Capitolo 1: Presa di Coscienza

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RedCity, anno 200. Gli abitanti della sprizzante città sono tutti un fervore, sentono il cambiamento: lo si percepisce nell'aria. Tutti, tranne uno.

Anche perché, diciamocelo, è impossibile che un uomo con sani principi possa avvertirlo. Come, scusa? I sani principi fanno degli uomini il cambiamento stesso? Avrei da ridire, visto il fatto che questi "sani principi" abbiano portato al collasso sociale.
Proprio così. Collasso. Sociale.

Rin lo ha capito bene. É per questo che non ha obbiettivi o, almeno, è quello che credeva fino a quel momento. Lui, così fragile ed astuto. Lui, che per non far mancare nulla alla mamma ha deciso di privarsi del necessario. Lui, che da 18 anni a questa parte non aveva capito nulla della vita, ma, allo stesso tempo, sapeva che ciò che faceva, giusto o sbagliato che fosse, era necessario.
Necessario, azzerderei anche ineluttabile. Anzi, no. Incommensurabilmente strano e ricco di sfumature.

Rin, un povero ragazzo grigiastro che credeva che le cose non potessero cambiare.

Faceva bene, si. Faceva bene. È già impossibile cambiare una piccola circostanza, e lui aveva intenzione di cambiare il mondo.

Tuttavia, immaginando un capovolgimento repentino della sua cangiante situazione, comprendeva le difficoltà che il cambiamento provoca. Sempre.

Che difficoltà potrebbe provocare? Te lo dico io. Anzi, ci pensa Rin.

Il male è ovunque, caro cucciolotto.
È riuscito ad attecchire anche nella tua inutilissima anima.

Chini il capo? Piangi?
Dai, non cercare di darmela bere! Lo hai fatto. Vedessi il tuo viso!
Me lo ricordo bene, sai?
Occhi spalancati. Orridi di vendetta. Labbra consumate a furia di avventarti su di esse. Unghie consumate dal dolore. Mani macabramente cupide di vendetta.
Cerca di prenderti le tue responsabilità, non puoi pentirtene. 
Hai fatto la cosa giusta.

Giusta?

Forse per te. E per tua madre? Era giusta?
Non penso proprio. In fondo, amava tuo padre.
Ah, non era amore quello? E cos'era?
Abitudine? Compromesso?

In effetti, quando subentra l'abitudine in un rapporto, tutto si sgretola.
Quel fantastico nido di porcellana va in frantumi.

Quindi, hai visto?  Hai eseguito un lavoro eccellente.
E dimmi, cosa hai provato nel farlo? Quale sensazione hai percepito?
Paura? Angoscia? Vergogna?
Suvvia, non hai di che vergognarti. In fondo, hai solo ucciso tuo padre.
Signori, non vuole smettere di piangere! Che bambino, che sei!
Ah, scusa: i bambini non commettono omicidi.
In fondo, quello non poteva essere considerato come tale.
Io lo chiamerei piuttosto "atto di libertà intellettuale".

Non capisci? Hai ampliato i tuoi orizzonti, amplificato il tuo io.
E, di conseguenza, sei riuscito nel vincere la battaglia fra te e quella inutile cosina che chiamano coscienza.

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