Nell'abbraccio della follia

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Come da programma, il primo lunedì del mese c'è La Visita: dopo l'appello, li hanno ordinatamente sistemati in fila per due e fatti salire sul pulmino bianco in religioso silenzio.

Nico non ha mai viaggiato così a lungo su un pulmino. La nuova esperienza non gli suscita nessuna emozione in particolare, e passa il tragitto con le mani poggiate sulle ginocchia nude finché la signorina Acqua non li fa scendere.

L'Edificio di Contenimento è un immenso blocco di cemento bianco con finestre sottilissime che si dispongono su diversi piani, un giardino con l'erba cortissima, nessun albero, e una recinzione di metallo e mattoni chiari. Il loro ingresso non è preceduto da nessun annuncio, o presentazione. Una guardia in divisa affianca la loro insegnante e Nico tiene lo sguardo fisso davanti a sé mentre li conduce nei vari ambienti.

Si fermano ad osservare le cabine, ovviamente, del resto è quello lo scopo della Visita. La guardia parla poco, qualche parola mentre sono allineati davanti alle teche e i Soggetti.

Sotto i suoi occhi passa di tutto, uomini e donne e ragazzi; alcuni lo fissano, altri no. Vicino alle teche c'è sempre una didascalia che indica il crimine commesso: INSURREZIONE, MANCANZA DI ADATTAMENTO, VIOLAZIONE. Per Nico non tutte hanno senso, ma si limita ad osservare insieme ai compagni.

Passano una sala dopo l'altra, per questo quando legge PAZZIA EMOTIVA ci mette un po' a rendersi conto che quella è l'unica cabina presente nella nuova stanza. Il vetro si estende per tutta la parete, sul muro che si intravede dall'altra parte non c'è nemmeno una finestra.

Il Soggetto lo sta fissando.

È disturbante, una sensazione che gli cresce dalla bocca dello stomaco: i capelli sono lunghi e tinti di arancione, un colore acceso e decisamente innaturale. I vestiti sono troppo corti per il suo corpo, scoprono pelle e tatuaggi che si mischiano tra loro; gli occhi sono nocciola e pieni di trucco. C'è un sistema solare sopra la sua testa, con pianeti in miniatura che orbitano lentamente e stelle che nascono e brillano ogni secondo che passa. Venere, Marte e Mercurio, riconosce.

«Ma sono piccolissimi!» Esclama all'improvviso, battendo le mani e ridendo. «Li hai portati a vedermi? È una cosa così carina Vivian!»

«Prassi.» Risponde la guardia, e Nico piega impercettibilmente la testa, sorpreso.

«Beh, forse dovresti dire qualcosa in più su di me però. Per esempio su come sia bella! Tu mi trovi bella, Vivian?»

«C'è la didascalia apposta.» Dice, tenendo le mani incrociate dietro la schiena. «E no.»

Il Soggetto ride, si avvicina al vetro e altri pianeti spuntano sopra i capelli, piccoli Venere che prendono il posto delle neonate costellazioni.

«Hai un tatto orribile come tutti i maschi!» Si lamenta. «Mi ricordi una canzone, faceva tipo ho dentro al petto una bomba pacifista... Un cuore armato che non si disinnesca...»

La melodia arriva attutita dal vetro, ma Nico non riesce a capacitarsi del fatto che stia davvero cantando. È la prima volta che sente qualcuno cantare, e al disagio che prova non riesce a dare un nome sufficiente a spiegare perché si senta così perso. Ha le mani sudate. È destabilizzante.

«Una bomba non può essere pacifista, è un ossimoro.»

«Oh, lo so. Ma le canzoni d'amore devono essere scritte per ossimori, sennò è troppo facile!»

La guardia sospira pianissimo, poi fa un cenno con la testa e senza aspettare imbocca il corridoio per la prossima sala. La fila si muove ordinata, ma Nico indugia un attimo di troppo e si ritrova subito indietro.

«Ciao ciao piccoli soldatini!» Li saluta il Soggetto agitando una mano, osservandoli sparire dalla sua vista. Quando volta di nuovo lo sguardo, Nico è ancora di fronte al vetro.

«Raggiungi la tua insegnante. Alcuni sono finiti qua dentro per molto meno.»

Nico lo sa che quello che sta facendo è sbagliato. Dovrebbe tornare dalla signorina Acqua e accodarsi ai suoi compagni senza sollevare altri problemi, eppure c'è qualcosa che gli blocca i piedi e le gambe, un'urgenza che gli stringe così tanto il petto da spezzargli le parole.

«Come ti chiami?»

Nico non risponde, e il Soggetto si siede per terra, gli sorride. Vicino a Venere spuntano una manciata di stelle piccolissime e delle Lune che iniziano a vorticare attorno ai pianeti che incrociano.

«Stai guardando questi?» Si indica la testa.

«Non ho mai visto così tanti pianeti.» Risponde. Di sistemi solari e galassie Nico ne ha viste poche perché sono molto rare, però i cieli sopra le orecchie delle persone sono sempre spogli e scuri, con qualche debole costellazione e buchi neri che si confondono gli uni con gli altri. Il cielo sopra il Soggetto è un tripudio di colori e brillantezza in movimento, invece. Ed è davvero bello.

«La gente qui fuori è noiosa, per questo i loro pianeti non nascono.» Gli spiega. «Un colore per ogni pensiero, una stella per ogni emozione, è semplice! Venere è l'amore, Giove la determinazione, Mercurio la preoccupazione, e così via.»

«È strano.» Commenta Nico.

«È Pazzia emotiva. Una brutta malattia, davvero.»

C'è una sfumatura nella sua voce che tradisce del divertimento, ma Nico fa fatica a coglierla e preferisce nascondere la sua perplessità dietro il silenzio. Si guardano ancora per un po'.

«I tuoi fiori sono davvero adorabili. Ne conosci il significato?»

«Solo qualcuno.»

Nico sente le corolle sbocciare dietro le sue orecchie e le foglie intrecciarsi tra i suoi capelli fino a formare una vera e propria coroncina, come se le parole del Soggetto le avessero spronate a crescere ancora più in fretta. I fiori sono più pesanti del normale, e quando intravede il proprio riflesso sul vetro sgrana gli occhi stranito.

Girasoli e gigli arancioni.

Si sforza per farli andare via. Si concentra fino a quando non li vede appassire e cadere, rimpiazzati da più discrete rose e garofani bianchi.

«Oh, tu sei sicuramente più bravo di me. Forse, se tieni nascoste le tue emozioni, eviterai di finire in questo postaccio.»

Nico fa un respiro profondo.

Ignora quelle parole e senza dire nulla se ne va via.

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