𝚗𝚘𝚝𝚑𝚒𝚗𝚐 𝚋𝚞𝚝 𝚟𝚞𝚕𝚝𝚞𝚛𝚎𝚜

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- Kuroo, devo andare. Ne riparliamo meglio domani. -

La mia schiena sbatte contro il materasso morbido sul quale mi sono lasciato cadere, i gomiti che mi tengono su quanto basta per vedere Kō chiudere la telefonata bruscamente, lanciare il telefono sulla poltrona al suo fianco ed alzarsi di scatto.

I suoi passi fanno scricchiolare appena il parquet di ciliegio mentre si dirige verso la stanza.

Si infila dentro la porta aperta e si avvicina al letto, in piedi, torreggiando sul mio corpicino steso.

Con una mano afferra il lato di una mia gamba e stringe appena la pelle lattiginosa fra le dita.

- Cos'era quello, gufetto? - chiede, riferendosi al mio rudimentale spogliarello di qualche secondo fa e osservando ognuna delle parti di me come non ne avesse mai abbastanza.

Osservo le iridi che si posano sul mio tatuaggio e lo squadrano soddisfatto.

- Volevo soltanto ricordarti che non importa chi mi metta gli occhi addosso, - distolgo lo sguardo per un attimo arrossendo - perché l'unico che può vedermi così sei tu. -

Sorride vittorioso, mentre scorre con il suo tocco fino ai miei fianchi e li stringe con fare possessivo.

- Ti piace che mi incazzi quando qualcuno prova a metterti le mani addosso? - chiede e annuisco timidamente.

- Mi piace che mi tratti come se fossi una cosa preziosa che tutti vogliono rubarti. -

Allungo un braccio verso la sua maglietta, ci chiudo il pugno dentro e lo tiro verso di me per avvicinare il suo viso al mio.

- Tu sei una cosa preziosa che tutti vogliono rubarmi, Keiji. Solo che io sono uno stronzo geloso e preferirei radere al suolo l'intera città piuttosto che dare anche solo una minima parte di te a qualcuno che non sia io. - ribatte, e il brivido sulla mia schiena torna, quando mi parla.

L'impatto fra le nostre labbra è immediato, famelico, disperato quasi. Mi lascio divorare dalla sua possessività, mi lascio marchiare. Voglio che mi tratti così.

Stringo forte le braccia attorno al suo collo mentre si abbassa su di me, i polsi che gli impediscono di schiacciarmi e i nostri corpi perfettamente a contatto l'uno con l'altro. Le mie gambe si allacciano alla sua vita e lo cingono addosso a me.

- Non sono pazzo, è semplicemente che non saprei cosa fare se tu non ci fossi, gufetto. Non posso permettermi di perdere l'unica cosa bella che mi sia capitata nella vita. - confessa poi, il tono ammorbidito e amorevole mentre si specchia nei miei occhi azzurri e sembra quasi voglia tuffarsi nel mio sguardo e non riemergerne più.

- Tu non puoi perdermi, Kō. Non importa chi provi a mettersi fra noi, io non ho nessuna intenzione di trascorrere un minuto senza di te. - rispondo, e il bacio famelico di un attimo fa diventa dolce, lieve e delicato sulle mie labbra.

Infilo una mano sotto l'orlo della maglietta e appoggio le dita sottili sulla pelle abbronzata, dura e irruvidita dai contorni frastagliati di una cicatrice che cattura metà del suo torso. La cicatrice di quando gli hanno sparato quattro volte in pieno petto e io ho rischiato di rimanere da solo. Di quando ho pianto ininterrottamente per due settimane a fianco di un letto d'ospedale prima che un Bokuto rincoglionito dai farmaci si svegliasse di colpo chiamando il mio nome. Di quando mi sono reso conto che la mia felicità, da quel momento in poi, sarebbe dipesa solo e unicamente dalla sua.

Gli sfilo via la maglietta di dosso e riprendo immediatamente a baciarlo, le mani che cercano disperatamente il suo corpo quasi ne avessero spasmodico bisogno, le gambe tanto strette attorno alla sua vita da rendergli impossibile andare da qualsiasi parte.

novocaine || bokuakaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora