19.

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"Salve." Disse la donna sulla quarantina che era appena entrata. Aveva un lungo camice bianco, ciabatte orrende ai piedi e uno stetoscopio attorno al collo, quindi doveva essere una dottoressa.

"Buon giorno." mormorai, cercando di apparire dolce, affidabile e assolutamente non una delle criminali più ricercate del Giappone.

Scorse un po' i vari fogli della cartelletta che aveva in mano, poi sollevò lo sguardo e sorrise.

Inquietante.

"Allora, qui leggo che ti chiami T/N, giusto?" Chiese, avvicinandosi al letto.

"Onestamente, questo lo so solo perché me l'hanno detto i due ragazzi qua fuori. Non ricordo nulla prima di cinque anni fa. Però sì, direi che mi può chiamare così."

Si sedette accanto a me, sulla poltrona dove prima c'era Bakugou. "Bene, T/N, adesso dovrei visitarti. E' ok per te?"

"A questa domanda qualcuno ha mai risposto di no?" Rise.

"Credo che tu sia una delle poche a cui la faccio proprio... di solito le visite si fanno e basta."

"Allora sono costretta ad acconsentire. Cosa devo fare?" Chiesi, abbastanza rassegnata.

Mi sentì il battito, il respiro, trovò una costola incrinata, controllò le pupille, e un sacco di altre cose che lei faceva meccanicamente e che io seguivo, sperando di non lasciarmi sfuggire niente di compromettente.

"Certo che-" Disse, mentre era dietro di me con lo stetoscopio gelido sulla mia schiena. "-hai proprio tante cicatrici."

Le dissi la prima cosa che mi venne in mente: "Eh, sì, beh, mi alleno con i due qui fuori ed è capitato, a volte per sbaglio, ehm... che ci ferissimo a vicenda... loro però fanno gli eroi, io sembro una criminale, tutta ricoperta di cicatrici così..." Ridacchiai, sperando di non suonare troppo nervosa.

"T/N..." Si era fermata, appoggiandomi una mano leggera sulla spalla. Sembrava sul punto di dire qualcosa, poi però si allontanò, segnando qualcosa sulla cartelletta.

"Ti prescrivo degli esami, anche se ho già una mezza diagnosi. Credo che tu soffra di amnesia dissociativa."

"Che cosa significa?" "Che hai passato una serie di traumi, di situazioni estremamente spiacevoli, che hanno danneggiato la tua mente. Procurandoti un vuoto di memoria che si è esteso anche a tutta la tua vita prima di quegli eventi."

Tacqui un attimo, metabolizzando ciò che aveva detto. Mi corse la mano alla tempia, e il tessuto cicatriziale mi fece ricordare la "routine" di ogni sera con il dottore. E a pensare a quel viscido individuo mi tornarono in mente le parole che il capo aveva detto quando lo minacciavo: il dottore aveva svolto i più svariati esperimenti su di me.

Era stato lui. Era per colpa sua se non sapevo nulla di me prima di cinque anni fa.

"E quindi cosa posso fare?" Le dissi, con rabbia trattenuta.

Scorse un po' la cartelletta fino ad un documento. "Sicuramente psicoterapia. Servirà a pacificare la tua mente ed i ricordi che hanno indotto l'amnesia. Inoltre negli ultimi anni sono risultati utili la tecnica dell'ipnosi e i colloqui con l'utilizzo di farmaci, quindi questi saranno sicuramente parte della terapia. Spero di non starti sommergendo troppo con tutte queste informazioni..."

"Quando inizio?" "Come scusa?"

Era ovvio che volevo ricordare, riappropriarmi della mia vita. Perché era così sorpresa?

"Quando inizio la terapia. Per ricordare." Tacque.

"Di solito..." Aveva iniziato a parlare con tono condiscendente e guardandomi strano. "Di solito ai pazienti serve più tempo per accettare una diagnosi simile." Ecco, avevo agito impulsivamente e adesso sospettava di me. Oramai tanto valeva spiegarmi, almeno un po'.

//Lo scetticismo genera contraddizione\\ BakugouxreaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora