Avevo finalmente convinto la mia ragazza ad andare nel miglior ristorante della città per festeggiare il nostro primo anno insieme. L'avevo conosciuta tempo prima a un congresso – lavoriamo nello stesso settore - e per me era stato un colpo di fulmine.
Quella sera sembrava andasse tutto per il meglio: luci soffuse, buon vino, cibo eccellente.Poi all'improvviso lei montò su tutte le furie! Non ne capii il motivo: le avevo solo chiesto dov'era la notte precedente, infatti le avevo telefonato più volte, ma non aveva mai risposto. Mi disse, gelida, che era stanca di sentirsi continuamente controllata, che ero troppo geloso, anzi paranoico! Aveva accolto quell'invito solo per comunicarmi che la nostra relazione era definitivamente chiusa. Più volte aveva cercato di farmelo capire, ma, a detta sua, non avevo accettato la situazione, anzi ero diventato ancor più ossessivo.
Provai a calmarla spiegandole che se la chiamavo così spesso era perché adoravo sentire il suono della sua voce e se mi recavo sempre davanti a casa sua era unicamente per il desiderio di vederla! Ma lei non volle sentire ragioni... Con occhi brucianti di rabbia sibilò che non avrebbe tollerato oltre quella persecuzione, ingiungendomi di lasciarla in pace e di non cercarla mai più. Poi, decisa, afferrò la borsetta e si allontanò a grandi passi abbandonando sul tavolo, ancora avvolta nella sua confezione, la sciarpa di seta che le avevo fatto recapitare alcuni giorni prima per il suo compleanno.
Rimasi seduto, incredulo, per non so quanto tempo, poi pagai il conto e uscii con un sorriso assurdo stampato in viso. Mio padre aveva sempre sostenuto l'importanza di non perdere la faccia e io sarei morto piuttosto che mostrare il mio avvilimento!
Nei giorni successivi attesi invano una chiamata, un piccolo segno da parte sua. Non mi ero più avvicinato a lei, non avrei sopportato un'altra umiliazione.Nelle lunghe notti insonni, restavo disteso sul letto stringendo tra le mani la sua sciarpa, odorandola alla ricerca vana del suo dolce profumo e intanto escogitavo mille modi per riconquistarla. Mi sembravano tutti impossibili da realizzare finché finalmente, mentre stavo lavorando, ebbi un'idea grandiosa!
Dovete sapere che io sono medico ricercatore in un laboratorio di studi batteriologici. Sono giovane, ma godo di ottima considerazione tra i miei colleghi. I miei superiori mi reputano serio, preciso e molto meticoloso; lavoro spesso fino a tarda sera, quando ormai tutti sono tornati nelle loro case e negli uffici restano solo gli operai dell'impresa di pulizie.Il giorno seguente non fu difficile, quindi, procurarmi un microscopico tampone con un virus abbastanza innocuo, non certo letale, che giaceva lì inutilizzato da tempo. Con le dovute precauzioni lo sigillai in una minuscola busta e me lo incerottai sotto l'ascella. Passai i controlli senza problemi e portai il campione a casa.
La sera, in bagno, protetto da mascherina e guanti, strofinai lievemente il tampone su una busta intestata alla banca – destino vuole che avessimo lo stesso istituto di credito - quindi disinfettai tutto il locale accuratamente. Poi di notte, con mille precauzioni, trasferii la busta nella cassetta della posta della mia ragazza.
Lo so, non avrei dovuto farlo, ma il virus era poco aggressivo, le avrebbe causato solo una forte influenza quando avesse toccato la busta contaminata. Così mi avrebbe chiamato per curarla, come aveva già fatto una volta in passato quando aveva contratto una brutta bronchite, e io avrei avuto l'occasione per convincerla a ritornare da me.
I giorni successivi tenni sempre il telefono a portata di mano, certo che lei mi avrebbe contattato, ma il tempo passava senza avere notizie... Per poterla controllare meglio iniziai ad andare in un parco vicino all'ospedale dove svolgeva le sue ricerche. Un pomeriggio la vidi uscire in compagnia di alcuni colleghi; sorrideva e sembrava in ottima salute. Pensai che, forse, la carica virale del morbo fosse troppo bassa e nel tragitto verso casa elaborai un piano per trafugarne ancora.
Poi non so cosa accadde... All'improvviso mi sentii la testa scoppiare, le gambe non mi sorressero più e nella nebbia che avvolgeva la mia mente capii che stavo cadendo.
Ora mi trovo qui, in un letto d'ospedale, imprigionato in un cubicolo trasparente mentre, intorno a me, figure di un bianco accecante si muovono lente e silenziose come se nuotassero sott'acqua.
Al di là della finestra di osservazione, una donna con il viso coperto da una mascherina protettiva ha lo sguardo fisso su di me. Riconosco i suoi bellissimi occhi a mandorla, è Lin, la mia ragazza! Vorrei parlarle, ma un tubo mi ostruisce la gola. Vorrei farle almeno un cenno, mandarle un bacio, ma sono così spossato che le braccia restano inerti sopra il lenzuolo.
L'emozione di averla vicino sta esaurendo le mie poche energie: un velo nero inizia a coprire i miei occhi, il cuore sta rallentando sempre più: mi sembra di cadere in un baratro senza fine! NO! Devo resistere! Lin, cara, devo dirti tutto il mio a...am...amo...r...Un trillo acuto e insistente scaturì dai macchinari, ma il paziente ormai non era più in grado di udirlo. I medici, avvolti in pesanti tute protettive, accorsero per cercare di rianimare l'uomo, ma, all'improvviso, scese un silenzio rassegnato e i dottori poterono solo constatare il decesso.
La ragazza rimase in disparte, imperturbabile, a guardare tutto quel trambusto come se esaminasse degli insignificanti pesci in un acquario. Quindi si allontanò con un lieve sorriso dietro la mascherina.

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FRAMMENTI
Short StoryFrammenti di vita, frammenti di mistero, frammenti di cuore, frammenti di sogno... Raccolta di racconti brevi (in corso) © Copertina: foto e rielaborazione grafica di Laura C. © Le immagini che accompagnano ogni racconto sono anch'esse mie.