Capitolo 3

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Cheryl non era mai stata in una centrale di polizia, ma non immaginava potesse essere così poco intimidatoria. Decine di impiegati erano intenti a digitare sui loro computer, telefonare o leggere documenti su documenti, e nessuno sembrava fare caso ai due adolescenti seduti in sala d’attesa. Alle pareti erano incollate foto del personale durante le vacanze e la piccola lavagna appesa al muro di fronte a loro era ricoperta di calamite colorate.

Kyle camminava avanti e indietro, sbuffando regolarmente ogni mezzo minuto. Ogni volta che la porta si apriva drizzava la testa a una velocità disumana, per poi farla ricadere in avanti quando scopriva che era solo l’ennesima segretaria.

Finalmente il poliziotto che li aveva arrestati entrò, seguito da un’impettita signora Phindler che rivolse loro uno sguardo affilato.

Kyle scattò verso di loro. «Senta, noi non eravamo lì per rubare niente, è stata una mia idea, volevamo solo ficcare il naso.» disse tutto d’un fiato.

L’uomo li guardò con un sorrisetto divertito, come a dire “non siete né i primi né gli ultimi che mi capitano sottomano”.

L’anziana signora incrociò le braccia al petto. «E cosa mai poteva esserci di così interessante da vedere in casa mia?»

«Ci hanno detto che lei è una chiromante ed eravamo curiosi di scoprire se fosse davvero così.» le disse Cheryl, ignorando lo sguardo sbigottito di Kyle. L’aveva detto di proposito, perché sapesse che lei conosceva il suo segreto. Anche se Kyle non aveva visto niente, per qualche ragione era certa al cento percento di non essersi sbagliata. Per una frazione di secondo vide passare una strana luce nei suoi occhi, che poi scomparve del tutto.

«La signora Phindler ha deciso di non sporgere denuncia.» li rassicurò l’agente. «In ogni caso, i vostri genitori dovranno venire a prendervi qui.»

Kyle si coprì il volto con le mani. «Non ci credo.» mugugnò, guadagnandosi uno sguardo indulgente del poliziotto. «Sono un uomo morto.»

Cheryl prese il cellulare e chiamò Leanne, con il cuore che batteva all’impazzata, come un cavallo ai blocchi di partenza. Non sapeva nemmeno come dirle una cosa del genere. Guardò Kyle, che nel frattempo si era seduto accanto a lei, stringere il telefono nella mano destra così forte che sembrava temesse di farselo scappare. Il suo ginocchio faceva su e giù, e con la mano libera si torturava un lembo della maglietta blu con la scritta Welcome to Ipizza.

Nel frattempo il suo telefono continuava a squillare, ma sua zia non accennava a rispondere; poco dopo partì la segreteria. Sbuffò e premette di nuovo il tasto di chiamata.

«Oh, ciao mamma.» la voce di Kyle aveva una leggera nota isterica. «Ecco, io… No, non ho dato fuoco alla tua auto. È un tantino più, diciamo…» Chiuse gli occhi e respirò a fondo. «Sono finito in centrale di polizia, ma non è un vero e proprio arresto. Non mi hanno messo neanche le manette!»

Cheryl riprovò per la terza volta, ma di nuovo partì la segreteria. Un’ansia opprimente si fece largo nel petto della ragazza, come se una grossa mano invisibile la stesse schiacciando tra l’indice e il pollice.

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