Capitolo 4 - Uno strano messaggio

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<Presto, presto, faremo tardi!! Sveglia!! > erano da poco passate le otto del mattino, e Maarten iniziò a urlare alla famiglia

La partenza era fissata alle dieci, sarebbero presto tornati a casa in quell'inferno che la piccola Elsbeth sperava di non rivedere più, per quanto fosse pienamente consapevole del fatto che quel desiderio fosse, a dir poco, utopistico... ma non era il momento di pensarci, sarebbero partiti, è vero, ma non per Amsterdam; la loro meta, quel giorno, era Harstad, distante circa 4 ore e mezza, tra aereo e treno;non vi era possibilità di raggiungere la città unicamente via terra, di conseguenza avrebbero dovuto fare uno scalo intermedio.

Prima di poter anche solo pensare di salire sopra quel volo, dovevano raggiungere l'aeroporto, e l'unico modo era tramite una navetta... solo dopo mezz'ora di tragitto si sarebbe potuto parlare di "prendere il volo", e consci di ciò, tutti e tre i membri della famiglia diedero inizio a una vera e propria maratona per riuscire a sistemarsi in meno di 20 minuti, dato che l'autista avrebbe suonato alla loro porta alle 8:22 esatte.

I piedi scalzi di Elsbeth e della madre Joyce trasmettevano al resto del loro corpo il gelido del pavimento, incredibilmente più freddo del quasi afoso tempo atmosferico; in Norvegia non puoi mai sapere se ti trovi sopra un lago ghiacciato o un pavimento finchè non ti rendi conto di essere caduto in acqua... le bassissime temperature non aiutano le sensazioni a "mettersi d'accordo", ma alcune volte l'estate sembrava prendere il sopravvento, sebbene difficilmente superasse i 20 gradi di temperatura.

<Come sto, mamma?> chiese Elsbeth mentre cercava di indossare una salopette, una camicia bianca di lino e delle scarpe da tennis vecchie quasi quanto lei, comprate a una vecchia bancarella vicino la famosa "piazza delle statue", Rembrandtplein, nella sua odiata Olanda

<Bene amore mio, sei splendida!> disse indossando di tutta fretta una maglietta viola, talmente stretta nel collo da lasciarle alcune, appena visibili, linee violacee in corrispondenza della carotide... per quanto fosse una risposta "veloce" i suoi complimenti erano sinceri, aveva sempre amato alla follia sua figlia.

Il padre, intanto, con affannosa ricerca, sperava di trovare le scarpe che aveva indossato ieri, delle scomodissime Nike regalategli dalla moglie, che per quanto fastidiose potessero essere, non era sicuramente il tipo da ferire la sua famiglia per così poco; si era ripromesso di andare a cambiarle ma, con lo scontrino ancora conservato dentro la cassaforte, non trovò mai la forza di farlo.

Maarten diede un'occhiata all'orologio da polso, e notò che mancavano meno di cinque minuti all'arrivo dell'autobus; fortunatamente le borse erano stato preparate la sera prima, altrimenti il viaggio sarebbe rimasto un flebile ricordo, assieme ai 600 euro spesi per renderlo possibile... improvvisamente il cellulare iniziò a squillare

<Pronto?> chiese lui, cercando di legarsi la cravatta, finendo però per bloccare la sua mano sinistra nel nodo appena fatto, tanta era la fretta

Non rispose nessuno

<Pronto?> domandò nuovamente, con maggiore insistenza

Non ricevendo alcuna risposta, per l'ennesima volta, riattaccò... appena in tempo, l'autista era arrivato.

Uscirono dalla porta come dei tori al rodeo, scalciando contro la povera struttura in legno, apparentemente appena restaurata, cercando di arrivare alla portiera quanto più velocemente possibile

<Arriviamo!> urlò Joyce

L'uomo alla guida del mezzo, un poco raccomandabile individuo sulla quarantina, li scrutava dall'alto in basso, cercando di non fare attenzione al fatto che i genitori della bambina avessero l'uno la calza dell'altro, inavvertitamente scambiata durante la turbolenta mattinata; Elsbeth fece un ghigno, provando a capire cosa stesse osservando, e rendendosi conto della ridicolosità della scena, non poté' fare a meno di portarsi una mano in fronte, oscurando la vista, obliterando però il biglietto con precisione chirurgica.

Passarono dieci minuti, e tutto era tremendamente tranquillo sull'autobus, sebbene pieno di gente; d'altronde mancava pochissima strada per la meta; erano finalmente riusciti a raggiungere la navetta, contenti di aver fatto un altro passo avanti nella loro, tanto desiderata vacanza in Norvegia, che quasi non notarono un povero cervo morto sul ciglio della strada, investito probabilmente qualche minuto prima.

Svoltato un angolo vicino una piccola foresta, una macchina di colore rosso non ben identificata, attraversa il campo visivo dell'uomo alla guida, costringendolo a una brusca manovra verso destra nel tentativo di evitare il pirata, finendo però con l'urtare il ciglio sterrato della carreggiata.

L'autobus, con 30 persone al suo interno, iniziò quindi a girare su se' stesso per un totale di due volte, per poi precipitare in un avvallamento poco distante dal luogo dell'incidente; Elsbeth era riuscita, durante la tremenda giravolta, a mandare un "AIUTO" alla sua nuova amica Astrid, non sapendo se l'avrebbe letto o meno, o addirittura se le sarebbe arrivato in poco tempo; non riusci' nemmeno a finire il suo pensiero, che un violento urto le fece perdere i sensi.

Risvegliatasi, notò che il Sole era quasi in prossimità dell'orizzonte... in un cielo privo di nuvole splendeva come un diamante arancione nell'immensità del cosmo.

Ancora intontita, leggermente sanguinante sul braccio sinistro e, apparentemente del tutto priva di altre lesioni, diede una rapida occhiata ai suoi genitori... assieme a una decina di altre persone, erano ancora privi di sensi, mentre delle rimanenti 19, tre erano decedute a causa di alcuni tronchi di un'imponente quercia, penetrati proprio dai finestrini nei quali essi si trovavano, colpendoli in pieno volto, mentre gli altri 16 confabulavano qualcosa di incomprensibile.

Prese il suo telefonino e lesse l'orario... erano le 18:39, il che significa che erano passate più di otto ore dal loro incidente, e curiosamente nessuno era andato a soccorrerli, per quanto vicino fossero alla città.

Osservando la barra delle notifiche notò il nome di Astrid, rincuorandosi immediatamente... anche se non si era fatto vivo nessuno, per lo meno la sua nuova amica sapeva che erano in difficoltà, di conseguenza era logico pensare che avesse gia' chiamato i soccorsi; "era logico pensarlo", se non fosse per il fatto che quel messaggio nascondeva qualcosa di macabro, qualcosa che inizialmente la piccola Elsbeth non riusci' a capire; il testo recitava:

"Oddio El, che succede!?" messaggio inviato alle 9:45

"EL! Rispondimi!" messaggio inviato alle 9:48

"El, ti prego, ho provato a chiamarti ma non sei raggiungibile... dimmi qualcosa!" messaggio inviato alle 10:04

" El stai bene? Sono veramente preoccupata, e non so se mi spaventino di più le vostre condizioni di salute, o quello che sta succedendo in città... dannazione, è passata solo un'ora e qui sembra di essere in piena guerra, non ci capisco niente.

Ho chiamato la polizia, ma non vi sono pattuglie disponibili; il centralino mi ha detto che sono tutte impegnate a difendere il paese, qualcosa tipo sicurezza nazionale, non ho capito bene... quanto vorrei poter essere lì ad aiutarti.

In televisione hanno detto che qualcuno, in preda alla rabbia, sta decimando la popolazione, e nessuno sa chi sia, o da dove sia venuto... anzi siano, dato che ormai sono centinaia; raccomandano di stare chiusi, al sicuro nelle proprie case e consiglio anche a voi di fare lo stesso.

Capisco che siete in una situazione tremenda, e mi dispiace davvero, ma purtroppo nessuno qui è più al sicuro; nemmeno noi, che abitiamo poco fuori dalla città, sappiamo bene come gestire questa strana situazione; il nostro vicino sta smanettando con un fucile, non mi sento tranquilla nemmeno in camera mia... fammi avere tue notizie al più presto, ti prego" messaggio inviato alle 11:19

Il telefono le cadde dalle mani, urtando violentemente contro il rivestimento sotto al suo sedile... non sapendo cosa fare, si portò una mano alla bocca e iniziò a singhiozzare, terrorizzata da quelle parole e dalla loro salute, a quanto pare, precaria.

Di colpo la sua attenzione cadde sull'autista, adesso in piedi e fortunatamente ancora vivo, che teneva in mano un microfono; accese la radio e iniziò a comunicare qualcosa ai passeggeri, qualcosa che poteva essere frutto soltanto del miglior regista horror...

L'ultimo viaggio (IN LAVORAZIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora