1. LA PARTENZA

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Avete presente quando metti in pausa il tempo che scorre indifferente, ti guardi allo specchio e istintivamente ti viene da pensare che quella riflessa non sia l'immagine della vera te, bensì di quella tua parte che giaceva indisturbata dentro te, ma che l'odio, le bugie e le ingiustizie, ti hanno portata a tirare fuori? Bene, era così che mi sentivo. Da un po' di tempo ormai, percepivo che qualcosa dentro di me era cambiato. Mi sentivo costantemente stressata, giudicata, sbagliata, pensavo che qualcuno avesse stretto un patto col diavolo per rendermi la vita un inferno. Nulla andava nel verso giusto tanto che sarebbe mancato poco dal farmi sopraffare da un esaurimento nervoso. Ma proprio quando stavo per raggiungere il limite del tutto, dissi basta, andai in spiaggia per sfuggire alla tossicità che le persone che mi stavano attorno continuavano a infondermi, camminai lungo la riva del mare a piedi nudi, sentendo passo dopo passo le dita affondare tra i granelli bagnati, chiusi gli occhi e lasciai che la mia mente si liberasse da tutti i cattivi pensieri lasciando spazio al solo rumore del mare. Sospirai profondamente prima di riaprire le palpebre e pensare a cosa avrei potuto fare per prendere in mano la mia vita e darle una svolta positiva. Prima però pensai al perché mi trovassi in quello stato, e così mi tornarono alla mente la scuola, che ogni giorno pretende sempre più da noi studenti da arrivare quasi a privarci della nostra vita sociale e qui la colpa la diedi al sistema che evidentemente non ha ancora capito che qualcosa non va, poi pensai a tutte le false amicizie con le quali ebbi a che fare negli ultimi anni desiderando con tutta me stessa di ritornare alla spensieratezza dell'infanzia, e poi ai genitori, ai parenti, che per quanto cercano di dimostrarti il loro bene, non saranno mai in grado di capirti veramente, ed era questa la cosa che più mi faceva andare fuori di testa, il fatto che tutti pensavano egoisticamente a se stessi senza preoccuparsi di cosa desiderasse l'altro, di cosa desiderassi io, così provai a imitarli mettendo dopo tanto tempo me stessa al primo posto e gli altri dopo, ma neanche questo andava bene in quanto risultavo troppo fredda e aggressiva, quando non facevo altro che dire la mia laddove pensavo qualcosa fosse sbagliato, ma niente, nulla di me andava bene, fu per questo che mi ritrovai su quella spiaggia a stare un po' da sola con me stessa. Guardai all'orizzonte con la testa tra le nuvole e inconsapevolmente una domanda fece capolino nella mia testa: quanto poteva essere immenso il mare? A quel punto la mia mente cominciò a lavorare da sola pensando automaticamente all'oceano e subito dopo agli Stati Uniti d'America, che sin dalla loro scoperta divennero un po' il sogno prediletto di tutti. successivamente realizzai che alla mia età purtroppo non potevo fare più di tanto con qualche misero risparmio accumulato da parte in un vecchio salvadanaio, ma una lampadina si accese facendo luce nel buio che mi circondava permettendomi di vedere la soluzione che stava proprio davanti ai miei occhi. Non avrei mai potuto abbandonare la scuola ma chi mi impediva di continuarla in un altro paese? Pensando proprio all'esperienza di studiare un anno all'estero tornai di corsa a casa torturando il mio pc alla ricerca di agenzie con le quali avrei potuto concretizzare questo mio desiderio. I prezzi purtroppo erano più alti di quanto immaginassi, ma dopo svariate ricerche il destino volle che trovassi la via più abbordabile, e lì per lì, tutto ciò che mi rimaneva da fare sarebbe stato dirlo, o meglio convincere i miei genitori. Inutile descrivervi le loro facce quando gliene parlai, pensavano stessi scherzando, ma quando colsero il tono serio quanto le miei intenzioni, si guardarono dicendomi che ci avrebbero pensato. Convincerli non fu affatto semplice e richiese davvero molto tempo, fortunatamente però quel tempo non fu sprecato in quanto è grazie ad esso che in questo istante mi ritrovo sospesa a mezz'aria sull'aereo che mi porterà fuori dalla mia comfort zone fin dentro ad un nuovo territorio ancora inesplorato, dove spero la monotonia non torni a soffocarmi come fino a poco prima mettessi piede in aeroporto. Se vi state chiedendo come sia andata prima che iniziassi a volare, sappiate che dopo soli dieci minuti, impaziente e stanca di starmene seduta su delle scomodissime sedie di metallo, mi alzai in piedi cominciando a girovagare per i corridoi dell'aeroporto. Da bambina lo facevo sempre quando accompagnavo papà a prendere alcuni parenti in arrivo da fuori Italia. Correvo e correvo come una pazza finché i miei occhi venivano rapiti dalla magia di una piccola ma stupenda vetrina appartenente ad una pasticceria di vecchia data ma in grado di ipnotizzarmi come nient'altro al mondo. Vi era uno scaffale in legno sul quale vi si poteva trovare qualunque cosa, croissant, torte, muffin, ciambelle, macaron, biscotti, pasticcini, meringhe, e tutto ciò tu potessi desiderare; mi ostinavo a chiamarlo l'angolo delle meraviglie, almeno fin quando non fui grande abbastanza da riuscire a leggere l'insegna soprastante. E analogamente a tanti anni prima, anche stavolta i miei piedi camminarono da soli fino a farmi ritrovare proprio lì di fronte. A malincuore osservai come a distanza di poco tempo quella magia era completamente sparita. Il legno, di cui erano fatti gli scaffali, il bancone alla cassa o i tavoli, era ora stato sostituito da mobili in ferro, così come il vecchio bordeaux delle pareti adesso dipinte di un grigio che rendeva l'atmosfera talmente fredda da infondere tristezza negli animi. Persino i dolci non erano più invitanti, non erano più fatti artigianalmente ma per mezzo di forni e attrezzi meccanici in grado di renderli più finti del parrucchino del mio vecchio professore di matematica delle medie. A un certo punto poi, mi riscossi dai miei pensieri grazie alle urla in lontananza di mio padre che con il giornale ancora in mano gesticolava in mia direzione indicandomi di raggiungerlo. Corsi felice come una Pasqua quando avvicinandomi e osservando il grande tabellone nero capì che era finalmente giunta l'ora. Ero elettrizzata, non stavo più nella pelle. Saltellando come una bambina di 5 anni abbracciai i miei genitori sotto lo sguardo inorridito dei miei due fratellini sentendomi nuovamente felice. Li guardai a fondo ancora una volta come a cercare nei loro sguardi la certezza che non stessi sognando e quando mia madre riprese ad elencarmi per la centesima volta la sua lista di raccomandazioni capì che mi trovavo lì realmente che stavo per salire sull'aero che mi avrebbe condotta nel luogo in cui i miei sogni prendevano vita. Mandai un bacio volante prima di superare i controlli e sparire completamente dalla loro vista.

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