Capitolo 2

49 4 0
                                    

Elia ripose il piatto vuoto nel lavandino.

Aveva appena finito di cenare da solo: suo padre sarebbe tornato tardi.

O almeno così credeva.

Due colpi secchi alla porta lo fecero girare di scatto.

-Elia aprimi! Sbrigati!- era la voce di suo padre

Corse ad afferrare la chiave sul tavolino e si affrettò ad aprire.

Alfeo aveva tra le braccia una ragazza col viso ricoperto di sangue, dietro di lui c'era una giovane coi capelli rossi.

Suo padre lo superò marciando verso il divano, vi posò la ragazza e si diresse poi verso il bagno, probabilmente per lavarsi le mani sporche di sangue.

L'altra ragazza entrò in casa e si fermò al centro della stanza.

Guardava in basso e aveva lo sguardo perso nel vuoto.

-Scusa il disturbo- le sue parole ruppero il silenzio.

Non aveva sollevato lo sguardo.

-Mi chiamo Rose.- sembrava un sussurro, tanto era debole la sua voce.

Agli occhi di Elia parve tanto fragile in quel momento, non sembrava abituata a mostrarsi così.

Sembrava tanto più giovane di lui.

Elia lasciò passare qualche secondo, poi si avvicinò lentamente a lei e le posò una mano sulla spalla.

-Piacere, io sono Elia.-

La giovane sollevò lo sguardo verso di lui.

Il ragazzo notò che aveva gli occhi rossi: doveva aver pianto molto.

Le risolve un sorriso.

-Ora ci pensiamo noi, non preoccuparti.-

La ragazza si morse un labbro e deglutì, lo sguardo si perse nuovamente per un istante, poi Rose fece un lieve cenno col capo e riportò lo sguardo su di lui.

-Grazie.- Elia riuscì a malapena a sentirla.

Ad un tratto Alfeo ritornò in salotto e si avvicinò al divano, rivolse poi lo sguardo a suo figlio.

-Elia aiutami a portarla a letto.- era troppo stanco per portarla su per le scale da solo.

Il giovane annuì e affiancò il padre.

I due sollevarono la ragazza e sparirono su per le scale.

Rose era rimasta sola, immobile, al centro del salotto.

I suoi occhi si riempirono di nuovo di lacrime.

Lacrime che però, non voleva mostrare a nessuno.

Smise finalmente di trattenerle e si lasciò andare.

Gocce calde e silenziose iniziarono a scendere lungo le guance pallide.

Era divorata dai sensi di colpa.

Se non se ne fosse andata, se non la avesse lasciata sola, ora lei starebbe bene.

Le aveva promesso un gelato, ma non era riuscita mantenere quella promessa.

Non aver mantenuto questa piccola promessa la distruggeva e sebbene potesse sembrare una sciocchezza, lei non se lo perdonava.

La ragazza si avvicinò al muro e si lasciò scivolare a terra.

Teneva la testa tra le mani, le sembrava così pesante in quel momento.

Probabilmente era colpa della stanchezza.

-Hai un posto dove andare?- sentì ad un tratto.

Elia era dall'altro lato della stanza.

-Non vado da nessuna parte senza di lei.-

-Sarebbe meglio che tu vada, starà bene te lo prometto.- insistette lui.

-Non posso.-

-Non puoi stare qui, è pericol- . -

Rose si irrigidì di colpo e serrò i pugni: era esausta.

Tirò una gomitata al muro dietro di lei.

-No tu non capisci!- sembrava trattenersi, la voce era come soffocata - Non la lascerò sola di nuovo!- sbottò guardandolo poi dritto negli occhi.

Lui la fissò per un paio di secondi, poi le rivolse un sorriso lieve e annuì: quella ragazzina le stringeva il cuore.

-Va bene, ma non puoi restare qui sola, questo non è un posto per te.-

Rose era troppo stanca per cercare di capire cosa volesse dire quella frase, perciò disse solo -va bene- e chiuse gli occhi.

Buttò la testa indietro, appoggiandosi al muro e prese un grosso respiro.

I pensieri continuavano a rimbombarle nella testa, sembrava che nulla li potesse fermare.

Non sarebbe riuscita a dormire finché Karin non si fosse svegliata.

Non sapeva chi le avesse fatto una cosa simile, sapeva solo che, chiunque fosse stato, gliela avrebbe fatta pagare.

***

Elia aveva accompagnato Rose nella stanza accanto a quella dell'altra ragazza.

Le aveva detto di riposare e che per il suo bene avrebbe dovuto chiuderla a chiave.

Lei non si era chiesta il perché, non ne aveva le forze.

Si era messa a letto e ora era lì, con gli occhi spalancati a fissare il soffitto.

Dopo averla lasciata sola, Elia si era diretto nella stanza dell'altra ragazza: suo padre doveva essere lì.

Infatti fu lì che lo trovò: stava premendo un panno bagnato sul viso della ragazza, per asciugare il sangue dalle ferite.

Elia si avvicinò ai due.

-Figliolo mi aiuti per favore?- l'uomo gli dava le spalle.

-Cosa devo fare?-

-Ti spiace occuparti di lei per un istante? Ho bisogno di mangiare qualcosa.- si girò verso di lui: sorrideva come sempre, ma aveva il viso provato.

-Va bene.-

Alfeo si alzò e si avvicinò al figlio.

Gli posò una mano sulla spalla.

-Grazie Elia.-

-Papà è stata una giornata stancante, riposati, ci penso io tranquillo.-

-Grazie.-

Elia sorrise e rovesciò gli occhi.

-Non smetterai mai vero?-

-Colpa dell'addestramento.- sollevò le spalle.- Grazie- disse ancora sorridendo, poi uscì dalla stanza.

Elia scosse il capo, e rise leggermente.

Alzò poi la sguardo verso la giovane, che giaceva sulle lenzuola candide.

Afferrò il panno e iniziò a prendersi cura di lei.

Non era certo la prima volta che ripuliva le ferite di qualcuno.

In passato si era ritrovato spesso a scrostare via il sangue da persone a lui care, a salvare la vita dei suoi amici.

Ma questa volta era diverso.

Questa ragazza non era fatta per la violenza, gli sembrava troppo preziosa per essere rovinata dal male del mondo.

Mentre le asciugava le ferite, si mise ad osservarla: notò che nonostante avesse un labbro spaccato e i capelli castani incrostati di sangue, era molto bella.

E man mano che il suo viso si scopriva dal sangue, riusciva a guardarla meglio.

L'unica cosa che non si vedeva ancora, erano gli occhi.

Occhi che, Rose sperava, si riaprissero presto.

E, nonostante nemmeno la conoscesse, ci sperava anche lui.

GEMMARUM CUSTODESDove le storie prendono vita. Scoprilo ora