La famiglia felice Pt.1

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Che odio la paura vero, abbiamo paura di cose stupide come le bambole, i clown, i fantasmi e i demoni. Le prime esistono, ma non servono per fare paura, servirebbero per divertire no? Perché ci spaventano? Invece i demoni non lo capisco neanche io perché li temiamo, non esistono no? Non dovremmo avere paura di cose più concrete? Forse abbiamo paura dei clown o delle bambole perché, anche se innocue, sono cose che ci sono molto vicine, cose che vediamo nella quotidianità. Però sapete cos'è una cosa di cui non si ha mai paura? I propri genitori. Questo lo negherebbe però Charlie Peterson, una ragazza di nove anni, sfuggita dal vero inferno. Tutto cominciò quando aveva solo otto anni, quella sera primaverile del 1983 lei stava giocando con la sua barbie preferita, era magnifica, la solita faccia della famosa bambola, ma di insolito aveva il vestito, era argentato, rifletteva così tanto la luce che se qualcuno la fissava per troppo tempo probabilmente ne usciva con qualche grado della vista in meno. Era amata da Charlie non solo per la sua bellezza, ma per il ricordo che aveva di quest'ultima, la chiese per molto tempo al tanto amato papà, si chiamava Oscar Peterson, si poteva definire il classico uomo d'oro: simpatico, affascinante, tonico, carismatico, un ottimo oratore e di successo. Charlie lo stimava molto, la madre, la quale si chiamava Jenna Evans, anche era stimabile: Generosa, empatica, simpatica, dolce, di una bellezza rara, fisico da modella. Molti dicevano che Charlie sarebbe diventata la classica bella ragazza che le altre odiano, ma era difficile odiare una ragazza dolce e sincera come Charlie; insomma, il classico esempio di famiglia perfetta, quella che quando le vedi passare per strada sorridi perché sprigionano emozioni positive. E allora perché Charlie dovrebbe avere paura dei propri genitori? Vi chiederete voi, beh non è tutt'oro quel che luccica. Torniamo a quella sera del 1983. Quella sera il padre tornò a casa, ma era strano, più freddo, parlare con lui sarebbe stato inutile, era come parlare con un muro. Charlie gli fece vedere un disegno che gli aveva fatto a scuola, il padre lo guardò per qualche secondo senza dire e fare nulla, la bambina lo guardava con aria speranzosa, voleva vedere se a lui piacesse, ma non aveva molti dubbi, amava il suo modo di disegnare. Continuava a fissalo con indifferenza, dopo poco, anche se per Charlie fu un'eternità, lo strappò, come fosse uno scarabocchio da gettare. Charlie fissò con uno sguardo distrutto il padre che continuava a strappare e accartocciare quel disegno che Charlie aveva fatto solo per lui, ci mise impegno, fatica e tempo, tutto buttato, la bimba cominciò ad urlare e piangere "Le braccia, me le hai fatte troppo lunghe", disse in tono gelido allontanandosi per andare in camera lasciando la figlia in lacrime di fronte al divano mentre raccoglieva ciò che era rimasto del suo disegno. Le urla fecero allarmare Jenna che corse preoccupata in salotto dalla cucina. Guardò la scena ansimando, vide la figlia in lacrime inginocchiata per terra, avvicinandosi vide i pezzi di disegno sotto di lei "Cosa è successo qui?!" Le urla e il pianto di Charlie le risposero, dal piano di sopra il padre urlò "Vi volete stare zitte?! Non sento la TV!". Jenna guardò con disgusto il piano di sopra, ma subito dopo il suo sguardo tornò su Charlie, si accovacciò e disse alla figlia "Cosa è successo?" Charlie raccontò tutto, la madre era un po' incredula, conosceva bene il marito, non era capace di qualcosa di così brutto, "Sei sicura di non aver tralasciato nulla? Non mi arrabbio" "No mamma, ti ho raccontato tutto, non gli ho fatto nulla di brutto". Jenna sapeva che anche se avesse fatto la cosa peggiore del mondo comunque non sarebbe arrivato a tanto, non era un uomo violento, quindi non riusciva a capire come abbia potuto, decise di crederle, Charlie non era bugiarda e non avrebbe avuto il motivo di mentire "Tranquilla, stasera ci parlerò io" "G-grazie mille mamma" Disse singhiozzando Charlie.   

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