I

141 0 0
                                    

8 settembre 2019
Hawthorne Hills, Seattle

Ancora una volta ero pronto per riprovare le sensazioni sgradevoli del primo giorno di scuola. Affrontare gli sguardi dei ragazzi fermi davanti alla porta d'entrata che aspettano proprio te: il nuovo arrivato. Ed io ero il soggetto perfetto. Mi definivo un punk moderno. Avevo alcuni tatuaggi sul braccio destro, una luna e un cuore spezzato su entrambi i diti medi, una piccola croce sul dorso della mano e una grossa rosa nera sul collo. Capelli lunghi sul ciuffo e non troppo corto sui lati, portati all'indietro grazie all'enorme quantità di cera e lacca, a volte però lasciavo che ricadessero sul mio volto. Colore preferito? Assolutamente nero. Il mio outfit era composto per la maggior parte, se non del tutto, di tonalità di nero e a volte anche grigio scuro. Amavo le giacche di pelle ma non quelle con le borchie, semplici. E cosa più importante, per la quale risultavo molto più all'occhio dei miei osservatori, musica a palla nelle cuffiette.

Nell'arco di due anni ho cambiato esattamente tre scuole differenti, tenendo presente quella nuova.
Questo successe poco dopo che mio padre decidesse di volersi rifare un'altra vita senza di me e mia madre lasciandoci nella merda. Questo distrusse mia madre al tal punto di farle credere che affogarsi nell'alcol avrebbe guarito le sue ferite o risolto qualcosa, in realtà stava mandando a puttane anche la mia vita. Lavora come cameriera al Dinner, un piccolo ristorante stile anni '50, ma non bastava per pagare le bollette e l'affitto e in più spendeva la maggior parte dei soldi al Mornigstar Bar.
A volte faticavo a considerarla una madre. Non ricordo un momento in cui mi avesse mai dimostrato qualsiasi tipo di affetto; una carezza, un'abbraccio. Ma ben poco mi importava, insomma, ormai convivevo così da molto, bisogna farci l'abitudine.
Così alla fine ero io che mi occupavo di pagare tutte le spese lavorando qualche volta dopo scuola. Per un periodo i soldi che portavo a casa me li ero guadagnati facendo alcuni incontri di boxe al Circolo, quel tipo di cose illegali per cui la gente si diverte a scommette.

Ad essere sincero odiavo la scuola, e con se anche tutti i ragazzi che la frequentavano. Tutti troppo perfettini -vestiti tutti firmati con i capelli pettinati allo stesso modo, come se l'originalità fosse andata in vacanza-stronzi e con la puzza sotto il naso circondati da altri loro simili pronti a prendersela con il più debole, perché troppo poco uomini da prendersela con se stessi o con quelli della propria taglia. Ogni scuola è composta di queste persone, nessuna fa eccezione.
E avendone cambiate tante posso assicurarvelo.
Per quanto riguarda l'ultima scuola che ho frequentato, beh non è stato l'anno migliore.
Ero riuscito a farmi solo una vera amica ma di cui ho perso i contatti.
Era una scuola per ricchi e l'unico vero motivo per cui ero stato ammesso era perché il preside avrebbe potuto farmi tutto quello che voleva senza che io potessi scatenare la furia del mio ricco paparino.
Inoltre si divertiva a mettermi i bastoni tra le ruote, come per esempio non farmi ammettere nella squadra di football. Ogni cosa era buona per farmi dare una sospensione ma non cosi tanto da farmi espellere. Ma ben presto arrivò quel bellissimo giorno in cui, per una lite pesante con un mio coetaneo, mi buttò finalmente fuori. Ricordo ancora il sorriso sulla sua faccia da culo quando riuscì a liberarsi di me, pensando che così mi avrebbe rovinato la vita invece me l'aveva appena migliorata -migliorata si fa per dire.
Per non parlare poi degli insegnanti. Persone senza un animo che se ne fregavano dei propri alluni e sopratutto di me, che non potevo permettermi i libri o cose del genere.
Ma a volte, dove c'è tanto male, c'è sempre un animo buono. E per mia fortuna ne trovai uno: Donnie Boswell. L'unica essere umano in quella scuola, almeno grazie a lei riuscivo ad alleviare il dolore che mi provocavano gli altri.
Nonostante odiassi la scuola non potevo restare a casa. Era l'unico posto dove non dovevo sopportare mia madre e le sue sbronze. L'unico posto in cui non sentivo le sue urla e gli insulti.

Era un modo per andarmene senza muovermi veramente.

L'ultima mia spiaggia era questa scuola, la Hawthorne High School Istitute. Era ben diversa dalle altre scuole. Non era ne un liceo ne un college e accoglieva ragazzi dai 16 anni finno ai 21 con diverse difficoltà. Un'istituto che dava una mano anche alle rispettive famiglie, accogliendo i propri figli offrendo un'istruzione gratuita e un sostegno psicologico e diversi programmi di recupero per ragazzi dipendenti da droga o alcol.
In generale erano ragazzi con problemi di droga o con famigliari dipendenti, disturbi mentali lievi o ragazzi orfani o con genitori single che faticavano a sostenerli. Dava una speranza a chi la speranza non sapeva cos'era.
Non è stata proprio una mia scelta ma degli asse oltre perché era frequentata dalla mia migliore amica Holland Parker e lei si trovava molto bene.

Nowhere boyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora