4. Curiosità accantonata

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Era per via della notizia di mio fratello che questa sera ero completamente fuori di me. Derek me l’aveva fatto notare da quando avevo messo piede nel Layla’s.

<Hai un sorriso che non smette di splendere, tesoro.> Mi disse, ed io gli credevo. Ero contenta che mio fratello si sposasse, che Helene facesse parte della nostra famiglia. E questo sarà stato sicuramente un pretesto per rincontrare i miei, che non vedevo da troppi mesi. Dicevano di stare bene quando li sentivo al telefono, o tramite Skype, però mi mancavano. Mi mancava abbracciarli, vederli dal vivo, mi mancava perfino il profumo del bagnoschiuma di mamma, quello ai frutti di bosco che odio tanto.
Stasera, per l’occasione, avevo in mente uno spettacolo diverso. Avevo intenzione di usare uno dei miei strumenti che sorprese tutti qui dentro. Ovviamente le tre gallinelle non ci erano arrivate, o magari sì, ma non avevano più l’età per utilizzarlo. Io invece mi allenavo duramente durante la settimana, oltre alle due ore giornaliere di palestra che facevo per fortificare i muscoli a reggere il mio peso, su qualunque superficie mi appoggiassi. Era per questo motivo anche che ero così magra, anche se mi piacessi così, e non mi privassi di nulla a tavola. No, non ero una di quelle ragazze fissate con la dieta o con la prova costume; facevo molta attività fisica tra lavoro, palestra e…divertimento.
Avvisai Mark, il mio assistente, di far montare il palo sul palco: già mi immaginavo la faccia delle TC quando avevano visto tutto quel trambusto per metterlo su.
Mi avvicinai a Derek, dopo aver lasciato le mie cose nel camerino.

<Voglio ballare Fire Breather, stasera. E’ la numero 8 nel cd, mi raccomando.> Dissi guardandolo sempre pignola sulle mie cose: non facevo figuracce a causa dello staff incompetente.
<Fidati di me, che stasera ce la spassiamo.> Disse accarezzandomi un fianco con due dita, con il suo solito tono malizioso. Sapevo a cosa si riferisse, ed annuii mordendomi il labbro.
<Sara’ meglio che vada a prepararmi allora.> Sussurrai al suo orecchio prima di allontanarmi superandolo e dirigendomi nel mio camerino. Non mi interessava lo spettacolo degli altri, io volevo governare quel palcoscenico ed attirare l’attenzione di tutti sul mio fantastico fondoschiena. Ero egocentrica, parecchio. Per questo indossavo un costume di scena più simile ad uno di Beyoncè nei suoi grandiosi spettacoli: era formato da un body nero con una scollatura accentuata, così le braccia erano scoperte e libere di muoversi. Niente di troppo provocante, sarebbe bastata la mia bravura quella sera. Niente pannello, volevo che le persone mi guardassero, anche se non avrebbero mai saputo chi avessero difronte. Indossai una maschera veneziana, nera ed argentata, che mi copriva tutto il viso. I capelli, lunghi e corvini, erano raccolti e nascosti da un caschetto biondo platino: erano le condizioni a cui dovevo sottostare se volevo “uscire in pubblico”.

Era arrivato il mio momento. Le luci si spensero, mi sistemai la maschera sul viso e salii sul palco. La musica cominciò a riecheggiare per tutta la sala, ed i miei piedi gia’ non stavano più fermi: amavo questa canzone, e con tutto l’entusiasmo covato oggi, avevo proprio voglia di ballarla e di dare il meglio di me! La domenica il locale era meno pieno, ma solo perché lo frequentavano uomini che il lunedì andavano a lavorare. Non ero ancora entrata nella logica di NY, o forse era solo Layla che aveva abituato così i clienti. Non sentivo puzza di fumo, e la cosa mi fece sorridere: un altro punto per me.
Mi avvicinai al palo da lapdance mentre il sipario si alzava e mi aggrappai, iniziando ad ancheggiare girando intorno ad esso, giusto il tempo di prendere il ritmo della musica e di farlo scorrere nel sangue. Mi ci arrampicai, bloccandolo tra le gambe e dietro un ginocchio, abbassandomi a testa in giù senza mantenermi. Gli applausi non erano ancora finiti, i fischi e le urla però cessarono subito. Così mi arrampicai ancora, salendo più sopra – ecco a cosa serviva tutto quell’allenamento! Non era facile saper fare un’ottima performance nella pole dance, dovevi avere un fisico scolpito ed i muscoli ben allenati. Non c’era un lungo lenzuolo che ti attorcigliavi attorno al corpo e ti reggeva quando cadevi giù: in quest’arte dovevi saperti mantenere da sola – per questo usavo abbigliamenti comodi. Amavo ballare, e la pole dance non era per nulla paragonabile alle performance delle ragazzine ubriache sui cubi in discoteca. Serviva allenamento e passione, quello che io covavo da anni. Ormai la musica mi scorreva nelle vene, il mio corpo rispondeva a ritmo ed io riuscivo a muovermi con agilità e sensualità lungo il palo e sulla pedana, per prendere fiato ed abbassare le braccia. Mi accarezzai i capelli, ancheggiai di schiena contro il palo e sollevai le mani, reggendomi ad esso. Fluttuai letteralmente nell’aria, facendo una mezza ruota al contrario e trovandomi stesa di testa in giù, ma aggrappata al palo. Scesi e risalii, attorcigliandomi per mantenermi in equilibrio. Quando la musica si fece più alta, ero in alto, pronta a lasciarmi cadere nel vuoto. Feci un respiro profondo e fui pronta: mi lasciai cadere stringendo il palo tra la coscia ed il polpaccio, bloccandomi ed allungo le mani, non toccando neanche per terra. Il cuore mi si fermò in gola, ma era proprio il brivido che cercavo nella mia vita, che si trattasse di lavoro o di uomini. C’ero riuscita! Sorrisi, anche se si vedevano solo le labbra, guardando il pubblico. Un paio di moine a ritmo di musica ed ero di nuovo a fluttuarvi intorno. Salii un paio di volte, mantenendomi una volta con un piede ed una mano, e una volta con il palo bloccato sotto il braccio. Sorrisi guardando il pubblico, restai qualche secondo a godermi i miei applausi ed i miei complimenti. Li avevo lasciati davvero senza parole, e la cosa non potette che rendermi orgogliosa. La musica finì, e le luci si spensero dopo pochissimi istanti. Scesi dal palo quando calò il sipario e mi tolsi quell’odiosa parrucca dalla testa, scendendo dal palco e infilando come sempre l’accappatoio che Mark mi offrì.

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