io. Vorrei estrarre dallo zaino un sandwich gigantesco farcito di speck, brie e gorgonzola. Invece, visto che passo le mie giornate immobile, devo mangiare il minimo indispensabile per non farmi brontolare lo stomaco: non posso far rumore, mi scoprirebbero. Quindi questa misera barretta con frutti e semi mollicci andrà benissimo. Mentre chiedo scusa alle mie papille gustative per quello che sto per ingurgitare mantengo l'attenzione sui due.

Luca sta guardando l'orologio preoccupato, senza badare alla richiesta di Mattia: è quasi ora ed è ben consapevole che deve andare a riscaldarsi. Mattia gli sembra simpatico, vorrebbe fermarsi a parlare, ma il desiderio di sopravvivenza, come in qualsiasi specie, ha la meglio.
Mattia anche se sembra simpatico ora è solo un "pacco", qualcosa da scaricare, e Luca conosce la persona giusta.
Conosce una matta che apparentemente non sceglierebbe la vita.
Così riguarda l'orologio, questa volta in modo più plateale ed esclama: «Oh, scusami tanto, sono in ritardo, avevo promesso a un mio amico che lo avrei aiutato...»
È decisamente un pessimo attore.

Mattia è ancora troppo stordito dal risveglio per rendersi conto che quella è solo una scusa, dice: «Certo, non ti preoccupare, esploro la zona da solo...» Luca lo interrompe: «Mannó qualcuno ti dovrà pur spiegare dove ti trovi, vieni.»

Attraversano due corridoi, apparentemente identici, solo con dei numeri scritti su ogni porta. Al numero 43, Luca si ferma, dice soltanto: «Ok, entra qui, il resto te lo spiegherà lei» detto questo gli dà una patta sulla spalla e se ne va.
Mattia, un po' confuso e spaurito, bussa tre volte.
Nessuno risponde.
Decide comunque di entrare.

Lei è seduta sul davanzale, sul ciglio precisamente.
Mattia non sa quanto sia alto il palazzo, sta per avvicinarsi e controllare ma è lei a rispondergli:
«Siamo al quinto piano, di dieci.»
Ha una voce fredda, distaccata, non si volta neppure a osservare il suo interlocutore. La stanza è piccola, ci saranno circa cinque metri di distanza tra i due, le pareti sono scure, la finestra nuova, il pavimento verde. La stanza ha pochi oggetti, c'è solo una scrivania, una ciclette, un tapis roullant e una piccola libreria.
È di nuovo lei a parlare: «Chiudi pure la porta, ti chiami?»

«Mattia» mormora lui, in palese soggezione.
«Diana» risponde ad alta voce lei con tono ancora più freddo. Detto questo scende dalla finestra con nonchalance scrutando il soffitto, verde pure quello.

Diana ha dei capelli scuri, lisci. La lunga frangia le copre gran parte degli occhi, si fatica a capire di che colore siano.
Annuncia: «È ora».

Mattia non ci sta capendo più nulla.
Chiede: «Ora di cosa?»
«Dell'esecuzione. Probabilmente nessuno si sarà preso la briga di spiegarti che sia, d'altronde penso non abbia senso farlo. Lo capirai da solo. Sappi solo che al suono della campana dovrai correre il piú velocemente possibile. Non devi arrivare per nulla al mondo ultimo.» 
Il tono di voce di Diana è passato da freddo ad asciutto. Se n'è accorto anche Mattia e sembra quasi contento della cosa. Anche se la frase detta da Diana è la stessa di quella di Luca.

Diana, con contatto visivo inesistente, fa cenno a Mattia di dirigersi fuori dalla stanza. Poi fa un sorrisetto e chiede: «Ti ritieni una persona con molto coraggio?»
Mattia la fissa con sguardo interlocutorio:
«Non sono di certo un fifone.»
«Io voglio una risposta decisa.»
«Non penso, non ho mai avuto situazioni per testarlo».

Diana resta zitta per un po', successivamente dice :«Beh, non mi era mai arrivata una risposta simile. Vediamo come te la caverai...»


Spazio autrice
Hey sono tornata con una nuova storia!
Spero tantissimo che questo primo capitolo vi abbia incuriosito e che vi faccia venire voglia di aggiungere la storia alla libreria ^^

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