Circa dieci minuti fa, mentre con sguardo sognante ammiravo le fantastiche luci della città sopra la quale stavamo volando, le hostess passarono per l'ultima volta a controllare che tutto fosse pronto all'atterraggio. Pian piano l'aereo iniziò ad inclinarsi obliquamente e con le mani tenni salda la cintura timorosa di finire con la faccia spiaccicata sul sedile del passeggero di fronte. Quando le rotelle toccarono la terraferma, tutti attorno a me si guardano compiaciuti senza però far partire alcun applauso, e lì mi convinsi che evidentemente quello degli italiani, fosse davvero l'unico popolo ad avere questa stramba tradizione. Finalmente sorpasso il gate e subito, ciò a cui stavo pensando, viene bruscamente sostituito dal brusio prodotto dall'immensa quantità di gente presente in questa struttura grande quasi quanto la cittadina in cui vivo. Sentendomi piccola piccola attorno a tutti quegli sconosciuti, avanzo lentamente insieme al mio metro e cinquantatre d'altezza e ai settanta chili di bagagli, alla ricerca di una fonte di sicurezza. Non passa molto che miei occhi si illuminano di gioia nel trovarla ad aspettarmi con degli esilaranti cappellini coordinati alle bandierine italiane che mio padre e quella che presuppongo essere mia sorella ospitante, tengono in mano scuotendole in mia direzione. Sorridente ma anche un po' imbarazzata, mi avvicino a loro salutandoli come da sempre faccio, vedendoli però ricambiare la mia stretta di mano seguita da un abbraccio un po' impacciati, ricordandomi solo ora che qui in America le usanze sono diverse dalle mie. Entrambi si presentano dicendomi rispettivamente i loro nomi, William e Ariel. mi comporto di conseguenza dicendogli il mio, anche se, ora che ci penso, suppongo debbano già conoscerlo considerando che è stato grazie alla mia lettera di presentazione che mi hanno scelta, ma è comunque ormai troppo tardi. << Su Elena lasciami prendere i bagagli.>> afferma William. Non faccio in tempo a dirgli che non ce n'è alcun bisogno che lui me li sfila dalle mani mentre Ariel mi prende a braccetto guidandomi verso l'uscita. Saliamo in macchina e la testa rossa della ragazza seduta sul sedile anteriore spunta come un fungo sorridendomi. << Allora Elena, cosa ci racconti di entusiasmante, com'è la vita in Italia, mentre il viaggio come è andato, sarà stato lungo e faticoso attraversare tutto l'oceano vero, però non ti preoccupare a cas->> il signor William non le lascia finire la frase che la interrompe dicendole di parlare di meno e non assillarmi così tanto. << Io non credo di star parlando tropp->> ancora una volta non riesce a portare a termine il discorso interrompendosi da sè non appena incontra il mio sguardo accigliato ma divertito. <<Ok, forse avete ragione, potrei star parlando un po' troppo vista anche la tarda ora, ma domani mattina- dice alzando il tono di voce e puntandomi il dito contro- dopo che avrai rigenerato tutte le tue forze, sii consapevole del fatto che dovrai rispondere a tutte le mie domande o curiosità, come preferisci chiamarle perché sono davv- >> << Basta Ariel, credo abbia afferrato il concetto.>> la ferma di nuovo il padre dandole leggere pacche sulla spalla in modo da farla raddrizzare in avanti sul sedile. << Va bene va bene, ho capito>> afferma sorridendo. Passa un ora povera di chiacchiere ma piena di musica in sottofondo. Il mio intero scheletro non ce la può più di starsene seduto né un minuto in più né uno in meno, brama un comodo materasso su cui riposare, sono poche le energie di cui dispone e che mi stanno ancora tenendo in piedi. Riesco a stento a crederci quando il movimento traballante dell'auto cessa d'improvviso e questa si ferma di fronte un garage chiuso. <<Mie care ragazze, benvenute a casa!>> esclama il signor Cruz chiudendo lo sportello dietro per poi avvicinarsi al cofano. Scarica le valige che Ariel mi aiuta a trascinare, apre rapidissimo il cancelletto della staccionata color latte che circonda la casa per poi incamminarsi su una scia curvilinea di ciottoli terminante ai piedi di un ampio portico in legno occupato a destra da un carinissimo dondolo e a sinistra dalla vasta chioma dell'albero che sta al di fuori. William gira tra le dita il mazzo di chiavi alla ricerca di quella combaciante con la serratura del portone di casa. Una volta trovata, ci facciamo spazio dentro quello che sembra essere il salotto posizionato proprio sotto l'entrata. Guardo attentamente ogni singolo dettaglio, dalla carta da parati alle cornici presenti su quasi ogni mobile. Tutto ciò che i miei occhi stavano fotografando, scompare in un nano secondo per vie di due morbide mani posizionatemi sul viso mi impediscono di vedere nient'altro altro se non il buio totale. <<Su, inizia a camminare, senza sbirciare- mi raccomanda Ariel con voce furba- prometto di non farti cadere.>> dice infine ridendo e incitandomi a muovermi. Inizio a camminare sotto comando della mia host sister la quale mi ferma dopo soli pochi passi. <<Pronta??>> domanda euforica. <<3, 2, 1... ta dann>> urla scoprendomi gli occhi al termine del countdown. Una piccola torta farcita con della panna colorata e uno striscione di benvenuto appaiono ai miei occhi come il pensiero più bello che attualmente qualcuno potesse farmi, facendomi sentire nuovamente amata. Abbraccio entrambi grata per il loro gesto. <<Grazie mille non dovevate, non so davvero che dire>> rispondo sincera. <<Beh io proporrei di andare a dormire e gustare questa delizia domani a colazione>> ci dice dolcemente il signor William mentre, afferrata la torta, la depone in frigo per evitare che tutta la panna rossa e blu si sciolga sporcando il tavolo. Acconsentiamo muovendo il capo per poi lasciare la cucina e tornare nel salotto proprio accanto ad essa. <<Su presto, adesso passiamo alla parte più importante!>> sussurra Ariel salendo delle scale con in mano uno dei miei bagagli. Arrivate in cima ad esse, camminiamo lungo un'accogliente corridoio illuminato dalla luce soffusa delle lampade sulle pareti fino ad entrare nell'ultima stanza in fondo ad esso. <<Ecco a te, ti presento quello che sarà il tuo angolo di pace Elena>> e così che mi mostra la mia futura camera da letto per poi abbandonarmi e augurarmi sogni d'oro. Avanzo fino ad entrarci completamente, chiudo la porta alle mie spalle e ruotando lentamente su me stessa ammiro la stanza che tutti sognerebbero o che per lo meno io, ho sempre sognato. Un letto grande una piazza e mezza è ricoperto da una morbida coperta grigia e ben cinque grandi cuscini. Mi scaravento subito su di esso facendo si che la mia testa possa affondare e godere della sofficità di tutti quei cuscinoni. Chiudo gli occhi e le mie ossa sembrano urlare quasi di gioia. Mi sollevo sui gomiti, curiosa continuo a guardarmi attorno notando un finestrone coperto da delle lunghe tende scure proprio di fronte alla porta di ingresso nonché accanto al mio letto, di fronte quest'ultimo vi è invece un alto comò in legno bianco, nel quale domattina riporrò ordinatamente tutti i miei vestiti e un piccolo televisore su di esso. Non faccio in tempo a guardare altro che le mie palpebre decidono di congiungersi rapidamente permettendo ai miei sensi di svanire e al mio corpo di crollare in un sonno profondo, così tanto profondo che quasi temo sia andata in coma piuttosto che a letto. Finalmente la pace e i sogni d'oro di cui prima Ariel mi parlava, si infondono dentro di me, peccato che questa tranquillità non duri poco più di due brevi ore. per l'ennesima volta nella stessa giornata, il mio sonno viene bruscamente interrotto questa volta da uno strano rumore. La luce che prima di crollare ho dimenticato accesa fulmina le mie pupille quasi accecandomi, ma dopo essermici abituata, la mia attenzione si focalizza sui rumori sinistri sempre più intensi e vicini. Salto giù dal letto nascondendomi di fianco alla finestra non appena riesco a captare quello che è un tentativo di aprire la maniglia. O mio dio. I rumori si fanno più forti ed io comincio seriamente a temere per la mia povera vita; so benissimo che il tasso di criminalità qui in America è molto alto, ma non mi aspettavo certo dovessi subire una rapina o persino morire esattamente la mia prima notte lontana migliaia di chilometri dalla mia effettiva casa. Afferro la lampada sul comodino pronta scaraventarla addosso a chiunque fosse colui che pian piano sta per fare irruzione nella mia stanza e non appena questi riesce nel suo intento girandosi verso di me, l'istinto prende possesso del mio corpo facendomi urlare e correre verso di lui. Il vaso tra le mie mani però non si schianta contro la testa dell'uomo come previsto, al contrario, ogni singolo suo pezzo si sparge caoticamente sull'intera moquette. Tutto accade per via delle sue mani che alla velocità della luce bloccano una i miei polsi e l'altra la mia bocca. Completamente bloccata dal suo corpo, tutto ciò che posso fare è imbattermi nel suo sguardo fisso su di me. I miei occhi si ritrovano così incantati da due grandi iridi verdi contornate da un anello nero che sembrano teletrasportarmi magicamente in un altro mondo. Rimango immobilizzata a fissarli come fossero la cosa più bella che io abbia mai visto. Passano pochi secondi che a me sembrano essere decenni. Decide di scostare la sua mano dalle mie labbra rimaste leggermente schiuse per via dell'urlo facendomi tornare a respirare. Il mio viso è adesso interamente visibile ai suoi occhi che come i miei, non riescono in nessun modo a guardare altrove e rompere il contatto. Il rumore di una porta sbattere ci fa riscuotere entrambi facendoci allontanare all'istante. Ci voltiamo in direzione della fonte di rumore trovando Ariel di fronte la porta della mia stanza a braccia conserte. <<Non so se tu ti sia reso conto di che ore siano Noah>> sussurra e urla contemporaneamente guardando arrabbiata il ragazzo accanto a me. che sollievo! punto numero uno, non è oggi che dovrò morire e, punto numero due, perché stavo fissando così intensamente quel tizio, Elena ritorna in te per favore. Mi riscuoto da questi strambi pensieri e la mia mente torna automaticamente a ragionare. Se quello accanto a me non è un ladro, né un assassino, chi mai potrà esser- <<Iuu Elena, sei ancora qui con noi?>> domanda la rossa scuotendomi una mano davanti. << Ti presento il mio odioso gemello da adesso anche tuo fratello. >> mi dice con tono scocciato e sbrigativo interrompendo nuovamente i miei pensieri. Bene, ora si che è tutto più chiaro, era semplicemente mio fratell- aspetta... <<Cosa!?>> chiedo molto, anzi fin troppo, confusa e incapace di realizzare ciò che ho appena sentito. <<Ehi che ti succede, sembra ti sia apparso un fantasma, ho comunque detto che ti presento mio fratello Noah! >> ripete con più calma e con la fronte aggrottata. Sbianco involontariamente alle sue parole. Mando giù il groppo che mi si era creato in gola implorando dio di far tornare le mie guance della loro normale tonalità facendo sparire quel pallore. Mi giro a guardare il diretto interessato che fatico a credere possa essere realmente di una tale bellezza. Davvero dovrò convivere con un ragazzo così!? Oh no che disagio, sento già sarà una tragedia. Sento il bisogno di sentirmi dire che è uno scherzo, che sono finita in uno di quei comici show televisivi o meglio sto ancora sognando, o più precisamente avendo un incubo. Come potrò mai guardarlo negli occhi senza immobilizzarmi come poco fa. metto a tacere gli ormoni smettendo di pensare come una classica adolescente e gli tendo la mano come segno di cortesia, ma tutto ciò che fa è guardarmi da cima a fondo per poi ribattere alla sorella. <<Ciò che faccio non è affar tuo cara sorellina.>> Oh no no, di male in peggio, persino la voce è qualcosa di, di- mh non saprei nemmeno come descriverla. <<E perché non mi hai detto che sarebbe arrivava oggi?>> continua facendo riferimento a me. Mi dondolo sul posto abbassando lo sguardo alle mie mani, non appena entrambi si voltano a guardarmi. Perché mi guardano!?Cosa dovrei dire!? Va bene Elena, adesso respira profondamente, ritorna in te e comportati da ragazza matura. Prendo coraggio decidendo di guardarli anch'io e dire qualcosa, ma i due tornano a guardarsi ignorandomi finché Noah la sorpassa scomparendo dalla nostra visuale. Anche Ariel segue le sue mosse strisciando con pesantezza i piedi avvolti da delle buffe pantofole con la faccia da koala, lasciandomi sola ancora una volta. Istintivamente mi viene da pensare a quanto sia stato strano quanto accaduto chiedendomi se dovessi abituarmi a questo insolito modo di comportarsi. Confusa me ne torno a letto speranzosa di dormire almeno un altro po'. <<Benvenuta in America mia cara Elena>> sussurro ironicamente a me stessa prima di riaddormentarmi.
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Traveling in serch of herself 🛫
RomansaLa vita è breve e, quando comincia a soffocarti, non bisogna aspettare che qualcosa, o qualcuno, le dia una svolta, perché è la TUA vita, sei tu l'artefice, nonchè protagonista di ciò che vuoi accada. Quindi non startene con le mani in mano a sognar...