Carissime, lieta di essere tornata e finalmente con il prosieguo di questa storia. Il ritardo ha nuovamente raggiunto tempi biblici per cui non trovo parole per scusarmi con voi nel modo giusto. L'unica cosa che posso fare per farmi perdonare è continuare a scrivere questa fic fino al the end, sperando di procedere senza deludere le aspettative.
Devo essere sincera, non sono molto soddisfatta di questo cap, avrei voluto scriverlo meglio, per cui se avete delle critiche o lamentele varie queste saranno ben accette.
Ringrazio tutte coloro che si sono da poco imbattute in questa storia, spero di non perdervi strada facendo. Ma un ringraziamento di ciclopiche dimensioni va a tutte le lettrici che mi seguono fin dalla pubblicazione del primo cap. Mi chiedo tutt'oggi come fate ad avere così tanta pazienza!! Siete fantastiche, vi adoro.
In questo cap accadrà di tutto (tanto per cambiare!! Ah ah) per cui spero tanto che riusciate a reggere il passo e a seguire tutti i passaggi senza perdere il filo della trama.
Vi lascio alla lettura, per quanto mi riguarda rimango in attesa delle vostre considerazioni.
Vi abbraccio tutte
Tereca
Aveva preferito allontanarsi, chiudersi tra quattro mura per poter sfogare in santa pace il pianto che per tutto il tempo aveva faticato a trattenere. E questo era stato solo il preludio di quella lunga, interminabile giornata.
Il peggio l'attendeva ed era del tutto consapevole che sarebbe stata sempre più dura continuare ad indossare una maschera che già la soffocava.
Si alzò dal letto e si avvicinò allo specchio posto poco distante. Osservò il proprio riflesso, lo fece veramente, e ciò che vide non le piacque. Il disprezzo che stava adesso provando, il disgusto rivolto all'immagine che non era altri che il riflesso di se stessa, le contorse i sensi fino alla nausea.
Afferrò il portagioie posto sul comò e lo scagliò con forza contro lo specchio che si frantumò in tanti pezzi, metafora rivelatrice di ciò che era adesso diventata la propria esistenza.
Sposare Lowell era un errore, su questo non nutriva alcun dubbio. Sarebbe stata una condanna, per lei, per lui, per entrambi. Un matrimonio fondato sul ricatto, senza amore, quello vero, quello che unisce ambedue le parti chiamate in causa, e non un sentimento a senso unico, non poteva definirsi tale. Sarebbe stata solo una scelta sbagliata e tale sarebbe rimasta conducendo entrambi alla rovina.
E si era chiesta più volte perché mai il suo ex fidanzato, nonostante l'avesse tradito nel più spregevole dei modi, avesse deciso di sposarla ugualmente, costringendola a tener fede ad una risposta data in un momento, ora ne era certa, in cui a parlare era stata la paura di affrontare la verità, quella dettata dal cuore e non dalla ragione. Ma.. nessuna spiegazione valida era venuta fuori e aveva finito col rassegnarsi.
- Abel..
Strapparselo dal cuore sarebbe stata l'impresa più grande. Riuscire a vivere una vita senza di lui, provare a farlo, allo stato attuale delle cose, era un auspicio che la inorridiva.
Non sapeva proprio dove avrebbe trovato la forza d'affrontarlo e dubitava parecchio di riuscire a farlo. In quell'istante l'unica cosa a cui si aggrappava per poter andare avanti era la speranza di impazzire prima o poi, facendo così dell'infermità mentale l'unica via, l'unica ancora di salvezza che la sottraesse ad una vita misera vissuta al contrario in piena consapevolezza.
Perdersi, sì, perdere se stessa sarebbe stata la soluzione migliore, ma sapeva bene che nessun santo, nessuna provvidenza divina le avrebbe concesso una tale benedizione.
- Devo dirgli addio, per sempre...
Il dolore era insopportabile, la ferita ancora troppo fresca da ignorare. Vivere pensando a lui come ad un ricordo, relegarlo al passato, semplicemente, riuscire a farlo illudendosi che un giorno lo strazio che le affliggeva il petto sarebbe finalmente svanito, era certa che non sarebbe mai stato possibile. Un amore come il loro, un sentimento che aveva avuto troppo poco tempo per definirsi "vissuto", e tuttavia così potente e devastante da ridurla incapace di privarsene, difficilmente avrebbe finito per soccombere allo scorrere del tempo, tantomeno quest'ultimo avrebbe mai potuto minarne l'intensità.
Georgie era difatti del tutto conscia della veridicità e solidità dei propri sentimenti. Ma era proprio questa certezza che le gettava addosso un enorme sconforto.
Si mosse verso il letto e vi si sdraiò. Si lasciò andare ai ricordi, un'ultima volta, alla volta in cui l'aveva visto sorridere, per lei, con lei e a quanto fosse davvero bello quando lo faceva. Era questo il ricordo che voleva conservare nel cuore, il suo volto sereno e in pace con il mondo, e non contorto dalla rabbia e dalla delusione.
I suoi occhi, i suoi meravigliosi occhi che la veneravano mentre facevano l'amore, come incantati da chissà quale visione.
Scoprirlo, realizzare l'effetto che suscitava in lui, l'aveva spiazzata quasi all'incredulità. Quando Abel la guardava non era mero desiderio carnale ciò che lo infuocava, no. Era molto, molto di più. Era qualcosa di più somigliante ad una lotta, a un continuo scontro di sentimenti discordanti, di quelli insomma che non trovano mai pace. E forse era proprio tutto questo ciò che le aveva sempre fatto paura, spingendola ad allontanarsi da lui.
Il suo modo d'amare era... devastante, travolgente. Ci metteva tutto se stesso e altrettanto s'aspettava da lei. Non c'erano mezzi termini, nessun compromesso, solo un donarsi reciproco d'anima e corpo. Proprio ciò che era accaduto tra loro. Una simbiosi la cui scissione, adesso, strideva contro le leggi della stessa natura.
Il pianto disperato che la travolse la costrinse a soffocarlo sul guanciale, nel tentativo di non attirare la servitù. Non voleva pregiudicare quei pochi preziosi istanti di solitudine, certa che di lì a poco sarebbero diventati unici. E così pianse ogni lacrima, rimanendo in quella posizione fino a quando cuore e anima non sarebbero stati del tutto svuotati.
Nel frattempo, poco distante dalla residenza dei Gray...
- Sono un coglione! E già, lo sono, perché ritrovarmi qui, spalmato su questo ronzino a testa in giù, legato come un salame, può significare soltanto una cosa. Che sono, senza ombra di dubbio, un coglione! E non voglio neppure soffermarmi su come diavolo ho fatto a cacciarmi nei guai fino al collo, è chiaro che cinque anni di galera non sono affatto bastati a far sì che ne stessi lontano. E no! Direi proprio di no. E adesso... come diavolo faccio a tirarmi fuori dalla merda in cui mi sono cacciato? Ci vorrebbe un miracolo, già, un dannatissimo miracolo. Ma stando a come si sono messe le cose è chiaro che lassù, nei piani alti, non ci sia mai stato l'intento di includermi nella lista dei graziati. Ah al diamine, sono fottuto!
Se ne stava ad imprecare contro se stesso in attesa che quei cinque bastardi si decidessero a farsi vivi. Durante tutto il tragitto i maledetti si erano concessi solo una breve sosta per svuotare i rispettivi attributi. Non si erano presi lontanamente la briga di pensare a lui, e ai suoi di attributi. Per cui oltre a rischiare che da un momento all'altro gli esplodesse la testa per via del sangue confluito al cervello, data la scomoda postura, temeva seriamente di pisciarsi nei calzoni. E la cosa lo stava facendo imbestialire come non mai.
Ah, maledetti bastardi!
Avrebbe dovuto aspettarselo, era scontato che MacKay si tirasse dietro i suoi dannati leccapiedi. E di cosa questi fossero capaci l'aveva direttamente testato sulla propria pelle, ragion per cui aveva abbandonato a priori l'idea di uscirsene indenne.
Tentò di muoversi per cercare di sgranchire le ossa, non c'era un centimetro del proprio corpo che non reclamasse pietà, ma poteva fare ben poco.
Un duro colpo alla nuca lo fece desistere da ogni tentativo di cercare un po' di sollievo.
- Ehi, bastardo! Che diavolo stai cercando di fare? Liberarti!?"
Testò le corde che lo tenevano legato verificando che fosse tutto a posto, e per essere più sicuro le strinse ancora di più.
Victor gemette di dolore avvertendo la stretta intorno alla carne. E Zen, da vero sadico qual era, ghignò compiaciuto.
Zen. Dopo MacKay, era senza alcun dubbio il bastardo che odiava di più. La sua malvagità era pari solo a quella del diavolo in persona e cinque giorni di indicibili torture ne erano stati testimoni. Ricordava bene ciò che era accaduto dopo che l'avevano catturato. La notte in cui vide la propria vita andare alla malora. Insieme avevano continuato a torturarlo per giorni, mentre gli altri erano rimasti a guardare, spettatori indifferenti di uno spettacolo raccapricciante. E alla fine non aveva potuto far altro che crollare, e firmare da innocente un'ammissione di colpevolezza che gli avrebbe rubato cinque anni della propria vita. Ma l'aveva fatto per salvarsela, la vita.
- Ehi, bastardo! Hai sete?"
Ma prima che potesse reagire e mandarlo al diavolo, dato che sapeva benissimo cosa stava per fare e non corrispondeva per nulla ad un atto di generosità, fu costretto a serrare bocca, respiro e conati di vomito che sarebbero di sicuro sopraggiunti di lì a poco a causa del maledetto che aveva preso ad urinargli addosso usandolo come vespasiano.
- ah ah e che non si vada a dire in giro che il buon Zen non ha cura dei propri prigionieri lasciandoli morire di sete! Ah ahh"
- Sei un maledetto bastardo! Slegami se hai le palle. E allora vedremo chi dei due sarà a perderle per primo.
- Ah ah cavolo, ne hai di fiato. Pensavo che, dopo tutto questo tempo appeso come un maiale, il sangue alla testa sarebbe finito per esploderti dalle orecchie e invece con mia grande meraviglia non è accaduto."
- Fottiti!
- Ah Victor, non vedo l'ora di spassarmela di nuovo con.."
Un tonfo interruppe quello sproloquiare perfido contro cui era stato del tutto inerme, e si ritrovò a chiedersi cosa diavolo poteva essere mai accaduto. Non riusciva a vederlo, data la posizione, ma era sicuro che per qualche particolare ragione Zen si era di colpo zittito e forse era suo il tonfo che aveva chiaramente udito.
Avvertì un rumore, dei passi veloci verso di lui e due mani subito dopo che testavano le corde.
- Shhh, non fiatare. Non abbiamo molto tempo.
- Chi sei? – Victor non potè fare a meno di allarmarsi.
- Tappati quella fogna se non vuoi che ci scoprano. Dimmi soltanto se ce la fai a correre.
- Credo.. credo di sì – Rispose cauto e per nulla convinto.
- Allora ascoltami bene. Una volta che t'avrò liberato, salta giù e datti alla fuga come se t'avessero messo il pepe nel culo!
- Ok... afferrato il concetto. Ehy!
- Che vuoi?
- Non ho idea di chi tu sia amico e del perché stai rischiando la pelle a causa mia, ma.. grazie.
Victor assaporò l'enorme sollievo che gli rilassò i muscoli una volta libero dagli impedimenti che lo tenevano bloccato da ore e, dopo un paio di capogiri per via dell'intorpidimento, riuscì a rimettersi in piedi. Il mondo era finalmente tornato nel verso giusto.
Si girò verso il suo salvatore e quasi gli venne un colpo nello scoprire di chi si trattava.
- Ma tu.. tu sei..?
- Cosa cazzo non ti è chiaro di ciò che ti ho appena detto?! Muoviti!
Uno sparo ridestò Victor dallo shock che gli aveva provocato la sorpresa di scoprire chi fosse in realtà l'uomo che gli aveva appena salvato la vita. E senza guardarsi indietro, lo seguì.
Nel frattempo, sempre alla villa dei Gray, nelle scuderie...
Mancava poco. Solo pochi passi e si sarebbe trovato a fronteggiare il momento che forse aveva atteso da tutta la vita, anche quando ancora ignorava ciò che il destino gli aveva riservato, al tempo in cui i suoi occhi erano stati del tutto ciechi.
Nessun timore, nessuna esitazione a rallentargli il cammino, solo l'incredibile lucidità di sapere esattamente cosa fare. L'ira l'aveva accecato, è vero, ma non al punto di togliergli il senno definitivamente. La decisione a cui aveva finito per approdare sarebbe stata l'unica in grado di chiudere quella dannata storia una volta per tutte. In un sol colpo si sarebbe tolto da ogni impiccio, e ciò gli avrebbe permesso di poter vivere la propria vita come tanto aveva desiderato e sognato.
Erano, in verità, tante le cose che andavano risolte, e la maggior parte riguardavano lei, ma a queste avrebbe pensato dopo. Ora la cosa più importante era togliersi dai piedi quel viscido sceriffo, e ancor più l'uomo che l'aveva derubato dell'unica ragione della sua esistenza.
Uno degli uomini posti di guardia aprì la grande porta scorrevole da cui si accedeva ad un'ala delle scuderie ed entrò senza esitare.
Lui era lì, con il volto chino e il corpo immobile retto dagli impedimenti che lo tenevano incatenato al muro. Pareva non essersi accorto della sua presenza, ma era pronto a scommettere che fosse tutta una farsa. Era sicuro che fosse del tutto cosciente.. di lui, e l'indifferenza con cui lo stava accogliendo gliene stava dando la conferma.
Si avvicinò lentamente, ma con passo deciso, fino a quando si ritrovò abbastanza vicino.
Abel alzò la testa e gli rivolse il più ostile degli sguardi, e come si aspettava i suoi occhi non mostrarono alcuna meraviglia. Nel più tacito dei silenzi continuò ciò che stava facendo da ore, da giorni... da anni. Attese.
- Sai, ci vuole una notevole dose di coraggio, o forse nel tuo caso non si tratta di questo ma di stupidità bella e buona, nel presentarti in casa mia convinto di passare inosservato. Sapevo che l'avresti fatto. Sei cascato nella trappola che ti ho teso con una facilità imbarazzante. Avrei scommesso ogni mio avere e avrei vinto. Devo proprio complimentarmi con me stesso, quella soffiata al giornale è stata davvero un colpo di genio, ma francamente sono rimasto deluso, ti credevo più furbo - Si avvicinò ancora di più, fino a quando si ritrovarono faccia a faccia - Credevi che mi sarei messo da parte? Che sarei rimasto a guardare mentre me la portavi via? Beh, sei pazzo o totalmente stupido se l'hai creduto sul serio. Non te l'avrei mai permesso, lei è mia!
Abel piegò le labbra in un sorriso che nulla aveva di gaio - Ti sbagli. Non ho mai creduto che lo facessi, tutt'altro. Tu l'ami, al punto da renderti un osso davvero duro da toglierti facilmente dai piedi, te lo concedo".
Le sue parole lo stupirono, non si aspettava tanta franchezza, non da parte sua, ma non lasciò che se ne accorgesse.
- Lascia che ti dica una cosa. Comunque andrà a finire questa dannata storia, né io né tantomeno tu avremo mai il diritto di reclamare niente di niente. La decisione spetta solo a Georgie, soltanto sua è la scelta di amare chi vuole.
- E sei davvero così sicuro che faccia quella giusta? Lei merita di più della vita miserabile che avrebbe rimanendo legata ad un fuorilegge. MacKay ti sta addosso, non avresti alcuna speranza se non darti alla fuga".
Abel represse un ringhio e i polsi finirono per sanguinare sotto il giogo incessante della catena. La furia che gli montò dentro andava sfogata, ma costretto com'era poteva fare ben poco se non infliggere a se stesso altro dolore.
Maledetto damerino! Gli stava rinfacciando sul serio proprio tutto ciò che aveva sempre cercato di fare, e cioè sparire per poter garantire a Georgie una vita felice, lontana da lui? E se non fosse stato per la piega assurda in cui si era inceppata l'intera faccenda, avrebbe portato a compimento il suo intento. Ma così non era stato, le cose erano cambiate, ed era su questa insindacabile verità che aveva puntato tutto se stesso.
L'odiava. Odiava il giorno in cui il damerino aveva messo piede per la prima volta in Australia. Da allora la sua vita si era tramutata in un inferno. Tutto, giorno dopo giorno, aveva finito per andare alla malora, i suoi sogni.. le sue certezze. Senza di lui le cose, era sicuro, sarebbero andate diversamente, senza di lui non si sarebbe mai imbattuto in quella parte di se stesso che avrebbe preferito lasciare all'inconscio. E quest'ultimo pensiero, il più difficile da digerire su tutti, avvampò il suo astio – Andiamo! Finiamola qui questa dannata storia. Farmi fuori, non è questo ciò che vuoi? Togliermi di mezzo è l'unica cosa che ormai ti rimane da fare per far sì che tu possa dormire sonni tranquilli. Avanti, fallo!"
- Non voglio sbarazzarmi di te in questo modo, non sono un assassino". E marcò duramente l'ultima parola affinchè l'allusione fosse chiara. E lo fu.
Le catene si tesero al punto che i polsi ripresero a sanguinare. Vaffanculo! Voleva farlo incazzare sul serio? - Allora che diavolo vuoi da me? Se non mi trovo qui, incatenato a questo muro, in attesa di essere sgozzato, spiegami perché mai è esattamente ciò che sembra?!"
- Semplice, voglio che tu faccia ciò che avresti dovuto fare prima che questa dannata tempesta te lo impedisse. Voglio che tu salga sulla prima nave pronta a salpare e che lasci l'Australia, ma questa volta per sempre. Firmerò io stesso il mandato d'arresto che ti impedirà di tornare, pena la prigionia a vita nelle miniere.
- Tse, l'esilio. Avrei dovuto aspettarmelo.
- Ti sto salvando la vita. Ma non illuderti, non lo sto facendo per te, preferirei di gran lunga saperti a marcire nelle miniere.
- Allora perché diamine lo fai?
- Lo faccio per lei. Perché se c'è ancora una possibilità per noi di stare insieme e di riavere il suo amore, non posso ottenere tutto questo con le mani lorde del tuo sangue".
Abel lo fissò dritto negli occhi, l'abisso più oscuro dell'oceano contro cui si infrangeva l'azzurro del più terso dei cieli. Entrambi consci che quella che si stava svolgendo era una resa dei conti preannunciata da tempo.
- Lei.. non ti ama.
- Lo so.
E l'ammissione senza mezzi termini quasi lasciò Abel di stucco, perché davvero lo sorprese così tanto leggergli l'amara consapevolezza negli occhi. Ma non gli importò, nessuna compassione ad alleviare il suo astio, nessun compatimento verso il proprio rivale.
- Sei soltanto un illuso. Non otterrai mai il suo amore con l'inganno, Georgie non è stupida. Prima o poi scoprirà tutto e allora cosa le dirai?
- Non accadrà. Con te fuori dai piedi nulla si potrà frapporre tra noi, e potremo vivere finalmente la nostra vita insieme.
- Ah ah Sei serio?! La verità verrà fuori, non puoi essere così pazzo da credere che questo ridicolo piano possa funzionare.
- Sei tu quello che ha difficoltà ad accettare la realtà. Le cose andranno esattamente come ho previsto e tu non potrai far nulla per cambiarle.
- Lei ama me!" e glielo gridò in faccia tanto per marcare ancora di più l'unica verità che andava urlata - Ed io ho lottato troppo e per tutta la vita per far sì che ciò accadesse, che fosse solo mia. Non lascerò che tu me la porti via, non permetterò mai più a nessuno di farlo"
Il colpo arrivò dritto allo stomaco e Abel sputò sangue.
- Questo.. consideralo un contraccambio equo. Avrei dovuto farlo molto tempo fa.
- Vi..gliac.. co.
- Come si dice? Occhio per occhio?! – Si piegò leggermente su di lui e misurò il tono della voce che da irrisorio divenne risoluto, vestendosi di una fermezza tagliente - Un uomo che circuisce la promessa sposa di un altro... questo è andare oltre l'essere vigliacchi".
Abel resse lo sguardo gelido senza battere ciglio. Poteva capire il risentimento del suo rivale, ne percepiva chiaramente l'intensità, ma era ben lontano dal sentirsi in colpa, e semplicemente perché non riteneva di doverlo essere. La verità, e questa mai gli apparve così chiara come in quell'istante, era che lui non aveva mai sottratto nulla a nessuno, e ciò che adesso possedeva era semplicemente un dono, il più prezioso che la vita potesse concedergli.
- Questa sera Georgie diventerà mia moglie, e tu non potrai far nulla per impedirlo".
Arrivò dritta come una pugnalata, di quelle che non si ha il tempo di realizzare.
- Dovrai uccidermi se vuoi che non lo faccia." Glielo sputò in faccia senza riserve, incurante del giogo che gli stava straziando i polsi.
- Beh, questo non sarà necessario. Sarai scortato in segreto dai miei uomini fino a quando non ti sarai imbarcato. E una volta che sarai lontano, io potrò riprendere in mano la mia vita.
- Credi che sarà così facile?
- Non solo lo credo, ne sono convinto.
Gli voltò le spalle e si avviò verso l'uscita. Aprì la porta ma si fermò sulla soglia - Mckay si trova al di là di quel cancello. Ed è sufficiente solo un mio cenno per far sì che si fiondi qui assieme a suoi uomini.
- Tze, vedo che hai pensato a tutti i dettagli - E in fondo se l'aspettava, al suo posto, forse, non avrebbe agito diversamente.
- Già, l'ho fatto. La posta in gioco era troppo alta per permettermi di fare errori. E non succederà, ogni cosa andrà invece come ho pianificato e finalmente, in un sol colpo, mi libererò di te.. e di quell'uomo.
Abel strinse i pugni in preda alla collera. Non voleva dargliela vinta, si sarebbe fatto uccidere piuttosto, ma era finito in una trappola e l'idea di finire dritto nelle mani di McKay era un'eventualità che per nulla gli piaceva. Imprecò tra sé e maledisse mille volte la sua dannata sfortuna. Avrebbe dovuto dare retta a Victor.
- Fa' come ti ho detto, se ti è cara la vita non cercare di opporti all'unica strada che ti sto mostrando per salvartela.
- Va' al diavolo!
La porta si chiuse dinanzi ai suoi occhi e l'oscurità tornò a regnare sovrana ingoiando la miriade di imprecazioni rivolta al suo rivale.
Aveva una dannata voglia di urlare, di dare ampio sfogo alla rabbia che lo corrodeva. Ma era del tutto consapevole che sarebbe stato inutile, solo fiato sprecato.
Georgie.. il pensiero di lei, di doverle dire addio per sempre, lo stava uccidendo.
Nel frattempo a Sidney...
L'aveva fatto. Le aveva raccontato com'erano andate le cose, o quasi. E per fortuna Jessica, metà della storia, quella in cui non erano inclusi nè il tentato stupro di Georgie né tantomeno l'omicidio, pareva essersela fatta bastare, il giusto necessario per chiudere lì il discorso. Ma da quel poco che aveva intuito di lei era pronto a giurare che prima o poi quella testolina calda avrebbe ricominciato a farsi domande da spiattellare in faccia al sottoscritto non appena ne avesse avuto l'occasione. E lui doveva svignarsela prima che ciò accadesse. Il problema era come e allo stato misero delle attuali condizioni sarebbe stato praticamente impossibile.
- Ti andrebbe un tè?
- Cosa?
- Un tè.
- Oh... sì.. certo. Vado subito a mettere su il bollitore.
- Arthur!
- Sì?
- Grazie.
Annuì e uscì dalla stanza, lasciandola da sola.
Jessica rimase a fissare la soglia della porta. L'aveva fatto apposta. Aveva sentito l'esigenza di restare sola, di mandarlo via, prima di esplodere di nuovo. Sapeva che quella che era venuta fuori doveva essere solo una parte della storia, e non perché ne fosse a conoscenza, date le circostanze non poteva esserlo. Arthur era stato bravo, ma lei era fin troppo sveglia e vigile per non accorgersi di quelle sfumature che puzzavano di menzogna, di omissione. Sentiva che dietro ci doveva essere molto molto di più. Per quanto avrebbe voluto credere che Abel si fosse messo nei guai con quei mostri a causa di Victor, era sicura che doveva esserci dell'altro. Il ricordo di quell'uomo, di ciò che le aveva ringhiato contro l'orecchio, era troppo vivido nella mente per poterlo trascurare.
Il bersaglio... non era solo Victor.
Il pensiero la fece rabbrividire. L'idea che Abel fosse in pericolo, che ci fosse la seria possibilità di non rivederlo vivo, mai più, la impallidì fino a sentirsi male. Non aveva mai pensato ad una simile eventualità, mai, neppure nei suoi incubi peggiori. Ma il ricordo delle parole di Arthur, il chiaro terrore che gli aveva scorto negli occhi mentre le raccontava del fratello, avevano dato conferma alle sue paure.
Qualcosa di molto equiparabile al senso di colpa le strinse il cuore in una morsa. Il proprio egoismo schiacciarla con ogni libra del proprio peso. E fu quello il momento in cui per la prima volta si ritrovò costretta a chiedersi cosa ci fosse rimasto in lei di quell'umanità che impediva di agire al pari delle bestie. E lei l'aveva varcato quel limite, si era spinta così oltre da essere ora del tutto consapevole che, alla fine della storia, non ci sarebbe stata assoluzione, nessuna.
Una lacrima scese calda accarezzandole il volto. Un calore nuovo, inaspettato la scosse nel profondo. E lasciò che anche le altre venissero giù, liberandole senza opporre resistenza. E lei voleva farlo, voleva liberarsene.
- Hey, ma che succede?
- Cazzo!"
Arthur la guardava attonito e in attesa di una risposta che, di fronte all'evidenza dei fatti, avrebbe dovuto dare. Ma si ritrovò solo nella ridicola condizione di balbettare qualcosa per poi asciugarsi il viso in fretta e furia nel tentativo disperato di rimuovere ogni traccia possibile dell'imbarazzo in cui era appena sprofondata.
Il ragazzo si avvicinò in silenzio e le si sedette accanto, come in attesa. Il suo intento era chiaro, nessuna forzatura, nessuna imposizione, solo la dimostrazione del fatto che lui era lì e che vi sarebbe rimasto. Ma ciò che la spiazzò non fu tanto questo.
Perché? Perché mai si era ritrovata affatto sorpresa, anzi del tutto sicura, che alla fine era così che lui avrebbe agito?
Mai, in vita sua, aveva riposto in nessun uomo la sua piena fiducia, e semplicemente perché questa l'aveva sempre considerata un prezzo troppo alto da pagare per permettersi di sperperarlo senza misura, e mai a causa degli uomini. E con questi intendeva tutti, nessuno escluso.
Eppure in quei giorni di totale angoscia e dolore, nonostante ogni terribile accadimento le avesse ribadito quanto fosse marcio il mondo, era stata costretta a ricredersi e più di una volta.
- Arthur.. devo parlarti... devo dirti una cosa.
Circa un'ora dopo, alla villa dei Gray...
- Ah ah ah, cos'è? Uno scherzo? Ditemi Mylord, questo vi sembra il volto di un uomo a cui è facile raccontare balle?! Vi assicuro che non lo è, quindi fossi in voi farei bene a sputare fuori tutto quanto il rospo, non illudetevi che finisca così.
- E' la verità e dovrete farvela bastare. Il nostro accordo non ha più alcuna validità, ho ottenuto ciò che volevo senza che fosse necessario il vostro aiuto. E adesso, se non vi dispiace, una cerimonia richiede la mia presenza, quindi perdonerete la fretta con cui vi congedo. Ah, non temete, i vostri servigi saranno ben ricompensati. Ho già disposto che vi facciano portare delle casse di ottimo scotch inglese. Sono certo che l'apprezzerete, e riguardo al denaro che vi ho anticipato, beh, potete tenervelo, ritengo che sia più di quanto meriti un lavoro che non è stato necessario portare a termine, non credete?
E così dicendo uscì lasciandolo come uno stoccafisso, incurante delle sue reazioni.
Mackay grugnì inferocito davanti la porta chiusa.
Odiava i nobili. Le rare volte che si era imbattuto in loro se n'era sempre pentito, e ora ricordava anche la ragione. Il fegato, mancava loro il fegato di concludere ciò che avevano cominciato.
Merda! Non aveva la minima intenzione di mollare l'osso, c'erano in gioco troppe aspettative per farla finire così, con un "arrivederci e grazie" che somigliava più ad un bel calcio nel culo.
Ed era così che l'aveva percepita. Già, una pedata ben assestata sul suo amatissimo deretano.
Non aveva creduto ad una sola parola di tutte le stronzate che gli erano uscite fuori dalla bocca.
E averne la certezza matematica lo fece imprecare ancora di più.
Diede un poderoso calcio alla colonnina di marmo posta dinanzi a lui e su cui capeggiava un busto che rappresentava chissà chi, la cosa gli era del tutto indifferente, sicuramente un altro finocchio con la puzza sotto il naso la cui testa adesso giaceva ai suoi piedi in più pezzi. Si mosse tra quest'ultimi, urtandoli con gli speroni e accelerando il passo si diresse verso la porta che aprì deciso, avendo ben chiaro in mente cosa fare.
Doveva tornare dai ragazzi, ma soprattutto doveva darsi una mossa a rivedere i piani.
Nel frattempo, nelle scuderie...
Avvertì un rumore provenire in prossimità della porta. Mancava poco ormai, il momento era giunto e lui non poteva fare altro che rimanere in attesa.
Lottare, ribellarsi sarebbe stato inutile. Era sicuro che Lowell non aveva badato a spese pur di assicurargli una scorta ben attrezzata e garantirsi così la sua dipartita. E dietro quella porta c'era proprio questa ad attenderlo.
Sentì il peso della sconfitta farsi sempre più pressante. E un fremito gli percorse il corpo. No, non poteva farlo. Non doveva permettere alla paura di avere il sopravvento.
-Avanti, fatevi sotto! Venderò cara la pelle!
La porta si aprì appena e qualcosa, una testa forse, fece da capolino. Ma si ritirò subito.
In un primo momento stentò a credere di aver visto bene, era stato troppo veloce, neanche il tempo di realizzarlo, ma era sicuro di aver visto qualcosa, e quella era una testa.
Si mise in allerta avvertendo altri rumori e un'ombra celata dall'oscurità del crepuscolo lo fece trasalire.
- Chi sei?
- Abel!
- Victor?
- Va bene. Finiamola con questa scenetta da checca strappalacrime e vediamo piuttosto di portare via il culo da qui, sento chiaramente il fetore dei guai, e pure di quelli belli grossi!
- Benny?!
- E già, ne sono sorpreso anch'io, e adesso puoi anche toglierti dalla faccia quell'espressione del cazzo e rimandare le domande a data da destinarsi. Abbiamo qualcosa di più urgente da fare e cioè squagliarcela di corsa.
- Abel, ha ragione, dobbiamo muoverci, non abbiamo molto tempo.
Victor, armato di cesoia, tagliò i blocchi ai polsi che lo tenevano in catene, e una volta libero da queste la prima cosa che fece fu quella di abbracciare l'amico, fregandosene altamente di Benny e delle sue battute idiote, questa volta le avrebbe totalmente ignorate. Il suo amico era lì insieme a lui, ed era ciò che adesso più gli importava. E sentì come se qualcosa in lui, che credeva perso per sempre, stesse tornando alla vita. E un sorriso gli illuminò il volto. Forse non tutto era perduto.
Prima di uscire afferrò il braccio di Victor e si avvicinò al suo orecchio affinchè soltanto lui potesse udire.
- Devo trovare Georgie.
- Cosa? Ma sei impazzito?
- Devo farlo, adesso ho la certezza che lo sta facendo per me, vuole sposare Lowell solo per salvarmi la vita.
- Scordatelo, non ti tirerò fuori dalla merda un'altra volta, anzi, a pensarci bene siamo entrambi ancora ben lontani dall'esserlo, quindi faresti bene ad accantonare quest'idea totalmente folle.
- Sai che non posso farlo.
- Abel dannazione! non sei un fottuto principe azzurro destinato a salvare a tutti i costi la sua bella da un cazzo di drago, e ficcatelo una buona volta in quella testaccia dura.
- Che diavolo state facendo ancora lì voi due? Vi pare questo il momento di una chiacchierata?!
Abel si rivolse nuovamente a Victor – Tieni a bada quell'idiota quando verrà il momento, starò attento, lo prometto, non ci metterò molto.
Nello stesso momento, nell'ala opposta fuori dalla villa...
- Razza di idiota! Come diavolo hai fatto a farti raggirare come un cazzo di principiante? Non credere che finisca qui e che mi dimentichi di questa faccenda. Per colpa tua quella canaglia è riuscita a fuggire.
- Ti ripeto che un figlio di puttana di cui ancora non conosco né faccia né nome mi ha colpito alle spalle, ricordo solo una gran botta in testa e l'essermi ritrovato dopo spalmato a terra in mezzo a fango e sterco di cavallo. Direi che qui quello incazzato dovrei essere io".
Un pugno gli arrivò dritto colpendolo in pieno volto e si ritrovò di nuovo a terra a sputare fango e sangue per via del colpo appena ricevuto. Lo sapeva, sapeva che sarebbe andata a finire così, il capo diventava piuttosto irascibile quando vedeva i propri piani andare alla malora.
- Se osi dar fiato a quella fogna un'altra volta, giuro che ti sparo Zen! Ti pianto una pallottola proprio lì, in mezzo alla fronte, così vedremo se avrai ancora tutto questo fiato.
Fece la mossa di cucirsi la bocca, ma lo sguardo carico d'odio che gli lanciò rivelava chiaramente la ferocia che gli era montata dentro. Bene! Tanta rabbia andava sfogata e Mackay aveva le idee piuttosto chiare a riguardo.
- Ascoltatemi bene! Sono sicuro che quei due si siano rintanati qui da qualche parte. E non ho la minima intenzione di lasciarmeli sfuggire un'altra volta. Trovateli! Perlustrate ogni buco rognoso di questo posto, dividetevi se necessario, ma voglio che li prendiate vivi. Questa dannata storia si concluderà soltanto quando sarò io a deciderlo. Dimostrerò a quella checca inglese che sfidare Ethan Mackay al suo stesso gioco equivale ad una partita persa in partenza. L'idiota pensava che ci sarei cascato come un fesso, ah ah, ha commesso il grave errore di crederlo sul serio. Muovetemi! E non scomodatevi a presentarvi a mani vuote - e prima che tutti si dileguassero alla velocità della luce.. - Zen! Tu vieni con me"
Si separarono prendendo direzioni diverse, nessuno aveva osato fiatare o contraddire i suoi ordini. Mackay sospettava che fosse stato Abel a liberare Victor, e se la fortuna finalmente tornava a girare dalla sua, questa volta sarebbe riuscito ad acciuffare entrambi. La partita ancora non era persa e una volta sistemati quei due dietro le sbarre, si sarebbe fatto venire in mente qualcosa per costringere Gray a tornare sui suoi passi.
Ghignò compiaciuto al solo pensiero. D'altronde questa non era altri che la sua specialità, ribaltare completamente la frittata in modo tale che alla fine l'unico a guadagnarci sarebbe stato solo lui, e nessun altro.
Qualche minuto dopo, nascosti su una collina poco distante la villa dei Gray...
- Mi sfugge il motivo per cui, tu, ti trovi qui?
- Fatti gli affaracci tuoi, ti basta sapere che voglio farla pagare a quelle carogne e lo voglio fare nel modo che non ha nulla di rapido e che sia inoltre considerevolmente lontano dall'essere indolore.
- Scommetto che è per Jessica - Victor diede voce ai suoi sospetti.
- Chiudi quella cazzo di fogna se non vuoi che ti costringa a strapparti la lingua a morsi.
- Visto! Avevo ragione. Si tratta di Jessica.
- Cosa le è accaduto? Parla! - Abel non esitò a chiederlo. Non era tanto preoccupazione la sua quanto semplice curiosità di capire perché mai Benny si trovasse lì, insieme a loro, per lo stesso identico obiettivo, ma a quanto pare per ragioni del tutto diverse. E lui era proprio curioso di ascoltarle queste ragioni.
- Ma che cosa dolce da parte tua. Sei gentile a preoccuparti per lei. Fottiti! Arriverà il giorno in cui risponderai della merda che hai seminato in giro, te lo giuro sulla cosa più cara che ho, ma non oggi. Ora mi fa comodo servirmi di te per riuscire a farla pagare a quei cinque farabutti.
- Ehi ehi, direi di finirla qui. Necessita una tregua tra voi due, dovete cercare di sbollire momentaneamente i vostri disaccordi, e rimandarli a tempi e luoghi più adatti. Quindi smettetela di alitarvi addosso come due cani rabbiosi.
- Tze, mi scoccia ammettertelo ma il mastino ha ragione.
- Vaffanculo! questa storia del cane al guinzaglio comincia a darmi sui nervi.
- Però la stazza di grosso mastino ce l'hai, non puoi negarlo.
Victor gli grugnì contro, chiaramente alterato per via della provocazione.
- Ehi amico non ti scaldare, ti prendevo solo per il culo!"
- Piantala Victor, non ti ci mettere anche tu, predichi bene ma razzoli malissimo. Forza, andiamo via di qui".
Nel frattempo a Sidney...
- Stai mentendo!
Ma lo sguardo che gli rivolse deluse le sue aspettative, confermando una verità che era venuta fuori come un fiume in piena, travolgendolo con tutta la sua violenza.
Gli aveva raccontato tutto. Non aveva omesso nulla. Ogni dettaglio di quella dannata notte, quella in cui le sue scelte l'avevano di colpo inchiodata sul banco degli imputati, era venuto fuori come se ad avervi dato fiato, ad aver dato voce ad una confessione che mai avrebbe immaginato di tirare fuori, non era stata proprio lei, ma qualcun altro di estraneo alla sua stessa persona che con amara franchezza aveva svelato ciò che avrebbe dovuto invece perdersi nell'oblio.
Ma non era riuscita a fermarsi, non aveva potuto. D'improvviso si era sentita sopraffatta da qualcosa che mai in vita sua aveva provato. Come una mano rabbiosa avvinghiata alla gola il senso di colpa l'aveva stretta costringendola a parlare. E così aveva fatto, imponendo a se stessa di non pensare alle conseguenze che avrebbe comportato un volta che la verità fosse venuta fuori, ignorando l'oscurità che di lì a poco avrebbe nuovamente travolto la sua esistenza.
Arthur la guardava con gli occhi sgranati, incredulo che dietro quanto gli aveva appena confessato ci fosse del vero. E la vide, vide tutta la delusione inasprirgli gli occhi. Ma non si allontanò, non distolse lo sguardo, non lo fece, non sarebbe scappata come una codarda, non questa volta. Era del tutto consapevole delle sue colpe, sapeva che di lì a poco sarebbe accaduto l'inevitabile. Ma era proprio ciò che voleva.
- Ti sei presa gioco di me. Per tutto questo tempo non hai fatto altro che.. – Strinse ancora di più la presa sulle sue braccia. E in quel momento desiderò che tra le mani ci fosse il suo collo niveo ed esile, perché fu proprio quest'infido, folle pensiero che gli percosse la mente.
- Odiami pure se vuoi, so che da adesso in poi lo farai. Ma se ti aspetti parole di pentimento uscire dalla mia bocca, allora lascia che ti dica che sei ben lontano dalla realtà. Rifarei ogni cosa, sì, è così, e non c'è bisogno che ti spieghi la ragione, la conosci già. Ma qualunque cosa tu possa dirmi, ogni tentativo di farmi comprendere di aver sbagliato sarebbe del tutto inutile. La odio, odio quella donna più di chiunque altro al mondo e semplicemente perché mi ha rovinato la vita e lo stesso ha fatto con la vostra. Negalo pure se vuoi, ma in cuor tuo sai che sto dicendo la verità.
Arthur quasi si sentì male davanti a tanta franchezza. Era stato troppo.
La lasciò bruscamente e senza replicare fece ciò che avrebbe dovuto fare giorni prima, se solo avesse saputo.
La porta si chiuse con violenza e Jessica si ritrovò sola. Il silenzio inondò la stanza e a spezzarlo solo un sussurro.
- Mi dispiace..
Nel frattempo, alla villa dei Grey...
- Riuscite a vedere qualcosa?- Una certa impazienza cominciò a farsi strada tra loro.
- Non molto, c'è troppa gente e siamo un bel po' distanti. Dovremmo avvicinarci di più e magari riuscire ad intrufolarci tra gli invitati.
- Non possiamo, nessuno dei tre passerebbe inosservato in mezzo a quel concentrato di merletti e baveri.
- Forse potremmo confonderci tra la servitù?
- Evitiamo di dire o fare cazzate, ok? Dobbiamo attenerci al piano. Dobbiamo solo riuscire ad individuare quelle cinque canaglie e procedere con molta cautela.
- Ok, ho già detto che voglio sbarazzarmi di Mackay una volta per tutte, e questa volta non fuggirò.
- Bene, buono a sapersi. Adesso, però, sarà meglio cambiare postazione. Ma prima devo fare una cosa."
- Hey, ma dove vai? Dobbiamo restare uniti e quella è la direzione sbagliata."
- A pisciare. Vuoi persino che te lo metta per iscritto?!
- Cosa c'è, ti vergogni per caso?" Victor non si fece sfuggire l'occasione di schernirlo e ricambiare così le sue battute del cavolo. Quel vecchio pazzo aveva trovato pane per i suoi denti, ma in fondo, molto in fondo, gli stava pure simpatico.
L'unica risposta di Benny fu un bel dito medio esposto in bella vista e lo sguardo di chi prometteva che prima o poi quelle uscite del cazzo gliele avrebbe fatte tutte rimangiare, una ad una.
Quando si fu allontanato, approfittandone, Abel si rivolse a Victor.
- È il momento, devo andare.
- Abel, stai facendo una cazzata.
- Lo so, ma devo farlo. È l'unica occasione che ho per potermi avvicinare a lei.
Victor capì che qualunque tentativo di farlo desistere sarebbe stato inutile. Sbuffò ingoiando l'ennesimo groppo amaro.
- Va bene, fa' ciò che devi. Ma stai attento, ok? Non farti prendere.
Strinse una spalla all'amico, promettendogli in silenzio più di quanto mille parole avrebbero mai potuto e fece per alzarsi, ma qualcosa quando si voltò, che riconobbe essere una canna di fucile puntata proprio in mezzo ai propri occhi, lo bloccò sul posto.
- Bene, com'è che si dice? Due piccioni con una fava?!
- Non muoverti cane rognoso! Fossi in te, quella, la lascerei a terra.
Victor lasciò cadere l'enorme cesoia che si era portato dietro e che avrebbe dovuto servigli da arma in caso di necessità, ma dinanzi alla pistola che Zen teneva adesso puntata dritta su di lui non gli parve più un granchè come idea. E in quel momento ebbe la certezza di non sentire più il cuore pulsargli nel petto.
Quella che a tutti gli effetti era stata finora la versione peggiore dei suoi incubi, si era di fatto materializzata dinanzi ai propri occhi. Mackay era proprio lì, ad un passo da lui, ma neanche il tempo di realizzarlo del tutto che questi prese a parlare, rivolgendosi però all'amico.
- Finalmente ci conosciamo! Ero piuttosto impaziente, sai? Smaniavo di fare la conoscenza dell'uomo.. che è quasi riuscito a farmela sotto il naso. Ho sentito dire grandi cose su di te e non vedo l'ora di ascoltarle dalla fonte diretta".
Sfoderò il ghigno malevolo tanto per rimarcare il fatto che si trattava proprio di lui, della peggiore tra tutte le calamità che potevano capitargli.
Abel era come pietrificato. In tutti i modi stava cercando di non cedere alla paura, ma dovette ammettere a se stesso che era proprio questa ciò che quell'uomo gli incuteva. I racconti di Victor su di lui non erano affatto un'esagerazione.
Fece per rispondere ma si bloccò all'istante, sopraffatto da qualcosa a cui mai avrebbe sperato di assistere, non nella situazione in cui si erano ritrovati e cioè nei guai fino al collo.
- Abbassa quella canna se non vuoi ritrovarti con la gola trapassata da una parte all'altra. E ordina al sacco di merda qui accanto di fare lo stesso".
Mackay si sentì bloccare in una morsa e subito realizzò che quella che strideva tagliente sulla sua giugulare non era altro che la lama di un grosso pugnale, pronto ad eseguire ciò che chiaramente minacciava.
- Chi sei? Che diavolo vuoi?
- Questi non sono cazzi che ti riguardano. Ciò che invece dovresti cominciare a fare è pregare, già proprio così, pregare persino il demonio che la fine giunga in fretta, perchè ti assicuro che non sarà ciò che ti concederò.
- Capo, che faccio.. gli sparo?
- Tu non devi fare un cazzo di niente! Questo figlia di puttana non ha la minima di idea della merda in cui fra poco si troverà. Hai sentito bastardo? E lasciami..- Cercò di sferrargli un calcio, ma Benny non si fece sorprendere. Gli sferrò una ginocchiata in mezzo al crociato, facendolo piegare in due, senza mai allontanare la lama dalla sua gola, neanche di un centimetro.
Ma MacKay era forte e soprattutto per nulla cedevole alla resa. Quando fece per alzarsi, gli sferrò in pieno volto una testata rompendogli di netto il naso, e il dolore fu tale che il vecchio marinaio fu costretto a retrocedere, allentando la presa che lo teneva incatenato a lui.
E fu un attimo. Tutto si tramutò d'improvviso in una baraonda di colpi e corpi che si avvicendavano nel tentativo di aver la meglio gli uni sugli altri.
Quando vide Mackay avventarsi su Benny, approfittando della disattenzione del suo scagnozzo, Abel si era fiondato sul fucile caduto a terra al suo capo, arrivandovi però in ritardo. Con la mano inchiodata a terra, schiacciata dallo stivale di quel maledetto, a malapena vide il calcio che gli arrivò in pieno volto oscurandogli i sensi per un istante, stordendolo fin quasi al punto di perderli, ma non del tutto. Riuscì a percepire un'ombra, che veloce si era nel frattempo scagliata addosso all'uomo, salvandolo.
Victor!
L'amico si era infatti avventato su Mackay, col quale aveva dato inizio ad una colluttazione dai pronostici quanto mai prevedibili. Insieme tenevano in pugno il fucile nel tentativo di strapparselo dalle mani, ma dal quel corpo a corpo difficile era capire chi alla fine avrebbe avuto la meglio.
Buttò l'occhio velocemente su Benny, che nel frattempo teneva inchiodato ad un albero l'altro scagnozzo, e a giudicare da quel che vedeva non gli sembrava avere la peggio. La lama premuta contro le palle di quel verme lasciava infatti intendere tutt'altra risoluzione.
- La senti? È inutile che cerchi di scappare, non lascerò che tu mi sfugga. E voglio che tu sappia cosa esattamente accadrà da questo momento in poi. Ti aprirò in due come un maiale e ti posso assicurare che mentre urlerai, per il dolore che proverai, sarà la mia faccia l'ultima cosa che le tue pupille vedranno prima di schizzare via dalle orbite.
- Fo..ttiti! bastar..
E Benny non attese oltre. Fece come gli aveva appena assicurato, colpendolo, lacerandogli l'inguine in preda alla furia che l'accecò, rendendolo tuttavia lucido sul da farsi, trapassandolo infine, lentamente, dal basso verso l'alto, fermandosi fino all'altezza dello stomaco.
Zen cadde giù con gli occhi e lo bocca spalancata ai piedi del vecchio marinaio, che di vecchio in verità aveva ben poco in quell'istante mentre si ergeva tronfio della vittoria appena aggiudicatasi, in un tripudio di sangue e sudore ad impregnargli le vesti.
Uno sparo fece rinsavire Abel rimasto come imbambolato dall'espressione del vecchio marinaio, incurante di aver appena sventrato un uomo come se la cosa non l'avesse colpito neanche un po', e riportò l'attenzione sull'amico.
-Victor.. no!
Nel frattempo, nel giardino poco distante...
- Oh cielo, cosa sono questi spari?
- Cacciatori milady, nulla di cui preoccuparsi.
- Milord!
Afferrò per un braccio il maggiordomo con lo scopo di allontanarsi da orecchie indiscrete.
- Thomas, che diavolo sta succedendo?
- Signore...il prigioniero è fuggito.
- Cosa? Come diavolo è potuto accadere? Avevo ordinato estrema cautela e una serrata sorveglianza. Come ha fatto a fuggire, dannazione!
- Ha eluso la sorveglianza, milord, ed è riuscito a scappare.
- Trovatelo! È un ordine. Voglio inoltre numerosi uomini attorno alla villa. Non deve avvicinarsi.
- Sarà fatto milord.
- Thomas, fa' scendere la contessa, è giunta l'ora.
Il maggiordomo annuì senza aggiungere altro e si avviò.
Strinse i pugni colto da un moto di rabbia che a stento riuscì a trattenere. Non aveva previsto che fuggisse, era sicuro che il suo piano fosse perfetto. Invece quel maledetto era riuscito a scappare e adesso il terrore di ritrovarsi punto e a capo lo fece rabbrividire.
Nello stesso istante...
- Victor!
Proiettò lo sguardo sull'amico e ciò che vide gli gelò il sangue.
Entrambi erano finiti a terra l'uno sull'altro, nessuno dei due si muoveva o sembrava emettere suoni o vagiti di alcun tipo, nulla insomma che facesse intendere l'esito di quello scontro.
- Victor!
Abel si fiondò sull'amico e facendo leva con le braccia gli scrollò di dosso Mackay, che rotolò accanto esanime.
- Victor! Avanti amico, non fare scherzi.
Prese a palparlo dappertutto, gridando il suo nome ancora e ancora. Sondò il torace alla ricerca di tracce di fori, il sangue che lo ricopriva gli aveva completamente imbrattato la casacca e la aprì bruscamente per testare direttamente sulla pelle nuda. Il panico, l'adrenalina lo stavano facendo agire d'impulso mentre le lacrime cominciarono ferocemente ad offuscargli la vista. Rifiutava con tutto se stesso ciò che chiaramente lo scenario di fronte ai suoi occhi lasciava intendere, in barba ad ogni forma di dubbio a cui aggrapparsi. Il terrore di realizzarlo, di mettere a fuoco il peggiore degli incubi, lo stava rendendo folle.
Non doveva finire così, e pregò ogni santo in paradiso affinchè davvero non finisse così.
- Uhm, pensavo che la nostra prima volta sarebbe stata meno brusca, più romantica. Oh Abel, ti prego, sii più gentile?!
Si bloccò di colpo e alzò lo sguardo trovandosi di fronte il volto compiaciuto e irriverente dell'amico che se la rideva, e non poco, per via dell'equivocabilissima situazione in cui si ritrovavano.
Ridestatosi dallo shock, lo spinse via in malo modo - Fanculo amico, mi hai fatto prendere un colpo. Credevo che Mackay t'avesse colpito!" Tornato a respirare, non perse l'occasione d'ammonirlo per bene. Per poco il cuore non gli aveva fracassato la gabbia toracica per via dello spavento e ancora, ne era sicuro, il sangue non aveva ripreso a scorrergli regolarmente nelle vene. Lo aiutò a sollevarsi.
- Lo avevo creduto anch'io. Lo sparo mi ha quasi perforato i timpani – Si sturò le orecchie e cercò di darsi una rassettata mentre proseguiva il racconto di ciò che era accaduto - Siamo caduti a terra per via del contraccolpo. C'è mancato poco, sai, credevo che m'avrebbe colpito. Invece, il bastardo all'improvviso è scivolato e non so come la canna del fucile, che fino ad un secondo prima era stretta tra noi, ma puntata dritta su questa faccia, ha finito per ripiegare verso di lui. Si è sparato da solo - Tse, gli sputò addosso tutta la rabbia che aveva accumulato in tutti quegli anni - Neanche la soddisfazione d'ammazzarlo m'ha dato. Cazzo! me la sono fatta addosso dalla paura.
Abel, in lacrime e ancora incredulo, lo strinse a sé felice di appurare che stesse bene e che finalmente quella brutta storia era davvero finita. Mackay era morto, giaceva a terra immobile, con gli occhi sgranati e spenti, ma ancora colmi di tutta l'incredulità che l'aveva colto l'istante prima di spirare.
L'uomo che aveva reso le loro vite un inferno, l'essere che aveva tramutato in un incubo la loro esistenza, non respirava più, e adesso più che mai aveva bisogno di credere che di speranza ce n'era ancora e che questa non l'aveva abbandonato del tutto.
- Giuro che se ci scappa pure il colpo di lingua, vi mollo qui seduta stante. Cazzo! sto per vomitare, sento già i conati serrarmi la gola. E piantatela di strusciarvi come due checche in calore, abbiamo del lavoro da finire qui e per prima cosa sarebbe meglio fa sparire questi cadaveri.
Gli rivolsero entrambi un'occhiataccia, ma lasciarono perdere dato che aveva ragione e dovevano darsi una mossa.
- Ne rimangono ancora tre da stanare, non sarà facile.
- Possiamo farcela, ma dobbiamo agire in fretta. Quando capiranno che il loro capo non si farà vivo si daranno alla fuga e che io sia dannato se glielo permetterò. Fosse anche l'ultima cosa che mi rimane da fare in questo sporco mondo.
- Benny ha ragione. Abel, dobbiamo rimanere uniti. Abel?!
L'orchestra cessò di suonare e il dolce suono di un'arpa si diffuse nel circondario, accarezzando le colline che si ergevano lievi attorno. Victor si avvicinò all'amico e preoccupato gli poggiò una mano sulla spalla per ridestarlo.
- Abel... che succede?
- Ѐ troppo tardi... la sto perdendo.
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Odi et amo. Storia di tre anime tormentate
FanfictionSalve a tutti/e. La mia storia è un sequel che trae spunto dal manga/anime Lady Georgie. I personaggi verranno trattati in chiave OC, soprattutto perchè presentati in versione adulta, ma nella sostanza non si discosteranno troppo dal marchio d'origi...