3. Ti penso

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Osservo con la coda dell'occhio, fino a farmi male, mio padre.

È silenzioso, assorto nei suoi pensieri, forse.

Non riesco a smettere di pensare al suo tono aggressivo, alla determinazione di mia madre e alle sue lacrime.

Stamattina non sembrava nemmeno lei, così affranta.

<<Com'è andata a scuola?>> Perché me lo chiede? Non lo fa mai, forse lui vuole conversare con me.

<<Bene>> ma io no. 

Parlavo poco con lui e quando succedeva la maggior parte delle volte le sue parole mi ferivano, talmente tante volte  che mi ero abituata ma ci stavo ancora male: non mi chiedeva mai cosa pensavo e come era andata la mia giornata scolastica, mi sgridava per i brutti voti ma non mi aiutava a studiare. Era praticamente un estraneo.

Continuo a pensare alla scena di ieri,non è la prima volta che i miei genitori litigavano, ma è stato diverso stavolta: mia madre non alza la voce con mio padre e sopratutto non risponde mai male come ha fatto.

Ferma la macchina.

<<A più tardi tesoro!>>

Tesoro? Scuoto comunque la mano per salutarlo.

Guardo l'orologio al mio polso: sono in ritardo.

Frequento il corso di fotografia da qualche mese. È la mia passione più grande.

Dopo essere stata rimproverata per il ritardo, ci siamo messi a discutere su cosa fotografare oggi.

Per quanto io ami il corso, non è quello che mi preoccupa adesso.

Tutti i miei pensieri sono rivolti a mia madre.

A quelle sue lacrime. Alle sue parole. 

Quelle bambine non saranno più loro. E sarà colpa tua.

E la penso ancora mentre aspetto che arrivi mio padre.

E la penso nel tragitto verso casa.Chissà che è successo in mia assenza ...

E la penso più forte mentre mi avvicino a casa mia

Mi accoglie il chiasso dei miei fratelli appena varco la porta.

Tolgo le scarpe e le ripongo nella piccola scarpiera di fianco alla porta.

La trovo in camera sua, davanti all'armadio: ci sta mettendo i panni puliti.

<<Ciao mamma>>

<<Bentornata. Se vuoi fare uno spuntino ci sono i biscotti>> commenta con la testa ancora tra gli scaffali.

<<Magari dopo>> mi siedo sul suo letto, facendo avanti e indietro con le gambe, quasi a farle compagnia.

<<Non devi fare i compiti?>>

<<Non li ho>>

Si gira a guardarmi, mi sorride, un sorriso appena accennato, come se le facessero male le guance.

Noto una macchiolina, che fuoriesce dalle maniche del golf che indossa, sul polso.

Glielo prendo delicatamente, alzando la manica: <<È stato papà?>> la chiazza è più grande di quanto immaginassi. Lei alza le sopracciglia, non aspettandoselo.

<<No, perché avrebbe dovuto?>>

Perché tu hai gli occhi lucidi?

<<Perché lo hai fatto arrabbiare>> bisbiglio, come se fosse un segreto.

Il labbro trema visibilmente.

<<No, te l'ho detto. Avrò sbattuto, non so>>

La guardo dubbiosa.

<<Papà non lo farebbe, mi vuole bene>> le trema la voce.

Dopo la loro ultima discussione, non ne sarei così sicura.

Le bacio delicatamente il polso leso, emi rendo conto che più che le guance le fa male il cuore.


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