Capitolo 4

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 Quando Steve tornò in camera trovò Bucky sempre sveglio.

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I pensieri nella mente di Bucky erano sempre più lenti e riuscire a rimanere svegli era sempre più difficile. Ma doveva cercare di rimanere sveglio, perché era certo che se si fosse addormentato, se si fosse lasciato andare al sonno, al suo risveglio tutto quel paradiso sarebbe scomparso e avrebbe scoperto che tutto ciò che lo circondava non era reale ma solo frutto di un sogno.

Il materasso, i cuscini morbidi sotto la testa, le coperte calde colme dell'odore di Steve, tutto quello non poteva essere che un sogno.

E poi quella ragazza gentile che gli aveva curato la ferita sopra l'occhio, che lo aveva lavato e aveva spalmato una pomata su tutti i suoi lividi, che lo aveva coperto per cercare di fermare quei brividi che non ne volevano sapere di smettere. Tutto senza smettere mai di sorridere. Anche lei era sicuramente un sogno.

"Ciao, mi chiamo Natasha Romanov e sono un medico." Aveva detto. "Ma gli amici mi chiamano Nat. Se vuoi puoi chiamarmi Nat anche tu." Sì, doveva essere per forza un sogno anche lei.

Quindi non poteva addormentarsi. Non si sarebbe addormentato.

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"Ehi, credevo che tu stessi dormendo." Disse Steve mettendosi seduto sulla parte libera del letto e ricevendo come risposta solo un sorriso triste. "Cosa c'è che non va, Bucky? Il dolore è troppo forte?" In risposta solo un cenno di no con il capo. "Hai bisogno di qualcosa?" Stessa risposta.

Quella conversazione dava la sensazione di sbattere contro un muro di gomma. Ma, invece di farsi abbattere, Steve decise per un cambio di strategia. "Ascoltami Bucky..." Esordì con tono morbido. "Posso solo immaginare quale possa essere stata la tua vita in passato e non voglio nemmeno pensare a cosa possa significare essere aggrediti come ti è successo stasera. Ne parleremo quando starai meglio, se vuoi... Ma quello che voglio... quello che vorrei... che vorrei tanto, è poterti aiutare. Pensi di potermelo permettere?"

"Perché?" Si limitò a chiedere Bucky.

"Come perché? Mi stai chiedendo perché ti voglio aiutare?"

"Sì."

"Dio mio Bucky, in che mondo sei vissuto fino ad ora se pensi che ci debba essere un motivo preciso per aiutare qualcuno in difficoltà, oltre a volerlo semplicemente aiutare?" Rispose Steve con di nuovo un nodo alla gola.

"Non mi è mai successo. Nessuno mi ha mai aiutato così, senza un motivo preciso... senza volere qualcosa in cambio." Rispose l'omega con gli occhi che si riempivano di lacrime ancora una volta.

Quelle lacrime colpirono Steve nel profondo. Avrebbe trovato il modo di fermarle. "Allora vorrà dire che sarà la prima volta. Ok?" Il sorriso di Steve riuscì a contagiare anche Bucky che, dopo un tempo che parve infinito, rispose.

"Ok. Ma io..."

"No, basta ma. Dopo quello che ti è successo e nello stato in cui sei, avresti avuto bisogno di andare in ospedale. Mi hai convinto a portarti qui a casa, e bada bene sono felice di averlo fatto, ma adesso seguiamo gli ordini del dottore. Intesi? E il dottore ha detto che devi stare al caldo e riposo assoluto fino a nuovo ordine. Quindi adesso ci mettiamo giù e facciamo tutti e due una bella dormita. Ok?"

Ma invece di annuire semplicemente, le lacrime iniziarono a scendere ancora più forte e il petto di Bucky venne di nuovo scosso dai singhiozzi.

"Ehi, ehi, cosa c'è? Chiese Steve aiutandolo a sedersi e tirandolo ancora una volta in un abbraccio. "Cosa c'è?" Poi preso da un'intuizione improvvisa, continuò. "Non vuoi dormire?" Quando Bucky fece cenno di no con il capo, continuò. "Perché Bucky? Hai paura? Ma qui sei al sicuro... Non ti possono più fare del male adesso." Ma la risposta dell'omega lo spiazzò.

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