𝚜𝚞𝚌𝚔𝚎𝚛 𝚙𝚞𝚗𝚌𝚑

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Far parte della Yakuza non è mai stata una cosa semplice.

Rimetto il tappo ad una penna stilografica lucida e nera e sposto gli occhiali sul ponte del naso mentre osservo, stanco, teso e sfinito la sequela infinita di nomi che decora il foglio bianco sulla scrivania.

E' stancante, doloroso e non hai mai un attimo di tregua.

La suoneria squillante dell'interfono mi distrae, catturando la mia attenzione. Allungo un braccio verso la cornetta scura, la tiro su e rimango in silenzio in attesa che il mio segretario parli. E' un ragazzino piuttosto giovane per il lavoro che fa, ma è bravo, e mi è anche discretamente simpatico.

- L'ultimo di oggi è arrivato, 'Kaashi. Dai che abbiamo quasi fatto. - mi rassicura, la voce squillante che mi fa sorridere. Non ne ho la minima voglia, ma devo, e ha ragione.

E' l'ultimo.

Poi posso tornare a casa a farmi coccolare dal mio adorabile fidanzato.

Cioè, un secondo.

Adorabile per me.

Non so quanti avrebbero il coraggio di definire un boss della Yakuza "adorabile".

Io e Bokuto Kōtarō ci siamo conosciuti una marea di tempo fa. A lui serviva qualcuno che si occupasse delle questioni burocratiche di cui era tanto stanco e io ero semplicemente il miglior addetto alle scartoffie che si fosse mai visto alla Fukurodani da almeno una cinquantina d'anni.

Io non ero nessuno all'inizio. Sono orfano dalla nascita, finire alla Fukurodani non era nemmeno stata una mia scelta. Ero solo e una famiglia della Yakuza mi aveva offerto una mansione. E io non potevo proprio permettermi di dire di no.

Passavo le giornate a mettere via fascicoli, neppure sapevo che cosa ci fosse scritto sopra, mi davano da mangiare, avevo un tetto sopra la testa e tiravo avanti decisamente meglio di quanto non avessi mai fatto nella vita.

Era stato quando si erano resi conto del mio talento organizzativo che mi avevano detto che cosa stavo maneggiando. Informazioni altamente riservate. Roba che pesa.

E quando Kōtarō, che nonostante avesse solo un anno più di me non sembrava affatto un mio coetaneo, era entrato nel mio minuscolo ufficio polveroso a cercare il talentuoso burocrate venuto dal nulla, brillava. Mi sembrava una stella. Non c'era più niente che non andasse nella mia vita. Era perfetto.

E' stato amore a prima vista. Un colpo di fulmine tanto forte da farmi persino paura.

Io non avevo alcuna idea di chi fosse, ma da quando ha messo piede nella mia vita, da quel primo, minuscolo istante, ho saputo che era mio. Che era fatto per me. Che era l'unica cosa che avessi mai voluto nella vita e, diamine se non me la sarei presa con i denti.

Kō è il boss. E' esattamente questo. Il boss di una famiglia della Yakuza.

Lo so, lo so. Sembra spaventoso e, fidatevi, lo è. Rischia di morirmi davanti agli occhi almeno due volte al mese e il suo corpo - meraviglioso, tonico corpo - è costellato di cicatrici, ma non m'interessa. Del fatto che uccida persone a sangue freddo e con quelle stesse mani circondi i miei fianchi quando mi dice che mi ama, non me ne frega nulla. Se anche fossimo sulla Luna, io lo amerei lo stesso.

Mi ha dato tutto.

Mi ha reso felice. Non me lo merito, lo so. Uccidiamo e minacciamo le persone per istituire una forma parastatale di governo, di fatto. Siamo una banda di criminali senza scrupoli. Ma io sono felice lo stesso. Quando mi specchio negli occhi dorati dell'uomo che amo, il mio cuore si riempie e trabocco di gioia.

novocaine || bokuakaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora