Capitolo 8 - Una femmina molto pericolosa

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Non avevo mai visto un'Ombra spingersi tanto lontano dalle montagne. Ma, soprattutto, non ne avevo mai incontrata una che avesse posseduto un essere umano.

Di solito si nutrivano dell'essenza vitale di animali di piccola taglia, di insetti, a volte di ciò che restava nelle carogne già in avanzato stato di decomposizione. Mi era capitato persino di trovarne all'interno di piante, grandi alberi secolari che esse parassitavano per periodi più o meno brevi.

Molto più raro era incontrare gli spiriti in ospiti come animali di media o grande taglia. Più raro e più pericoloso, chiaramente.

Le Ombre erano imprevedibili: sembravano vagare da un ospite all'altro senza scopo apparente, prediligendo le possessioni di poche ore. Non erano in grado di comprendere gli istinti o le abitudini alimentari delle creature che parassitavano e, se vi permanevano troppo a lungo, le conducevano all'inevitabile morte. A meno che gli ospiti non fossero già deceduti, ovvio. Ma in quel caso potevano nutrirsi solo di minuscole quantità di essenza vitale e si disperdevano dopo appena qualche minuto.

Vedere dunque un'Ombra all'interno di un uomo non solo era scioccante ma anche difficile da credere, benché la realtà fosse sotto il mio naso.

Malgrado tutti i dubbi che avevo, il tizio davanti a me sembrava proprio posseduto da uno spirito. Il velo bianco davanti agli occhi e la bocca dello stesso colore ne erano la prova. Così come il modo di muoversi e l'apparente mancanza di consapevolezza.

«Ti prego, vieni» lo chiamai, scostando la sciarpa per mostrare il collare. «Vieni da questa parte, oppure il tuo ospite morirà!»

Una possessione che durasse da oltre ventiquattr'ore era qualcosa di inimmaginabile. Una possessione umana, per di più.

L'uomo vide la pietra al centro del collare e inclinò la testa come se stesse riflettendo sul da farsi, poi cominciò ad avanzare mentre io indietreggiavo. Quella sfera colorata faceva da esca, invece le pietre laterali avrebbero dovuto offrirmi protezione mentre scacciavo l'Ombra.

D'un tratto riecheggiò nella quiete della sera una voce femminile che gridava il nome di qualcuno: «Fred! Fred!»

Quando mi girai, scorsi la figura di una donna sui cinquant'anni all'interno di un'automobile che stava sopraggiungendo. Frenò di colpo, accostandosi al marciapiede, poi aprì lo sportello e scese dal mezzo per correre verso di noi.

Quasi nello stesso momento sentii lo stridio di gomme che inchiodavano sull'asfalto e i fari di una seconda auto mi accecarono. Il suono lungo e persistente di un clacson sembrò quasi sfondarmi i timpani; stringendo i denti per il dolore reagii rapida, afferrando l'uomo per le braccia e tirandolo con violenza verso di me.

Cademmo entrambi a terra, nel tratto in lieve pendenza tra la striscia bianca che delimitava una delle due corsie della strada e il gradino del marciapiede.

Ci fu un momento in cui, poco prima che la donna che aveva urlato il nome di Fred ci raggiungesse e l'altro automobilista si fermasse per prestarci soccorso, l'uomo giacque su di me, schiacciandomi con il suo peso. I suoi occhi bianchi mi guardarono con cupidigia mentre la sua mano mi scivolava sulla giacca alla ricerca del punto in cui il cuore batteva.

Intercettando il suo movimento, gli strinsi il polso con tanta forza da sentirlo scricchiolare. Non mi resi conto che, per fermarlo, avevo dovuto esercitare una pressione così intensa che glielo avevo slogato. Eppure, lui non emise un gemito.

«Disperditi, spirito» sussurrai, portandomi alla bocca il taglio della mano sinistra. La pietra al centro del collare brillò leggermente, emettendo un calore che mi fece prudere la pelle. «Torna tra le Ombre.»

Wolf Lineage - Stirpe di LupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora