Capitolo 2: l'inizio di una nuova vita

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La costosa macchina nera in cui ero dentro continuava dritta per la sua strada, perfettamente asfaltata e circondata da alti e possenti abeti, tutto, addirittura qualche animaletto che ho visto attraversare durante il viaggio qua e là, sembrava imponente, mi sentivo piccola, insicura e spaventata, non avevo idea di cosa avrei trovato lì e anche se non lo ammetterò mai per il mio enorme orgoglio, senza i miei genitori li con me a sostenermi ed aiutarmi come hanno sempre fatto un nuovo inizio, un'opportunità così grande, sembra difficilissima da affrontare.

La paura di sbagliare e più grande di me, mi viene voglia di urlare... sto cominciando a credere di essere bipolare. Ma se prima ero così contenta di poter finalmente riscrivere la mia storia tutto da capo, ora sono terrorizzata solo all'idea.

No. Questa sarà una esperienza magnifica e non permetterò ai miei stupidi attacchi d'ansia di rovinarla, ne ho avuti in precedenza e so come affrontarli, devo circondarmi con cose che mi fanno stare bene, mi fanno sorridere e mi mettono di buon umore. Anche se sciocche, che mi aiutino. #positivevibesonly.

L'autista proseguiva silenzioso mentre io ammiravo il paesaggio fuori dal quadrato di vetro di fronte a me e cercavo di rimanere il più calma possibile. Le file di alberi disposti sporadicamente continuava e proseguì anche oltre un cartello con sopra scritto "Riverdale, the town with pep!", speriamo sia veramente così!

Eravamo arrivati, la cittadina era piccola ma non poi così tanto, era... pittoresca, lo so che è un aggettivo particolare ma proprio non ne trovo altri. È la classica piccola città, ma questa ha un qualcosa di speciale, sento che qui molte cose accadranno e molte altre cambieranno, e il mio sesto senso non sbaglia mai.

Incrocio le dita, cercando di convincere me stessa del fatto che è una bella sensazione, e non che sia speciale per qualche altra strana ragione, ma per quanto provai, non credo riuscì nel mio intento, e, purtroppo, la mia mente cominciò a vagare e fantasticare, così tanto da rischiare di far diventare questi sciocchi pensieri delle convinzioni che potrebbero cambiare la mia bella opinione su questo piccolo paesello, e nonostante cerchi di fermarla disperatamente, non posso. Va da sola.

Finalmente siamo arrivati davanti la mia nuova casa temporanea, devo dire che è particolare, non saprei, rustica, ma comunque molto bella. Ha un grande cancello grigio, un enorme giardino pavimentato davanti e un verde prato dietro, affiancato da uno spazio in cui c'è la piscina, che è piena anche d'inverno. La casa è tutta in mattoni sul beige e ha qualche scalino che porta su una spaziosa veranda, e davanti c'è questo massiccio portone in legno d'acero, lucidato a fondo.

Tutta la struttura era ricoperta da piante rampicanti, era veramente molto molto alta e grande, enorme, con diverse finestre e all'interno non cambiava molto. Era un po' cupo come ambiente, poca luce, molto legno, uno stile antico ma pur sempre d'effetto. Non è proprio nella mia top five degli arredamenti ma non mi dispiacerà affatto stare qui.

In realtà questi cari amici dei miei genitori erano loro parenti, il fratello gemello di mio padre, Clifford, e sua moglie Penelope, perciò miei zii, col mio stesso cognome.

Mi stavano aspettando sull'uscio della porta con un sorriso stampato in faccia, mi abbracciarono, mi diedero il benvenuto e mi dissero che questa ormai sarebbe stata casa mia e che potevo fare come se fosse stata quella di sempre, che speravano mi sarei trovata bene qui e che per qualunque cosa loro erano lì.

Mentre l'autista scaricava le valigie dalla macchina, la domestica di casa Blossom 2.0 mi deve togliere il cappotto e accomodare in sala, dove avrei avuto un te con i miei zii e li avrei informati un po' su tutto quello che è successo eccetera eccetera, insomma, le classiche domande.

Le mie valigie furono portate in camera e dopo una buona mezz'ora passata a chiacchierare, Penelope mi fece fare il giro della casa mentre Clifford tornava al lavoro.

La mia è una famiglia ricca, non lo sono solo i miei, infatti anche tutti gli altri parenti sono messi molto bene economicamente, inclusi questi, e, come dice sempre mio padre, la costanza è tutto, perciò non ha affatto infastidita, tutt'altro, ero contenta di sapere che tutto andasse bene, e poi d'altronde ero anche abituata, non ho avuto nessun problema insomma.

Una volta finito anche il tour della casa che essendo così grande è durato abbastanza, mi sono accomodata in camera mia, perfettamente pulita ed ordinata, dove ho avuto tutto il tempo di sistemare le valigie e le mie cose alla perfezione.

La domestica si era offerta gentilmente di farlo, ma sono una perfezionista cronica, e quindi ho preferito farlo da me.

Tanto non mi pesa, anzi, tutto il contrario. Sono tranquilla sapendo che tutto è al suo posto, dove dovrebbe essere, ma soprattutto mi sento ancora meglio quando ne ho io il controllo. Anche delle cose più stupide.

Finito di fare tutto il necessario decisi di farmi un bagno, per rilassarmi un po'. Con sali da bagno, pietra pomice, musica zen e incenso credevo di essere in paradiso. In più il bagno era caldo e fuori pioveva, il tempo che mi piace di più, tutto era semplicemente perfetto.

Dopo venti minuti buoni decisi che era ora di uscire e mi sentivo molto meglio. Una volta asciutta e sistemata tornai in camera per vestirmi e considerando che sarei sicuramente rimasta a casa, ho optato per un pantacollant nero morbido, calzettoni di lana, una canottiera di cotone, una maglia a maniche lunghe e un felpone di lana del college dei miei sogni: Yale. Molto casual ma è più in voga dei vestiti ultima moda, delle scarpe col tacco e delle borse firmate.

Si era ormai fatta ora di cena e dal piano inferiore si sentiva un profumo molto invitante e io stavo morendo di fame.

Così chiusi il libro che stavo leggendo e scollegai gli AirPod dal cellulare, che misi nella tasca della felpa. Sistemai il libro sul comodino di fianco al grande e comodissimo letto da una piazza e mezza nella mia camera e scesi le scale velocemente fino ad arrivare in cucina, dove trovai mia zia.

"Cheryl! Stavo giusto vendendo a chiamarti, la cena è in tavola" annunciò Penelope. Io, cosciente del fatto che non potevo presentarmi così a cena, anche se fossi a casa, avevo optato per un look un po' meno "casalingo" e indossai una gonna nera di cotone con delle calze pesanti sotto, un maglione rosso e un paio di stivaletti di pelle nera.

Ci sedemmo a tavola e tra una chiacchiera e un'altra la serata passò velocemente. A pasto finito chiesi a Luisa, la cameriera, se fosse possibile avere dell'acqua in camera, augurai la buonanotte ai miei zii, sarei potuta uscire se avessi voluto ma fuori era ancora brutto tempo, era inverno, non avrei trovato nessuno ed ero stanchissima.

Così presi una tisana ai frutti rossi e zenzero e tornai al piano superiore, misi il pigiama, mi sdraiai sul letto, misi in carica il cellulare, mandando la buonanotte anche ai miei genitori tramite messaggio e rispondendo a quella del mio fidanzato, lessi un'altro capitolo del libro che stavo leggendo prima alla luce dell'abat-jour sul comodino mentre sorseggiavo la bevanda calda che avevo in mano prendendo sonno.

Allora chiusi il libro, poggiai la tazza a terra, vicino l'acqua che Luisa aveva gentilmente portato, poggiai la testa sul cuscino e non appena il morbido piumone avvolse il mio corpo e io chiusi gli occhi, mi addormentai profondamente.

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