Capitolo 6

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«Quindi, perché mai una donna come te gira in compagnia di una testa di cazzo come Tony?». Ray le fissò la scollatura pronunciata con sguardo lascivo, accennando un sorriso che faceva intendere quanto poco fosse interessato alla risposta, rispetto alla domanda appena posta.

«E che tipo di donna sarei?» Chiese Eva, ricambiando l'occhiata di Ray con un'altra altrettanto lussuriosa. Il sorriso dell'uomo si fece più ampio.

«Una donna di classe, elegante, raffinata».

«E una donna del genere non andrebbe bene per lui?» Continuò ad indagare la donna, girando con movenze sensuali l'ombrellino verde mela dentro al cocktail, offerto proprio da Ray poc'anzi. Sollevò il piccolo oggetto in cartapesta e ne leccò lentamente la base, senza mai staccare gli occhi dall'uomo. A stento trattenne un sorriso quando lo vide deglutire a vuoto.

«A Tony basta che respirino, lui non bada di certo a simili dettagli. Una bellezza come te, con uno come lui, sarebbe come mescolare un ottimo Gin con una pessima annata di olive.»

Eva abbassò gli occhi sul drink, accarezzando la superficie liscia del vetro con le lunghe dita affusolate. Quando parlò, lo fece senza guardare negli occhi il suo interlocutore, ma con un sorriso enigmatico ad incurvarle appena le labbra.

«Un'oliva, mh? Antony mi ha sempre dato l'idea di qualcosa di più... complesso» Cominciò la donna portandosi il bicchiere alle labbra: «Come un buon whisky invecchiato, ad esempio. Difficile percepirne l'aroma senza esserne un esperto...».

Bevve un lungo sorso prima di continuare il discorso, passando il pollice sul bordo a cancellare le tracce di rossetto.

«È questo che è successo? Antony è finito nelle grinfie di una donna che l'ha reso una comune oliva

Ray, abbassando lo sguardo, raddrizzò la schiena e si allontanò di poco dal bancone in legno di noce laccato e lucido. Da quell'angolazione poteva vedere il cerchio lasciato dalla condensa del bicchiere.

«Lui non ne parla spesso e, se lo fa, è perché ha bevuto troppo... cosa che succede davvero di rado, considerando come è morto suo padre».

«Mio padre è morto con un coltello piantato nella schiena. La bottiglia era solo una decorazione». La voce di Antony sovrastò le loro, persino la musica proveniente dal jukeboxe. Nel silenzio dei presenti, si sedette sgraziatamente su uno degli sgabelli accanto ad Eva, senza degnarla di uno sguardo. Sembrava stesse ancora soffrendo per la spalla o, forse, per l'orgoglio maschile ferito. «Ti sei messa a frequentare questa feccia, adesso?» Le chiese ancora, indicando con una semplice occhiataccia l'uomo dall'altra parte del bancone.

Eva accavallò le gambe, facendo sfoggio dei collant neri che le avvolgevano sinuosamente le gambe dalla pelle di alabastro. Non sembrava particolarmente sorpresa dall'arrivo del mafioso, sembrava anzi che sperasse di vederlo lì. Il sorriso falso che ne aveva ornato le labbra fino a pochi attimi prima si era ora fatto più sincero, più divertito.

Di tutt'altro avviso era invece Ray, il cui volto sbarbato si era subito raggelato nel vedere il suo vecchio amico. Con un piccolo colpo di tosse si dileguò, facendo finta di risistemare le bottiglie verdi e trasparenti esposte sullo scaffale alle sue spalle. Solo l'arrivo tempestivo di due clienti riuscì a salvarlo dal finire a terra a causa di un pugno di Antony.

«Dato che non vuoi parlare con me, Demone, ho pensato che un tuo vecchio amico potesse tenermi compagnia meglio di come fai tu» Gli disse Eva, arricciandosi la punta di una ciocca di capelli neri come la notte.

Sul volto di Antony comparve un'espressione irritata e, al contempo, rassegnata all'idea di dover avere a che fare con quella donna. Era stata lei a venirlo a cercare proprio lì, non c'erano altre spiegazioni. Il fato poteva prendersela tranquillamente nel culo, per quanto lo riguardava.

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