È passato qualche giorno dalla visita della zie ed è arrivato il week end.
Non mi piace il week-end: non ho niente da fare.
Zenab il sabato mattina va a lezione di danza, i gemelli se ne stanno davanti alla tv -fortunati loro che vanno all'asilo- mamma stende il bucato, lava il bagno e io per aiutarla passo l'aspirapolvere e mio padre ... non ci penso nemmeno a passare del tempo con lui. Mi sento a disagio.
E ancor di più perché ho visto il volto di mia madre ogni mattina, uguale a quello di prima: provato.
Ho visto, come se non avessi visto, gli ematomi, uno sul braccio, uno sul polso, sovrapposto a quello precedente, i movimenti del braccio controllati ... come la ricopre di gentilezze, almeno davanti a noi.
Vorrei solo sapere che le fa, che sta succedendo, ma mamma non mi parla.
E mi sento ancor di più a disagio perché mio padre è seduto, qui, vicino a me.
<<Papà mi prendi il telecomando per favore? Non ci arrivo>> si alza, prende il joystick e si risiede.
Ha le mani davvero grandi.
<<Papà sai che hai le mani molto grandi?>> sussurro inconsciamente
<<Certo. Per amarvi meglio>>risponde ironico scompigliandomi i capelli, pensa di essere divertente?
Allora perché ricopri mamma di segni? Che sia un ematoma, un braccio dolorante, o quant'altro?
<<Vieni>> si alza dal divano seguito da me. Andiamo in cucina.
Si mette un grembiule, io quello di mamma. Per quanto io sia a disagio, non posso sottrarmi.
<<Oggi cuciniamo noi il pranzo.>> Noi?
<<Hai sempre detto che non sai cucinare>>
<<Sì vero. Questo l'ho imparato quando sono venuto qui la prima volta e io adesso lo insegnerò a te, è semplice>> spiega mentre si fa il nodo.
Tua figlia non sa nemmeno cucinare. Che voglia rimediare?
Prende una padella, un tagliere, due coltelli e i vari ingredienti: carote, peperoni, pomodori ...
<<Tu tagli le carote a cubettini insieme ai peperoni e ai pomodori, io inizio a prendere il riso. Poi metti il tutto nella padella>>.
Mi metto all'opera. Talmente sono concentrata a non tagliarmi che non mi accorgo subito dell'arrivo di sua sorella, mia zia.
Quante visite in una sola settimana: ci siamo viste qualche giorno fa!
<<Oh! Che state preparando?>> domanda sbirciando.
Mio padre le risponde: riso con verdure.
<<Ciao zia>>
<<Tuo padre mi ha invitato a pranzo>>
Io metto poco alla volta le verdure perché l'olio, anche se poco, è tanto caldo.
Per non far cadere la pentola, la sposto col dorso della mano, dimenticandomi stupidamente, che è calda, rimediando così una bruciatura.
<<Ahia>>fa male, tanto male. Mi cade una lacrima.
<<Che succede?>> domanda papà allarmato.
<<Mi sono scottata>> rispondo guardando la pelle arrossarsi velocemente.
<<Fortuna che non è caduta la padella>> cosa?
<<Fa' vedere>> ordina mia zia, le porgo la mano ferita che lei afferra, con poca delicatezza.
<<Mi fai male!>>
<<Smettila di frignare>> stringe di più la presa <<Non è niente, passerà, torna a fare quello che stavi facendo, altrimenti brucia>>
Passo dalla sofferenza alla rabbia molto velocemente: <<Che bruci! Ti ho detto che fa male, la mia mano sta bruciando!>>
<<Safia ...>> mi fissa, quasi a rimproverarmi, mi fa riempire gli occhi di lacrime. Pensavo che si interessasse, che si preoccupasse e invece no. Respiro affannosamente, è come se mi tremassero i polmoni, mi sento arrabbiata, anzi, sono arrabbiata.
<<Smettila di piangere! Il dolore lo devi sopportare! Altrimenti non sarai mai una donna!>> mi aggredisce mia zia.
<<Allora io non voglio esserlo!>> urlo più forte che posso, tirando su il naso, incurante delle occhiate dei gemelli e delle lacrime che cadono come pioggia.
Noto mia madre correre nella cucina, attirata dalle urla.
<<Che succede qui? Safia. Perché piangi?>>
Mi fa male la mano.
Mi fa male la guancia che Rukaya ha appena colpito.
Mi fa male il fatto che mio padre sia stato fermo.
<<Hai fatto abbastanza per oggi Rukaya>> mi difende mia madre.
Grazie mamma.
<<Tu invece non hai fatto niente! Se siamo arrivati a questo punto è colpa tua che non hai saputo educarla>>
<<È mia figlia. La educo come mi pare. E l'ho educata a difendersi. Vieni amore>> mi prendo delicatamente per mano dopo aver preso il ghiaccio.
<<Solaiman sono molto delusa da te. Pensavo sapessi tenere l'ordine>> sta zitta zia.
<<Ora stai zitta Rukaya, ok?>> certo che questa donna tira fuori il peggio di mia madre.
Una volta in bagno mamma mi fa sedere sulla tavoletta chiusa del WC.
Apre il rubinetto sull'acqua fredda.
Osservo meglio la bruciatura, mentre l'acqua ghiacciata ci scorre sopra.
<<Assomiglia alle macchie che ti fa papà>> in un certo senso me l'ha fatta lui questa.
<<Smettila Safia. T'ho già detto che non mi fa niente>>
<<Guarda che lo so che ti picchia>> bisbiglio mentre la guardo mettere la busta di ghiaccio sopra l'ematoma.
Alza di scatto la testa.
<<Lui non mi picchia -sto per ribattere che non deve più mentire ma mi precede-fa altro>> la osservo in attesa che parli.
<<Picchiare vuol dire riempire di percosse il corpo di qualcuno, lui usa solo tanta forza nei suoi movimenti. Ho finito>>. Posa un bacio delicato, quasi impercettibile sul mio dorso.
<<L'amore guarisce tutto mi diceva mia madre>>.
Un dubbio si insinua nella mia mente.
<<Se papà non ti ama, tu non lo ami, noi come siamo nati? Nel senso, perché lo hai sposato?>>
Spalanca gli occhi.
<<Parlami mamma. Non sono così piccola>>
<<Adesso basta piangere Safia. Non mostrarti vulnerabile. È il peggiore errore che tu possa fare. Devi essere una guerriera per questo mondo, per questa vita. Se no, verrai sommersa>> sembra che parli di se stessa.
<<Parlami mamma. Parlami delle tue lacrime>> le dico mentre l'abbraccio.
<<Dopo. Adesso vai in camera tua. Parlo io con la zia e il papà>> se ne va, lasciandomi sola con i miei dubbi.
Cosa ti ha fatto mamma? Cosa ti hanno fatto?
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Senza Barriere
Fiction généraleQuanto è disposta una persona per essere felice? Safia non lo sa, al dire il vero non se lo chiede. Non sa nemmeno quanto il padre sia disposto, insieme alla zia, a marchiare le proprie figlie di un orrenda cicatrice di castità e dolore, per raggiu...