𝐶.11

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«Annette?»  *Knock knock*
...
«Anny?»
A quel punto, provò a girare la maniglia della porta, ma era chiusa a chiave.
Gli venne soltanto per un attimo la tentazione di sbirciare dalla serratura.
*Bussò di nuovo.*
«Hey, Anny?!»
Quando non ricevette alcun tipo di risposta per la terza volta, decise di lasciar perdere, *avrà le cuffie, è impossibile che stia già dormendo*, *le parlerò domani*.
Rimaneva soltanto la televisione ancora accesa, che emanava calore e illuminava parte di quel triste e cupo soggiorno.
La stanchezza si faceva sentire, arrivò anche per lui il momento di andare a dormire, e tra le voci delle repliche del telegiornale:
«Un'auto... una Dodge Rewis nera...» , l'uomo prese il telecomando nascosto tra i cuscini imbottiti del divano e spense tutto... Poi, tra quelle gelide mura di casa, echeggiò il silenzio più totale.
Gettò un'ultima occhiata in fondo al corridoio buio dove c'era la stanza della figlia, e si rintanò sotto il piumone caldo.
Poggiò la nuca sul cuscino morbido del suo letto matrimoniale, alleggerì la mente da tutti i suoi pensieri, e sprofondò nel mondo dei sogni qualche secondo di quiete più tardi.
La figlia invece no, e ricordò di sistemarsi lo zaino con i libri delle materie scolastiche soltanto quando le lancette dell'orologio raggiunsero la cima.
Ormai si era fatto tardi, *un'ora prima o un'ora dopo che cambia?*, *non ne posso più...* , *Quando faccio diciotto anni vi mando tutti a fanculo!* .
Ignorò momentaneanente quel dovere, e presa dall'agitazione, e dalla voglia di ribellione, decise di fumare una sigaretta al volo nel balcone sperando comunque di non essere sgamata dal padre.
Aprì lentamente il cassetto del comodino e impugnò l'accendino che aveva nascosto sotto la sua biancheria intima, tirò fuori il pacchetto di marlboro dalla giacca nera appesa nella sedia della scrivania, e uscì piano piano nella facciata della sua stanza, impaziente e pronta a fumare.
*Non posso farci nulla, ne ho bisogno...*
Il rumore della rotella dell'accendino rimbombò in quasi tutto l'isolato, mentre le sue mani pallide tremarono a causa del freddo e da quella marcata sensazione di ansia che le faceva quasi bruciare l'interno del torace.
Ogni tiro era lungo, veloce e le alleviava lo stress, ma i suoi deboli polmoni marcivano silenziosamente nella totale consapevolezza dei danni che si stava causando.
Furono proprio quelle sue stupide scelte a portarla a fare quella vita, non poteva negarlo, lei omai era diventara una delusione persino per sè stessa; soprattuto quando da lì a poco si rese conto che, oltre il fumo, anche l'alcool stava iniziando a condizionarla.
Conosceva perfettamente i pericoli a cui andava in contro, ma non le importava più di tanto... Era fermamente decisa a cambiare prima o poi, ma continuava a rimandare quel giorno senza farci caso.
Ma dopo qualche minuto, riuscì finalmente a tranquillizzarsi e a smettere di pensare...
In lontanza sentì i canti dei grilli, che ogni tanto venivano interrotti dai fastidiosi rumori delle auto.
Proprio di fronte a lei invece, in fondo la strada, i marciapiedi bagnati riflettevano l'autentica luce della luna, e la puzza del fumo riuscì quasi a mescolarsi con l'odore della pioggia.
Gettò con forza il resto del filtro giallastro e pieno di catrame in lontanza sperando che nessuno potesse mai sospettare che fosse suo; rientrò silenziosamente nella camera e fece un grande e silenzioso sospiro per scaricare ancora una volta la tensione.
Dopo qualche minuto, si tolse le ciabatte per evitare di far rumore e si diresse verso la porta d'ingresso per recuperare quella cazzo di cartella che ancora doveva essere sistemata.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 04, 2020 ⏰

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