Vorrei dire tante cose prima di cominciare.
Mi vengono in mente solo tre nomi: Alex, Rose, Ranny.
Mi vengono in mente come un sussurro.
Se dovessi giustificare la loro presenza probabilmente non potrei trovare le parole.
Sono tre vite diverse, tre d...
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Ma la gente come noi è destinata a restare sempre da sola.
— Guè Pequeno, Vodoo
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«Quando ha provato la prima sigaretta?» la penna che puntualmente interroga il mio passato, Zeno Cosini in confronto è il pupazzo che tengo sopra il comodino.
«Quattordici anni credo, non ricordo» sono scettico, vago con lo sguardo. A 14 anni mia madre mi ha beccato fumare, non ha detto niente, non ha urlato. Forse, aveva già capito che il mio unico sogno era quello di rovinarmi la vita.
«E la prima canna?»
«È un medico? Un centro riabilitativo? O uno psicanalista? Non so, magari ho sbagliato reparto oggi» - burattino venduto.
«Cosa vuole raccontarmi allora?» mantiene la calma con eleganza, vorrei sputargli addosso. Le classiche sagome ben vestite che nella vita hanno avuto tutto.
«Dovrebbero legalizzare la marijuana, che male c'è? Tanto l'uomo trova altri modi per uccidersi. Insomma, perché non legalizzarla»
«Perché uccidersi?»
Metto un piede fuori dal lettino, poi ci ripenso. Torno sui miei passi, incrocio le gambe e sospiro. Non ho ancora scoperto il colore degli occhi di quest'uomo, non ho il coraggio di guardare in faccia l'uomo che beve questo dolore fino all'ultima goccia. Ha un coraggio, il coraggio che io non ho mai avuto. Il coraggio dei furbi, coloro che squadrano questa vita e succhiano ogni risorsa, vendendosi l'anima per una giusta causa.
«Ho chiuso gli occhi l'altra notte, volevo provare la morte. Poi ho capito che infondo, io mi sento solo. Ho capito che il buio non può fare paura quando è incarnato dentro di me. Ho perso, dottore, ho perso contro la vita. Lei ha delle buone ragioni da darmi? Mi guardi. Sono un'anima in pena, cerco conforto dentro gli occhi scoloriti di uno sconosciuto perché i miei familiari mi odiano, perché la persona che più amavo al mondo è morta. Quella morte mi ha liberato, sapete? Mi ha solo fatto capire la futilità di questo dolore, della morte. Quella morte mi ha dato solo la giustificazione per questo dolore che non riesce più a vestirmi. Che vita regalo a me stesso? Che futuro voglio darmi? Non lo so, l'unica cosa di cui sono davvero consapevole è che i pezzi rotti del vaso non posso più attaccarli, che devo convivere con questo marciume, devo farmene una ragione. Insomma, lei pensa che io possa vivere a lungo? Ho vent'anni ma non ho assaporato niente, solo l'invidia e l'ateismo verso questa falsa speranza»
Si insinua piano nella mia vita. Quasi di nascosto, quasi senza farsi vedere. Come se avesse paura di toccare me, la mia vita, di entrare nelle mie abitudini. Paura di vivere delle mie routine, dei miei messaggi notturni e delle mie chiamate. Paura di ferire qualcuno, di deludere se stessa. Orgogliosa.