Piove. L'acqua ticchetta ritmicamente sul vetro che si appanna un po' per il mio respiro. D'istinto ci disegno sopra una x, è strano, da qualche tempo a questa parte faccio cose bizzarre, senza pensarci. Sono perennemente assente, la testa sempre da un'altra parte, gli occhi che esplorano un mondo lontano dal mio. Guardo fuori ancora per un po', mi annoio a morte. Apro il finestrino e infilo furtivamente la mano fuori. Sento le gocce cadere sulla pelle, bagnarla fino all'ultimo centimetro quadrato, congelarla e intorpidirla. Quando la ritiro dentro devo piegarla tre o quattro volte prima di risentire il calore della vita tornare a scorrere. Fuori fa freddo da morire, tutto è ghiacciato, quando respiro si formano nuvolette di vapore. Sembra un mondo incantato dimenticato da qualsiasi dio, condannato a un eterno oblio gelato.
Il finestrino rimane aperto e il sedile dell'autobus inizia ad inzupparsi, con il vento che scompiglia i capelli e le menti. Dovrei chiuderlo, ma qualcuno ci pensa prima di me. È una signora di mezza età, alta ma il volto è già adornato da troppe rughe. Sbatte il vetro e poi si allontana con un'espressione scocciata.
-Si stava bene - mormoro.
Intanto vedo la mia fermata avvicinarsi. 30 metri. 20. 10. 5. 0. E poi di nuovo 5. E 10. E 20.
-Ma.. Ma la mia fermata...
-È difficile che si fermi, se non prenoti.
-Ah...
Ero talmente distratta da essermi completamente dimenticata di premere il pulsante.
-Non preoccuparti, la prossima non è lontana.
Mi giro e cerco di capire da chi venga quella voce. È profonda e graffiante, e di certo non è della signora che ho visto prima. Non ci vuole molto prima che lo individui. È seduto sul sedile opposto al mio, sembra alto, e sta giocando con un accendino. Mi sembra così misterioso illuminato a tratti da quella luce fioca e tremante.
-Grazie- e improvviso un sorriso imbarazzato.
-Non dovresti prendere l'auto da sola la sera, ragazzina.
Il suo tono mi infastidisce, non sono una ragazzina.
-E tu... Tu non dovresti impicciarti di cose che non ti riguardano.
-Ahahah. -la sua risata risuona per il mezzo quasi vuoto- come sei acida, ragazzina.
-Smettila, non sono una ragazzina. - inchiodo i miei occhi scuri nei suoi e mi accorgo di quanto siano maledettamente azzurri. Anzi, sembrano quasi trasparenti, ma dietro non si vede nulla.
Abbozza una sorta di sorriso beffardo, stranamente luminoso e poi si passa la lingua sulle labbra, giocherellando con i suoi piercing. Si sarà accorto che lo sto fissando? Non riesco a staccare gli occhi da quella bocca, quello snake bite lo rende così... Così provocante. Tutta questa situazione mi sta mettendo a disagio e inzio a premere freneticamente il pulsante, veloce veloce veloce. Fermati, per Diana, fermati. Finalmente l'auto si accosta riesco a scendere, sapendo che mi sta ancora guardando, e mi giro: lo vedo contrarre la mascella e alzare una mano per salutarmi. Ma che ohhh, ma chi ti conosce, maniaco. Eppure vedo la mia mano muoversi e ricambiare, e lui mimare qualcosa con le labbra. Con quelle labbra.
D I E G O.
Diego.