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-FLASHBACK-

Kellin era appena tornato a casa da scuola. Doveva parlare con suo padre - i suoi genitori erano separati, e lui viveva col padre, visto che sua madre era un'alcolista non in grado di tenere un figlio dodicenne- ed era pronto. Doveva essere pronto.

Era entrato in sala, lasciando la cartella pesante in entrata.

《Pa?》aveva chiamato.

Questo era uscito dalla cucina asciugandosi le mani. L'aveva guardato invitandolo a continuare.

Non erano mai stati in ottimi rapporti, si parlavano poco e non passavano mai del tempo insieme.

《Dovrei dirti una cosa - il padre ancora non parlava, aspettava pazientemente la notizia per poter, poi, tornare a guardare il notiziario lavando i piatti- beh, mi sono fidanzato》

《Ok》 era stata la risposta, detta con tono scocciato.

《Aspetta.. beh è un... ragazzo.》

Al padre ci volle qualche secondo per comprendere appieno le parole del figlio. Poi, come preso da un lampo di rabbia, si scagliò sul figlio, bloccandolo al muro. L'aveva picchiato. E non era stata l'ultima volta.

Suo padre lo picchiava spesso, quando ne aveva voglia, quando era ubriaco, quando voleva divertirsi. Quando si arrabbiava.

Gli aveva detto più e più volte che lo odiava, che non voleva avere un figlio frocio. Gli aveva detto che non l'aveva mai voluto, non sarebbe dovuto nascere.

L'aveva reso un ragazzo fragile ed insicuro.

-FINE FLASHBACK-

Kellin era andato via di casa appena compiuti i diciotto anni.

Era, comuqnue, timido. Se ne stava sulle sue, e parlava solo se necessario. Tendeva a chiudersi in se stesso, senza lasciare entrare nessuno. Non aveva permesso a nessuno di scoprire le cicatrici, che ogni tanto aumentavano.

Non aveva permesso a nessuno di buttare giù i suoi muri. Non era pronto.

               **

Erano seduti a quel tavolo dello Starbucks da oltre quaranta minuti. Avevano parlato di tutto e di niente. Avevano ordinato qualcosa da mangiare, tranne Kellin. "Prendo solo un caffè." Aveva detto.

Non voleva mangiare: non aveva mai avuto problemi col cibo, solo che il pensiero di suo padre era tornato e si era sistemato lì, nella sua mente, deciso a occupare tutti i suoi pensieri, e gli aveva chiuso lo stomaco.

Si erano alzati -finalmente- ed erano tornati verso i tour-bus.

Stavano per entrare,  quando Gabe, deciso, aveva mandato Vic nel bus degli Sleeping with Sirens, per poter parlare col suo 'amico Mike', come lo aveva chiamato.

E Vic aveva accettato volentieri, con l'idea di passare un po di tempo col suo migliore amico.

Ed era entrato, cercando il suo Kells che -ehi, com'è che l'aveva chiamato?- aveva visto andare verso la sua 'stanza' .

L'aveva trovato seduto sul letto, con le cuffie nelle orecchie e la musica talmente alta che riusciva a sentirla persino lui.

Si era sistemato accanto all'amico, che ancora non l'aveva notato, e gli aveva preso una cuffietta.

《Ehi. Che ci fai qui?》

《Oh, sai, Gabe mi ha, tipo, obbligato a venire qui perché voleva parlare con Mike. E io ho deciso di rompermi un timpano con la tua musica un po troppo alta.》

Kellin rise leggermente, abbassando la musica.

Abbassando lo sguardo, comincia a guardarsi i piedi, un po a disagio.
Si, ma da quando si trovava a disagio col suo migliore amico?

Vic si sposta, in modo da sedersi di fronte a Kellin. Gli posa le mani sulle ginocchia chiedendogli silenziosamente di alzare gli occhi nei suoi. E Kellin sembra capire, perché i loro sguardi s'intrecciano in parole mai dette, che bruciano nella gola.

《Che succede, Kells?》

《N-non lo so - mormora piano- penso, boh. Non so cosa mi succede, Vic.》

Si guardano ancora negli occhi, nessuno dei due vuole rompere quel piacevole miscuglio di colori. E forse Vic trova qualcosa negli occhi chiari dell'amico, perché lo stringe in un abbraccio confortante, accarezzandogli la schiena e i capelli.

《Non ti preoccupare. Io ci sono.》gli sussurra nell'orecchio, scatenando tantissimi brividi nel corpo di Kellin. Spera che Vic non si accorga di niente, e sorride contro la sua spalla.

E allora si decide. Perché si, Vic c'è sempre stato per lui, e lui non gli ha mai detto tutta la verità.

《Vic...》 è un sussurro quasi impercettibile. Ma lui lo sente e annuisce come a dirgli di continuare.

《C'è una cosa che dovrei dirti...》 e tra lacrime, paure e abbracci, Kellin gli racconta tutto quello che mai aveva rivelato.

E si lascia andare in un pianto liberatorio, bagnando la maglietta del suo migliore amico, che ha ascoltato tutta la storia, odiandosi per non aver mai notato nulla, e forse un po deluso perché Kellin non glielo aveva mai detto, ma lo stringe forte, deciso a essergli vicino.

Si allontana leggermente senza sciogliere del tutto l'abbraccio. Lo guarda negli occhi, notando l'imbarazzo dell'amico, capendo quanto si vergogni delle sue azioni e leggendoci tutta la paura che ha. E fa una cosa che sorprende entrambi.

Piano gli prende un polso tra le mani, mentre Kellin comincia a tremare. Piano gli alza la manica della felpa. Guarda ancora gli occhi di Kellin, e lascia un bacio delicato su ogni cicatrice. E l'unica cosa che riesce a pensare è che per ogni taglio, ogni segno lui non c'era stato.

E allora, pensa, potrebbe stare a baciare i suoi tagli per sempre, se Kellin sorridesse così sempre.

Piano gli copre le braccia, abbassandogli delicatamente le maniche, lo guarda ancora negli occhi, e lo abbraccia. E lo stringe. E lo tiene vicino. Perché , ora, lui c'è.

Kellic fanfic ♡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora