4. Memories.

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Eren aveva riflettuto molto sugli eventi dei giorni precedenti. Il suo rapporto con Mikasa sembrava essersi disintegrato di fronte ai suoi occhi, come d'altronde tutte le certezze che aveva avuto nella sua vita. A tratti finì per chiedersi se il problema reale nella sua vita fosse lui stesso, e il male che finiva per causare a sé e agli altri.

Per quanto avesse provato con forza a fare finta di nulla, non riusciva a comportarsi in modo "normale".

Ogni tentativo di approccio verso l'amica gli sembrava forzato, una mera illusione che le cose fra loro non fossero radicalmente cambiate.

Con Armin era diverso, sembrava essere sempre comprensivo nei suoi confronti. La complicazione sentimentale era assente fra di loro, permettendogli di agire con lucidità. Da quando era diventato il Gigante Colossale, Eren poteva dire di aver trovato qualcuno che potesse capire come si sentiva.

Forte del suo appoggio e dei frequenti incoraggiamenti dell'amico, si decise a parlare con Mikasa. Si conoscevano da troppi anni per potersi comportare come se fossero due perfetti sconosciuti.

- Io le voglio bene. - aveva spiegato ad Armin. - Non la amo. Non credo, almeno, non nel modo in cui lei desidera. Ciò non toglie che darei la mia vita per lei, che il suo benessere mi sta a cuore.

L'amico aveva annuito, sorridendo.

- Magari... - continuò Eren - capiremo insieme cosa c'è fra noi.

Era ora di cena quando Eren si decise ad andare da Mikasa, armato di tutta la calma di cui era capace. Si sarebbe scusato ancora, le avrebbe spiegato e lei avrebbe finalmente capito. Quando hai i giorni contati, pensò, vedi le cose da un'altra prospettiva. Mikasa ha solo bisogno di capirlo.

Arrivò in mensa e si paralizzò di fronte all'ingresso.

Dando una breve occhiata all'interno, vide l'amica parlare animatamente con Jean.

Era più che una conversazione fra amici, di questo era certo. Erano seduti vicini: Jean teneva una mano sul ginocchio della ragazza e l'altra sulla sua spalla, i loro volti erano vicinissimi.

La cosa che più colpì Eren fu l'espressione di Mikasa.

Non ricordava quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che l'aveva vista così radiosa, con un sorriso così spontaneo e gli occhi che brillavano.

Probabilmente, fin troppo tempo fa.

Eren sentì un groppo alla gola, il cuore stringersi come se qualcuno glielo stesse stritolando. Come un parassita, si fece strada con ancor più forza l'idea che le persone stessero meglio senza di lui.

Tenendosi il petto istintivamente, Eren si voltò di scatto e fuggì via, sulle mura.

Nel tragitto si disse che ciò che provava non era gelosia.

Non era geloso di Jean per un possibile sentimento amoroso che potesse nascere fra loro: questo gli era ben chiaro.

Era solo addolorato.

Il pensiero che la sua lontananza giovasse così tanto a Mikasa lo lacerava dall'interno, senza pietà. Si sarebbe strappato il cuore se non fosse stato certo che gli sarebbe riscresciuto.

Provò con forza a ricacciare indietro le lacrime, mentre con il dispositivo di movimento tridimensionale si muoveva con velocità fra le case.

Era già buio quando arrivò a sedersi sul ciglio delle mura, finalmente solo e lontano da sguardi indiscreti. Si svestì del suo equipaggiamento, tolse gli stivali e sbottonò la camicia, nonostante il freddo autunnale.

Nulla è la morte per noi. - ErenxLeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora