Parte 4 - APOCALISSE

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2.1 – giugno/luglio 1914

Stavamo facendo nuovi progressi. Il tepore di quei pomeriggi di fine giugno era come linfa fresca nelle vene e l'entusiasmo era palpabile, alle stelle.

L'incubo di quella mattina era un lontano ricordo, non sentivo più quelle voci. Ci pensavo, non lo nascondo, ma la preoccupazione si stava allontanando, sfuocata dalla mente. Ormai, ero convinto che fosse stato solo un fattore di stress e stanchezza, niente di più. Amanda era straripante, un fiume in piena che trascinava tutti con il suo entusiasmo. La sua determinazione era un esempio da seguire per quelle giovani ricercatrici e ricercatori che venivano a darci una mano.

Facevo sempre tardissimo la sera, d'altronde, non avevo molti impegni che mi attendevano a casa. Preferivo tormentarmi sulla fine del nostro rapporto tra le mura del laboratorio, dove mi sentivo meno solo e cercavo conforto nelle certezze della matematica, sfacendo e rifacendo i calcoli, in cerca, tra numeri e simboli, di qualsiasi piccolo appiglio che mi spingesse oltre ciò che avevamo già scoperto.

Il pensiero ritornava sempre alla sera in cui le dissi che sarei partito per l'addestramento militare. Una sola lacrima solcò il suo viso, non disse una parola. Uscì dalla stanza, sentendosi sconfitta da mio padre e dalle mie debolezze. Non la sentii e non la vidi per molto, troppo tempo e, quando lo feci, era già oltremodo tardi.

Ero isolato dal mondo esterno, in quei momenti, e tutto intorno diventava sfuggente, avvolto com'ero, nel buio di quei pensieri. La sentii dietro di me, il solito passo leggero e risoluto, ma stavolta, invece di salutare, si soffermò a guardarmi. Sussultai sorpreso, sentendo la sua voce.

"Ancora con quei calcoli?"

"Non ne vengo a capo, Amanda..."

La guardai distratto e iniziai a vomitare parole, forse per frustrazione o forse perché avevo paura che volesse dirmi qualcosa... di diverso dal lavoro.

"Se colpisco tramite neutroni l'Uranio235, s'innesca una reazione, giusto?"

"Fino a prova contraria, sì, Erik". Rispose quasi spazientita, ma non ci feci caso, la ignorai e continuai con il mio ragionamento.

"Quindi... una conseguente fissione dell'atomo in due di dimensioni più piccole, con emissione di energia."

"Una reazione a catena, sì!", finì per me.

"Ok. E cosa succede? Si producono nuovi protoni che vengono assorbiti da altri atomi di Uranio235, con nuove fissioni".

Mi guardava in silenzio mentre scuotevo la testa scoraggiato.

"Non so come controllarla, capisci? Oltre al fatto che dall'Uranio 238 si forma Plutonio239, che resta radioattivo per milioni di anni, prima di spengersi, e non abbiamo idea su come gestirlo..."

"A questo, può pensarci Alice, è il suo campo", rispose, e si sedette accanto. Le sorrisi distratto, sentendo il profumo dei suoi capelli castani che le ricadevano dolci sulle esili spalle. Un fisico così fine e un carattere così forte...

Con la mano destra, mi toccò la guancia sinistra, facendomi voltare, con un movimento deciso, senza esitazione, e mi baciò. Il calore delle sue labbra, i miei occhi che si spalancavano per la sorpresa.

"Tanto se aspettavo te..." Come al solito, quei cinque secondi di silenzio furono di troppo e non ebbi il tempo di dire niente.

"Ce l'hai sempre con me, perché non ti ho aspettato quando ti arruolasti nell'esercito, vero?! Tre anni, Erik..."

"Beh..."

"La colpa è tua che non ti sei saputo opporre al volere di tuo padre, non te lo scordare. Facile poi fare il soldatino offeso..." Il sentire quella parola mi fece sussultare. Mi rabbuiai un attimo, ma scacciai subito via ogni tipo di pensiero. Per fortuna, non si accorse di niente.

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