Il bilancino di Kou è simile a un giocattolo. Fragile, colorato, con un fusto sottile e due campanelli legati a cordini rossi al posto dei piatti; così piccolo che gli sta nel palmo di una mano. È la prima cosa che vede, quando si incontrano. Kou non scappa, ne strilla come tutti gli umani: si limita a fissarlo con un'intensità che stona sul suo viso da ragazzino, e mentre si avvicina il bilancino si piega nella sua direzione, i campanelli suonano.
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La faccia di Kou si allunga in fretta per via dell'età. È tutta pelle e ossa che sporgono e occhi chiari dalla forma sottile che si allungano mentre scruta il mondo. Ha un naso piatto, la pelle delle guance macchiata e scottata, ed è incredibile la quantità di espressioni che si riversano senza sosta sul suo viso. Cambiano in fretta come il suo umore, come le onde che si infrangono sugli scogli, e sembra quasi che indossi una maschera diversa ogni volta.
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«Quando ti avvicini, suona.» Gli dice, e la sua bocca si storce tutta mentre osserva il suo bilancino pendere a destra, nella sua direzione.
«Perché?»
«Perché sei un Noppera-bo, uno yokai. I campanelli indicano dove ti trovi e mi aiutano a trovarti. Fai un altro passo.»
Lo ascolta, e mentre si fa più vicino il campanello suona ancora. E ancora. Kou ride, e solleva la mano dove tiene in bilico il bilancino.
«Visto?»
«Non è molto utile. Mi vedi, quindi sai già dove sono. Un bilancino dovrebbe pesare le cose.»
«Non posso vedere tutti gli spiriti, per questo lo uso, altrimenti come li esorcizzo?» Ribatte, assottigliando gli occhi. «In realtà misura la distanza tra i nostri cuori.»
Osservano l'oggetto in silenzio. In realtà non gli sembra nulla di speciale, ma si tiene per sé questo pensiero. Non che gli importi davvero qualcosa di Kou, o del suo giocattolo inutile, in fin dei conti.
«Hai cambiato maschera oggi. Sei una Kitsune.» Gli allunga le dita sulla fronte e le sue unghie cozzano appena sulla ceramica dipinta. «Mi piace.»
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I campanelli non suonano sempre per lui. Spesso lo fanno per altri spiriti, per yokai che Kou rincorre senza sosta per le strade di Tokyo. È incredibile come gambe così secche riescano ad essere così veloci, eppure Kou schizza via tra i vicoli, si arrampica come i gatti e sguscia via alla sua vista; nel suo vagabondare frenetico, tutta la città gli appartiene.
Sotto le sue mani, ogni spirito inquieto trova pace, ogni rancore svanisce al suono dei campanelli del suo bilancino. A volte si chiede come deve essere scomparire e disperdersi nell'aria, lasciare che le sue memorie vengano sospinte dal vento mentre la sua mente si riempie per l'ultima volta di una sensazione sola, del colore del cielo o del suono di qualche parola.
Potrebbe chiedere aiuto a Kou, potrebbe lasciarlo allungare le mani per slacciargli la maschera e mettere fine alla sua esistenza, ad ogni suo tormento.
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Anche se è difficile ricordarlo, Kou rimane pur sempre un ragazzino. E i ragazzini molto spesso hanno solo la presunzione di poter piegare il mondo ai loro desideri, non la forza. Così, mentre sta morendo, Kou sgrana gli occhi: il suo sguardo è scurissimo ed estraneo, la sua faccia si piega nel terrore più puro, qualcosa che non ha mai creduto potesse appartenergli veramente.
Il sangue si allarga sulla banchina della metropolitana, si mischia a vestiti e budella e lacrime, ed è tantissimo, troppo per un corpo così piccino. Le urla del Bakeneko opprimono l'aria, la sua ira divora quello che resta del ragazzino e della fermata e poi scompare, di colpo, così come è arrivato.
Rimane solo il cadavere, inerme. Capelli lerci, il biancore di ossa che sporgono dalla pelle lacerata. Si china su di lui, e per un momento rimane ad osservarlo. Le mani che credeva infallibili sono pateticamente serrate attorno al nulla, ogni dettaglio che da vivo lo rendeva interessante, irriconoscibile. Ci sono pezzi di carta straccia intorno a lui, sigilli che non hanno funzionato, protezioni che hanno ceduto sotto la furia del Bakeneko.
Forse avrebbe potuto aiutarlo, metterlo in guardia. Ma è un pensiero stupido che dura appena un istante; alla fine, la morte di Kou non gli suscita nessuna emozione. Gli umani muoiono in continuazione, e lui non possiede nemmeno un vero volto per piangerlo. È solo un Noppera-bo, con un corpo che nessuno può vedere e un'esistenza piena di rimpianti.
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La nuova maschera che indossa è bianca, levigata, con il mento leggermente appuntito. Gli occhi sono sottili e chiari, il naso piatto, la bocca ammorbidita in un sorriso. È la più bella della sua collezione, per quanto possa valere.
È anche l'unica cosa che rimane di Kou. Una faccia che ha strappato con le unghie e di cui si è appropriato ingiustamente. Ma Kou è morto, quindi non può farci davvero nulla. Il suo spirito si è disintegrato, dissolto; forse se i suoi dei gli hanno voluto bene lo hanno salvato e donato la pace. Forse la violenza che lo ha stroncato lo ha trasformato in uno yurei come lui, pieno di odio e rabbia e risentimento senza forma. Non che abbia veramente qualche importanza.
Ha rubato anche quel bilancino colorato. Lo ha trovato abbandonato sul cemento, e le sue dita si sono strette attorno al fusto ancora prima che lo decidesse davvero. Lo tiene nel suo zaino, tra le sue maschere, ma anche se lo tira fuori, poggiandolo con cura sul palmo, i campanelli non suonano più, né si piegano nella sua direzione.
In fondo, ha sempre saputo fosse solo un giocattolo per bambini.
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Noppera-bo: Spiriti del folklore giapponese, hanno la particolarità di essere senza faccia. Sono considerati innocui, ma si dice abbiano la tendenza a rubare e collezionare le facce delle persone che hanno spaventato o che li hanno colpiti.
Yokai: Termine generale con cui si indicano spettri, demoni o creature soprannaturali nel folklore giapponese. Possono avere sembianze umane, animali o bestiali a seconda della categoria.
Kitsune: Volpe, nella mitologia giapponese queste creature sono dotate di grande intelligenza e della capacità di assumere sembianze umane. Più una kitsune è vecchia, saggia e potente, più code possiede, fino a un massimo di nove.
Bakeneko: Yokai particolare che nasce, secondo la tradizione, quando un gatto raggiunge un'età molto avanzata o un peso particolarmente alto, anche se ci sono racconti di gatti trasformati dopo aver perso il proprio padrone a cui erano molto legati. Sono in grado di camminare su due zampe, creare palle spettrali di fuoco, e mutarsi in umani fino al punto di sostituire addirittura una persona.
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Racconti per un anno
Short StoryRaccolta di testi partecipanti al Contest "La libreria del cappellaio Matto - la seconda tazza di the" indetto da magicartist2018 PRIMA PROVA - LO SPECCHIO BUGIARDO "Essere un riflesso non è facile, fidatevi."