Verde, come la penna con cui Diana ha scritto i cartelli.

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Mercoledì. Era il giorno della settimana che sopportavo con più facilità. Le esecuzioni innanzitutto sono all'aperto, in un campo di atletica, di resistenza.
Trovavo più facile arrivare al traguardo perché spesso chi si rendeva conto di essere tra gli ultimi era bloccato dalla paura. Bastava avere sangue freddo per sopravvivere e la cosa mi comodava molto visto che ero, anzi sono abbastanza lenta.
Anche le torture mi sembravano più affrontabili. O forse era una mia impressione...Fatto sta che se la sorte mi avesse voluta morta avrei desiderato almeno lasciare questa fottutissima vita di mercoledì.

Appena arrivata qui ero convinta che prima o poi avremmo dovuto affrontare un'esecuzione all'aperto durante un temporale. Invece non vedo una goccia di pioggia da cinque anni.
Com'è possibile?

Sono tanti i misteri di questo luogo: per esempio la pseudo-scuola è sempre pulita.
Ci sono robot di tutti i tipi che dalle due alle tre di pomeriggio puliscono ogni angolo al millimetro. 

Nei miei primi giorni mi chiedevo dove andassero quando finiscono il loro lavoro, per elaborare un piano di fuga.

Ebbene anche loro vanno nel mio stesso condotto aereostatico. Ci sono delle prese ovunque, si ricaricano le batterie tra le cinque e le sette del mattino. Poi "si ritirano" in una specie di stanza nel soffitto.
In quelle ore scendo giù e dormo quel che riesco.

Ogni giorno, anche se per me il rischio di morire scoperta da un robot rispetto che durante un'esecuzione è minore, ho il terrore che l'orario di ricarica cambi e che finisca tutto.

Un'altro mistero è il tecnico: un omaccione sulla quarantina dall'aria semplice, con degli occhi verdissimi, e solo qualche capello. Secondo me tanta è inesistente la sua cultura che neanche sa scrivere. Ha l'aria di essere una buona persona e, in questo ambiente stona.
Non ho mai capito la sua relazione con questo posto, l'unica opzione possibile è che sia di proprietà di Lui. Altrimenti non ho idea di come possa essere finito qui.

Controlla i robot, serve alla mensa e nel weekend lo si vede controllare che tutti i versamenti con i punti avvengano nel modo più corretto.
Ah e ha un debole per Jennie.

Una volta due ragazzi lo hanno colto di sorpresa per picchiarlo.
In una frazione di secondo sono stati colti da una scossa elettrica fortissima che li ha fatti morire sul colpo.
Non so dire se il tecnico era più spaventato del fatto che stavano per menarlo a sangue o della scossa elettrica che ha ucciso quei due.

Era orribile la loro ultima espressione sul volto: un ghigno malefico di soddisfazione e gli occhi spalancati, con un luccichio inquietante.

La scossa elettrica era la stessa che ti coglie se non ti presenti a un esecuzione.
Non so perché su di me non abbia funzionato.
Forse perché dove mi nascondo ci sono molti oggetti elettronici e la scossa non può colpirmi perché si verificherebbe un cortocircuito?

Questa mattina quelli "di sotto" stanno cercando di risolvere un'altro mistero di questo posto.

«Ne hai ancora per molto? Ho fame, voglio far colazione!» Chiede Melissa, impaziente.

«E allora andate a farla! Nessuno vi ha chiesto di continuare a fissarmi mentre lavoro!» sbotta Samuele, anche se di lui si riconosce ben poco. Indossa una tuta da astronauta e degli occhiali di vetro. Ha perfino il casco.
Si è giustificato dicendo: «La prudenza non è mai troppa...»

«Io rimango qui, tanto non ho fame. In più só essere invisibile. » mormora Diana, marcando su "invisibile"

A questa affermazione Melissa, Jennie ed Elia si voltano sorpresi.

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