Capitolo 1

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CAPITOLO 1

 

Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». Genesi (2, 16-17)

* * * 

«Sei completamente fuori di testa? Questa è violazione di domicilio.»

Il ragazzo avvertì un improvviso prurito nella parte alta della schiena, ma quando si allungò per grattarsi urtò un ramo troppo vicino, e il cespuglio dietro al quale erano nascosti si mosse in maniera innaturale. «Lo sai che in prigione i poliziotti praticano abuso di potere? Non voglio diventare il sacco da boxe di cinquantenni sessualmente frustrati».

«Se non smetti di piagnucolare diventerai il mio sacco da boxe» sibilò Cheryl dando un pizzicotto sul braccio dell’amico. «Stai facendo un casino colossale!»

 «Ahi! Scusa, se penso di essere ancora troppo giovane per finire in gattabuia.»

 «La vuoi piantare? Non finiremo da nessuna parte.» Sbirciò tra le foglie ancora una volta, poi lanciò un’occhiata al ragazzo che si massaggiava ancora il punto dolorante. «Ora devi soltanto dare questo ad Hector e tornare qui, aspetteremo che si addormenti e poi entreremo.»

 Il poveretto fissò il biscotto che Cheryl gli porgeva, diventando sempre più pallido in viso.

  «Avanti Kay, è solo un cane.»

Lui deglutì rumorosamente. «Già, un pitbull di quaranta chili alto quasi come te.» replicò, ma dal tono poco convinto che aveva usato Cheryl sapeva che stava per cedere. D’altronde, quando lo chiamava con quel nomignolo era difficile che le dicesse di no.

 Così sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi furbeschi e lasciò cadere il biscotto nella mano aperta di Kyle.

 «Allora ti basterà immaginare che sia io».

 Kyle borbottò qualcosa tra i denti ma si alzò lentamente, e Cheryl dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere. Il cappuccio della felpa che lo aveva convinto a indossare per mimetizzarsi, si appoggiava sui suoi occhiali facendoli scivolare continuamente sulla punta naso.

 «Okay, dov’è la belva?»

Cheryl ispezionò il giardino attentamente. Aspettò che la sua vista si abituasse all’oscurità, bastò volerlo perché accadesse. Era qualche mese che le sue stranezze – come le chiamava Kyle – erano cominciate. In realtà alcune c’erano da quando Cheryl era nata, altre erano comparse man mano.

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